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Le fusioni transfrontaliere di società di capitali nel diritto dell'Unione e delle Comunità europee

Le fusioni tra operatori economici stabiliti in Stati membri differenti hanno conosciuto in questi ultimi anni un incremento particolarmente significativo, frutto della continua opera di omogeneizzazione del mercato interno.
Un’opera, invero, da sempre strenuamente perseguita dalle Istituzioni comunitarie, ma caratterizzata da una sensibile accelerazione soprattutto in seguito all’adozione del preciso piano programmatico del Consiglio europeo di Lisbona del 2000.
Come si avrà modo di vedere in seguito, le fusioni transfrontaliere fra entità industriali e finanziarie hanno assunto un ruolo determinante proprio nel processo di espansione e di consolidamento del mercato europeo dei capitali, con risvolti positivi sia per l’economia dell’Unione nel suo complesso, sia per i singoli cittadini.
Attraverso questo tipo di operazioni straordinarie, infatti, non soltanto si è consentito agli imprenditori nazionali di travalicare i propri confini alla ricerca di solide alleanze allargando, in questo modo, i propri orizzonti commerciali, ma una crescente dinamicità dei mercati di stampo liberista e la possibilità per le imprese di poter competere su tutto il territorio comunitario hanno consentito di compiere un passo ulteriore verso un regime di concorrenza potenzialmente perfetta.
Si può quindi notare come, nel lungo periodo, a poter beneficiare di siffatta situazione non saranno soltanto i grandi gruppi industriali, ma anche, e soprattutto, i consumatori.
La nascita e lo sviluppo delle fusioni transfrontaliere in Europa seguono un percorso storico e normativo che si snoda attraverso le molteplici pieghe assunte nel corso degli anni sia dal diritto e dalla giurisprudenza comunitari, sia dai diritti interni dei Paesi membri.
Infatti, come è noto, i primi sono riusciti a condizionare anche l’operato dei legislatori nazionali, dal momento che, secondo la costante giurisprudenza delle Corte di Giustizia, l’ordinamento giuridico comunitario ed i singoli ordinamenti nazionali devono essere visti come due entità sì distinte, ma intrinsecamente collegate.
L’analisi del fenomeno che qui ci si propone di svolgere, senza la pretesa di essere esaustivi, dovrà quindi necessariamente prendere le mosse dall’esame dei principi fondamentali contenuti nei Trattati istitutivi della Comunità e dell’Unione europea.
In particolare, si avrà modo di analizzare approfonditamente quanto previsto dal Titolo III del Trattato CE, rispettivamente agli articoli 43 e 49 che consacrano il diritto di stabilimento ed il diritto alla libera prestazione di servizi quali libertà portanti del diritto europeo nella sua interezza.
Tale valutazione si renderà oltremodo necessaria dal momento che gran parte degli interventi normativi attuati nei decenni successivi dal legislatore comunitario hanno affondato le proprie radici proprio nei summenzionati principi.
Si avrà modo di vedere, ad esempio, come quelli che vengono considerati i passi evolutivi centrali del diritto societario europeo, vale a dire le quindici direttive emanate fra il 1968 ed il 2006, trovino la propria giustificazione proprio nell’art. 44.2 lett. g) del Tr. CE.
Questo, infatti, inerisce direttamente al diritto di stabilimento, conferendo al Consiglio il potere di emanare direttive, di concerto con le altre Istituzioni, in modo da poterlo realizzare a tutti gli effetti, tutelando tanto gli interessi delle imprese, quanto quelle dei soci e dei terzi.
Si analizzeranno, quindi, le suddette direttive nei loro contenuti essenziali, avendo cura di prestare particolare attenzione tanto a quelle specificamente concepite per proteggere tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti nella vita dell’impresa, quanto quelle emanate per incidere sulle fusioni nel loro aspetto strettamente pratico.
Sul primo versante risalteranno, ad esempio, le prime due direttive, la n°68/151/CEE e la n°78/855/CEE, alle quali in seguito si è aggiunta la n°89/666/CEE , l’undicesima in materia societaria.
Unico comune denominatore dei presenti interventi normativi è stato quello di individuare obblighi comuni minimi per la costituzione di società di capitali in Europa, concentrandosi, in particolare, sulle garanzie che ciascun ordinamento avrebbe dovuto predisporre a tutela degli interessi dei soci e dei terzi, ad esempio attraverso ampli obblighi pubblicitari sia per gli atti sociali, sia per la creazione di eventuali succursali in un determinato Stato membro da parte di imprese soggette al diritto di uno Stato membro diverso.
Per quanto, invece, concerne i risvolti squisitamente pratici delle fusioni societarie, hanno assunto particolare rilevanza due direttive: la n°78/855/CEE e, soprattutto, la n°2005/56/CE.

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INTRODUZIONE Le fusioni tra operatori economici stabiliti in Stati membri differenti hanno conosciuto in questi ultimi anni un incremento particolarmente significativo, frutto della continua opera di omogeneizzazione del mercato interno. Un’opera, invero, da sempre strenuamente perseguita dalle Istituzioni comunitarie, ma caratterizzata da una sensibile accelerazione soprattutto in seguito all’adozione del preciso piano programmatico del Consiglio europeo di Lisbona del 2000. Come si avrà modo di vedere in seguito, le fusioni transfrontaliere fra entità industriali e finanziarie hanno assunto un ruolo determinante proprio nel processo di espansione e di consolidamento del mercato europeo dei capitali, con risvolti positivi sia per l’economia dell’Unione nel suo complesso, sia per i singoli cittadini. Attraverso questo tipo di operazioni straordinarie, infatti, non soltanto si è consentito agli imprenditori nazionali di travalicare i propri confini alla ricerca di solide alleanze allargando, in questo modo, i propri orizzonti commerciali, ma una crescente dinamicità dei mercati di stampo liberista e la possibilità per le imprese di poter competere su tutto il territorio comunitario hanno consentito di compiere un passo ulteriore verso un regime di concorrenza potenzialmente perfetta. Si può quindi notare come, nel lungo periodo, a poter beneficiare di siffatta situazione non saranno soltanto i grandi gruppi industriali, ma anche, e soprattutto, i consumatori. La nascita e lo sviluppo delle fusioni transfrontaliere in Europa seguono un percorso storico e normativo che si snoda attraverso le molteplici pieghe assunte nel corso degli anni sia dal diritto e dalla giurisprudenza comunitari, sia dai diritti interni dei Paesi membri. Infatti, come è noto, i primi sono riusciti a condizionare anche l’operato dei legislatori nazionali, dal momento che, secondo la costante giurisprudenza delle Corte di Giustizia, l’ordinamento giuridico comunitario ed i singoli ordinamenti nazionali devono essere visti come due entità sì distinte, ma intrinsecamente collegate. L’analisi del fenomeno che qui ci si propone di svolgere, senza la pretesa di essere esaustivi, dovrà quindi necessariamente prendere le mosse dall’esame dei principi fondamentali contenuti nei Trattati istitutivi della Comunità e dell’Unione europea. In particolare, si avrà modo di analizzare approfonditamente quanto previsto dal Titolo III del Trattato CE, rispettivamente agli articoli 43 e 49 che consacrano il diritto di I

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Informazioni tesi

  Autore: Filippo Maria Riva
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Prof. Bruno Nascimbene
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 207

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Parole chiave

2004/25/ce
2005/56/ce
centros
daily mail
direttiva borkestein
diritto alla libera prestazione di servizi
diritto di stabilimento
diritto societario comunitario
fusioni transfrontaliere
gebhard
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