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Dresda dopo il 1989

Non conoscendo molto bene la realtà dell’ex Germania dell’Est, avendo visitato solo l’Ovest del paese, e avendone una conoscenza libresca o cinematografica e sempre mitizzata, sono stato molto contento di questo lungo soggiorno, che ho deciso pur ignorando quanto stesse succedendo in quella città.
Una città che, dopo un bombardamento devastante paragonabile per vittime a Nagasaki e di cui il mondo tuttora sa ancora poco, rinata, ricostruita a singhiozzo in piena guerra fredda, chiusa dietro un muro, sta ora vivendo una nuova vita.
Questo ha fatto sì che in breve tempo entrassi in contatto con un mondo affascinante, a tratti difficile ma sempre stimolante.
Ricordo, per esempio, il giorno in cui sono arrivato e, sotto un cielo grigio d’altri tempi, sono rimasto colpito dall’imponenza dell’architettura forgiata nel marmo sassone, che con il suo tipico colore scuro caratterizza gran parte del paesaggio, rendendolo severo e imponente. Anche la lingua ha avuto un suo peso, infatti a Dresda si parla un dialetto molto chiuso e contratto o, in alternativa, ancora il russo: così, prima di entrare nella mentalità locale, c’è voluto del tempo per capirsi. Ma quando è iniziato il mio iter tra università e uffici comunali per reperire informazioni e materiale per questo lavoro, ho trovato sempre un grande disponibilità e una voglia di raccontarsi e di aprirsi con una persona che proveniva da un mondo molto spesso idealizzato e invidiato come l’Italia.
Questo è un importante segno di cambiamento. Infatti, se prima tutto doveva filtrare attraverso mille burocrazie o semplicemente alcuni discorsi dovevano essere evitati, ora la democrazia e la liberà consentono di parlare liberamente. E la semplicità e, a volte, l’ingenuità di molte persone, mi hanno fatto capire molto su un passato che è ancora molto presente.
La città sta mutando, spazi vecchi vengono ristrutturati ed adibiti a nuovi usi. L’edificio dell’Università, per esempio, è un ex carcere della STASI, la polizia politica del regime comunista: così molti giovani si ritrovano a studiare in luoghi dove i loro parenti furono trattenuti e magari anche torturati. Da questi luoghi dove la vita si fermava ora nasce la nuova speranza per il futuro.
Il giorno prima di lasciare definitivamente Dresda ho voluto fare un giro per rivederla un’ultima volta. Era un sabato pomeriggio, in pieno clima di elezioni politiche, e Dresda era una delle ultime tappe per tutti gli schieramenti, dal palco sentivo parlare di grandi impegni e promesse per la città. Alle spalle del luogo del comizio inizia la Prager Strasse, la via principale e più importante che durante il fine settimana è impraticabile per la moltitudine di persone che la affollano. Mi sono venute alla mente diverse immagini mentre osservavo quella situazione quasi surreale. E soprattutto pensavo a che cosa non dovrebbe diventare una città. L’Est europeo è spesso “vittima”, talvolta consapevole, del passaggio all’economia di mercato, soprattutto per gli investimenti a basso costo. Praga, per esempio, è stata fortemente compromessa dalle recenti trasformazioni, ormai è un sogno diventato incubo, sia per i turisti o la gente di passaggio, ma molto di più per gli abitanti costretti ad un tenore di vita a loro estraneo.
Ed è forse questo a cui tutti aspiravano guardando al di là del Muro, pensando alla libertà?
Tutto si sta muovendo molto velocemente, molti non se ne accorgono, e tutto può succedere, ma una volta entrati nel club Europa difficilmente si può tornare indietro.
Ma questo significa anche poter ottenere dei riconoscimenti che, grazie a politiche europee e mondiali, possono diventare occasione di valorizzazione del proprio patrimonio culturale. La valle del fiume Elba di Dresda è diventata nel 2004 Patrimonio Culturale e Naturale Mondiale dell’UNESCO. Si tratta di un risultato molto importante per lo sviluppo della città, che si potrà avvalere di nuovi progetti attenti all’architettura, all’urbanistica e al paesaggio, con riguardo a ciò che è storico e prezioso e con uno sguardo verso la contemporaneità.

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INTRODUZIONE Questa tesi nasce dalla mia esperienza durata circa un anno nella città di Dresda. Non conoscendo molto bene la realtà dell’ex Germania dell’Est, avendo visitato solo l’Ovest del paese, e avendone una conoscenza libresca o cinematografica e sempre mitizzata, sono stato molto contento di questo lungo soggiorno, che ho deciso pur ignorando quanto stesse succedendo in quella città. Una città che, dopo un bombardamento devastante paragonabile per vittime a Nagasaki e di cui il mondo tuttora sa ancora poco, rinata, ricostruita a singhiozzo in piena guerra fredda, chiusa dietro un muro, sta ora vivendo una nuova vita. Questo ha fatto sì che in breve tempo entrassi in contatto con un mondo affascinante, a tratti difficile ma sempre stimolante. Ricordo, per esempio, il giorno in cui sono arrivato e, sotto un cielo grigio d’altri tempi, sono rimasto colpito dall’imponenza dell’architettura forgiata nel marmo sassone, che con il suo tipico colore scuro caratterizza gran parte del paesaggio, rendendolo severo e imponente. Anche la lingua ha avuto un suo peso, infatti a Dresda si parla un dialetto molto chiuso e contratto o, in alternativa, ancora il russo: così, prima di entrare nella mentalità locale, c’è voluto del tempo per capirsi. Ma quando è iniziato il mio iter tra università e uffici comunali per reperire informazioni e materiale per questo lavoro, ho trovato sempre un grande disponibilità e una voglia di raccontarsi e di aprirsi con una persona che proveniva da un mondo molto spesso idealizzato e invidiato come l’Italia. Questo è un importante segno di cambiamento. Infatti, se prima tutto doveva filtrare attraverso mille burocrazie o semplicemente alcuni discorsi dovevano essere evitati, ora la democrazia e la liberà consentono di parlare liberamente. E la semplicità e, a volte, l’ingenuità di molte persone, mi hanno fatto capire molto su un passato che è ancora molto presente. La città sta mutando, spazi vecchi vengono ristrutturati ed adibiti a nuovi usi. L’edificio dell’Università, per esempio, è un ex carcere della STASI, la polizia politica del regime comunista: così molti giovani si ritrovano a studiare in luoghi

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Informazioni tesi

  Autore: Daniele Codarin
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Udine
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Socio antropologico geografico
  Relatore: Alma Bianchetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 105

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