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Laboratori teatrali veri e immaginari

Quando si parla di teatro, spesso si commette l’errore d’immaginarsi un palcoscenico con una rappresentazione in atto, magari un classico noioso e pesante, tanti intellettuali ben vestiti e un po’ di soggezione. Sbagliato! Il teatro è in primis un luogo fisico, un edificio destinato a vari tipi di rappresentazione scenica, sia recitata, sia musicale, è un vortice di emozioni, di storie che trascinano nel loro mondo per far vivere ciò che probabilmente non si vivrebbe mai, oltre i limiti di spazio e di tempo: la letteratura va in scena, la realtà va in scena, un sogno va in scena. Il teatro è una delle valvole di sfogo dell’espressività che, si sa, ha mille volti. In questa grande macchina dispensatrice di riflessioni vi è tutto un susseguirsi di persone, più o meno visibili: interpreti, musicisti, organizzatori, tecnici e tutti coloro che, nascosti, permettono che lo spettacolo abbia inizio: l’essenziale è invisibile agli occhi disse la Volpe al Piccolo Principe e mai ebbe più ragione.
Le pagine che seguono vogliono essere la dimostrazione che educazione al teatro non ha significato solo in relazione agli artisti, ma anche riferito agli spettatori e, ancora di più a chi non si è proprio mai avvicinato a questo mondo. Come raggiungere questo traguardo? Mediante un laboratorio teatrale. Così, mentre grandi registi e pedagoghi formano l’attore partendo dall’uomo e dalle sue sensazioni, psicologi ed educatori sottolineano l’importanza della percezione sulla base di uno spettacolo, spunto di riflessione per imparare a conoscere se stessi, per imparare ad accettare gli altri, per scoprire i propri limiti, per superarli, per capire che la diversità esiste solo nella mente di chi la pronuncia…
“Due origini dell’arte:
1. essere illuso senza danno (prestigiatori, attori, narratori, e così via; anche l’architettura, come se la pietra parlasse di colui che abita la casa o il tempio);
2. essere sopraffatti senza danno: ebbrezza, musica, lirica, e così via. Dapprima, preoccupazione, meraviglia che non succeda niente di male, che non vi sia un pericolo: in tutte e due. Così le condizioni che più di tutte sono temute ed esercitano il più grande fascino – illusione e sopraffazione – diventano desiderabili. L’arte è questo, se considerata dal lato di chi la gusta”
Mi hanno mostrato l’efficacia di queste teorie i ragazzi che ho incrociato su questo cammino dei laboratori teatrali, iniziato come tirocinio presso il Teatro Donizetti di Bergamo: gli alunni di due quarte ginnasio del Sarpi, una terza superiore e una quinta del liceo linguistico- magistrale Falcone. Con ognuna di queste classi si è tracciata una via diversa, adatta ad ogni età che, sebbene distanziate da pochi anni, rappresentano un abisso durante l’adolescenza. Non voglio anticipare i temi trattati, anche perché saranno ben visibili al lettore una volta giunto a fine lavoro, quando si troverà di fronte quel che resta dei laboratori teatrali svolti. In realtà, sebbene io abbia cercato con la massima pignoleria di riportare sulla carta lo svolgersi di un laboratorio teatrale, so che qualcosa è volato via, qualcosa che l’inchiostro non può dipingere perché lontano, nell’animo dei ragazzi con cui ho condiviso pensieri, esperienze e lacrime. Maria Grazia Panigada, responsabile del mio tirocinio e dei laboratori teatrali nelle scuole, ha reso possibile una crescita in tutti noi : io, da parte mia, mi sento più alta.
Arrivata a questo punto, spinta da una proposta, avanzata dall’Assessorato allo Spettacolo e indirizzata a me da Passanante e Panigada, ho immaginato di estendere quest’esperienza ai ragazzini più piccoli, meno incastrati in cliché e pregiudizi, sicuramente più spontanei e genuini: i bambini! Più precisamente bambini del secondo ciclo elementare e delle scuole medie inferiori. Chiaramente sarebbe impensabile far percorrere a ragazzini di quest’età tragitti d’introspezione profonda e diretta. Come dicevo prima, ogni età ha le sue caratteristiche da affinare, quindi ho pensato di organizzare un laboratorio teatrale in cui si potessero sperimentare nuove forme di comunicazione per facilitare l’espressione di sentimenti, per lasciare libera la creatività di espletarsi come meglio crede, per esercitare l’immaginazione e la fantasia, per sentirsi gruppo in vista di un obiettivo comune: divertirsi insieme. I bambini del mio laboratorio teatrale tra le nuvole sarebbero stati anche i destinatari di un libretto, che li avrebbe aiutati ad indirizzare la loro forza immaginifica, e di un sito web, che, grazie alla possibilità d’interazione, è ben più accettato dalla generazione del net.
Che il sipario si alzi.

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5 1. INTRODUZIONE Quando si parla di teatro, spesso si commette l’errore d’immaginarsi un palcoscenico con una rappresentazione in atto, magari un classico noioso e pesante, tanti intellettuali ben vestiti e un po’ di soggezione. Sbagliato! Il teatro è in primis un luogo fisico, un edificio destinato a vari tipi di rappresentazione scenica, sia recitata, sia musicale, è un vortice di emozioni, di storie che trascinano nel loro mondo per far vivere ciò che probabilmente non si vivrebbe mai, oltre i limiti di spazio e di tempo: la letteratura va in scena, la realtà va in scena, un sogno va in scena. Il teatro è una delle valvole di sfogo dell’espressività che, si sa, ha mille volti. In questa grande macchina dispensatrice di riflessioni vi è tutto un susseguirsi di persone, più o meno visibili: interpreti, musicisti, organizzatori, tecnici e tutti coloro che, nascosti, permettono che lo spettacolo abbia inizio: l’essenziale è invisibile agli occhi disse la Volpe al Piccolo Principe e mai ebbe più ragione. Le pagine che seguono vogliono essere la dimostrazione che educazione al teatro non ha significato solo in relazione agli artisti, ma anche riferito agli spettatori e, ancora di più a chi non si è proprio mai avvicinato a questo mondo. Come raggiungere questo traguardo? Mediante un laboratorio teatrale. Così, mentre grandi registi e pedagoghi formano l’attore partendo dall’uomo e dalle sue sensazioni, psicologi ed educatori sottolineano l’importanza della percezione sulla base di uno spettacolo, spunto di riflessione per imparare a conoscere se stessi, per imparare ad accettare gli altri, per scoprire i propri limiti, per superarli, per capire che la diversità esiste solo nella mente di chi la pronuncia… “Due origini dell’arte: 1. essere illuso senza danno (prestigiatori, attori, narratori, e così via; anche l’architettura, come se la pietra parlasse di colui che abita la casa o il tempio); 2. essere sopraffatti senza danno: ebbrezza, musica, lirica, e così via. Dapprima, preoccupazione, meraviglia che non succeda niente di male, che non vi sia un pericolo: in tutte e due. Così le condizioni che più di tutte sono temute ed esercitano il più grande fascino – illusione e sopraffazione – diventano desiderabili. L’arte è questo, se considerata dal lato di chi la gusta” 1 1 Nietzsche, Opere [1881], V, III, 11/79, Adelphi, Milano, pag. 306

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Informazioni tesi

  Autore: Marianna Peluso
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2003-04
  Università: Università degli Studi di Bergamo
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Annamaria Testaverde
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 73

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