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Teofilo Folengo e il ''Baldus''

L’arte come imitazione della natura o come parodia ?
Secondo la retorica bizantina imitazione è soltanto un eufemismo e sono parodia dell’inafferrabile natura anche i poemi epici e le tragedie della Grecia classica.
I poemi cavallereschi da Ariosto a Tasso a loro volta sono parodia dei poemi epici, ma ancora capaci di mettere sulla strada delle avventure “cavalleresche”; e, finalmente, parodia della parodia sono i poemi burleschi: Pulci, Tassoni e, caso estremo, il Baldus di Teofilo Folengo.
Caso estremo in quanto la parodia si raddoppia coinvolgendo la lingua, un impasto abnorme di latino e dialetto padano, una mistura derivata direttamente dal latino maccheronico inventato alla fine del Quattrocento dai giovani goliardi dell’antica Università di Padova per la redazione dei “papiri” e dei “codicilli” assegnati alle “matricole” dagli studenti anziani all’inizio di ogni nuovo anno accademico.
Folengo aveva frequentato l’Università di Padova e proprio lì aveva preso un primo contatto con il latino maccheronico della goliardia.
Il poema eroicomico Baldus di Merlin Cocai (con questo nome firmò la sua opera Folengo), apparso nei primi decenni del Cinquecento, è un vero e proprio capolavoro della letteratura mondiale, amato soprattutto dai letterati francesi che gli hanno riconosciuto il sigillo di opera anticipatrice di Francois Rabelais ; il poema nobilita il latino maccheronico dei goliardi, impegnandolo in un testo picaresco sulle mille avventure di un allegro lestofante, capace di ogni spavalderia ma di animo nobile e generoso, nato da Baldovina figlia del re di Francia e da Guidone lontano discendente di Rinaldo.
Il racconto favolistico e comico delle gesta del brigante Baldo e dei suoi compari, attraverso vicende eroiche e meschine e violenti combattimenti, restituiscono una visione pesante della società, del potere, della religione del tempo: per questo Folengo venne espulso dall’ordine benedettino per poi esservi riammesso solo pochi anni prima di morire e dopo un atto di ravvedimento.
Già la prima figura di Baldo, così come compare nel poema, lo fa idoneo a tutte le imprese più spericolate: “due spalle belle larghe, il petto rilevato e possente, ma ai fianchi così sottile che una breve cintura lo cinghia. Tutto nervi nelle gambe, corto di piede, asciutto di stinche, diritto come un fuso quando cammina e di passo lieve…”.

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1 Introduzione L’arte come imitazione della natura o come parodia? Secondo la retorica bizantina imitazione è soltanto un eufemismo e sono parodia dell’inafferrabile natura anche i poemi epici e le tragedie della Grecia classica. I poemi cavallereschi da Ariosto a Tasso a loro volta sono parodia dei poemi epici, ma ancora capaci di mettere sulla strada delle avventure “cavalleresche”; e, finalmente, parodia della parodia sono i poemi burleschi: Pulci, Tassoni e, caso estremo, il Baldus di Teofilo Folengo. Caso estremo in quanto la parodia si raddoppia coinvolgendo la lingua, un impasto abnorme di latino e dialetto padano, una mistura derivata direttamente dal latino maccheronico inventato alla fine del Quattrocento dai giovani goliardi dell’antica Università di Padova per la redazione dei “papiri” e dei “codicilli” assegnati alle “matricole” dagli studenti anziani all’inizio di ogni nuovo anno accademico. Folengo aveva frequentato l’Università di Padova e proprio lì aveva preso un primo contatto con il latino maccheronico della goliardia. Il poema eroicomico Baldus di Merlin Cocai (con questo nome firmò la sua opera Folengo), apparso nei primi decenni del Cinquecento, è un vero e proprio capolavoro della letteratura mondiale, amato soprattutto dai letterati francesi che gli

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Informazioni tesi

  Autore: Ilenia Apollonio
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filologia moderna
  Relatore: Marco De Marinis
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 230

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