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Etnografia del corteggiamento

In questa relazione, come dal titolo, si parlerà di corteggiamento.
Si cercherà di parlarne in modo diverso da come potrebbe farlo un autore televisivo attento alle mode del momento o un\una giornalista che scriva per riviste pseudo-maschiliste o pseudo-femministe atte al puro intrattenimento.
Si tratta qui di una cosa presa sul serio, e il primo vero difficile lavoro è stato riuscire ad “estrarre” il vero oggetto di studio dalla patina di “frivolezza” in cui il senso comune l’ha sempre tenuto rinchiuso.
Va detto, ai margini di questo discorso, che questa stessa frivolezza, cui si è accennato, sarebbe già di per sé un interessante oggetto di studio.
Per definizione il corteggiamento è uno schema di comportamento attraverso il quale una persona cerca di entrare nelle grazie di un’altra.
Ciò che desta il nostro interesse è il corteggiamento in quanto “pratica sociale”, ovvero, come complesso di atteggiamenti e gesti eseguiti da un attore sociale, come strategia più o meno premeditata, per conquistare l’attenzione di un’altra persona al fine di accoppiarsi con essa.
Compito dell’antropologo che si interessi a questo argomento, sarebbe, in altre parole, provare a cogliere le caratteristiche della “sovrastruttura culturale” che “permea” un bisogno che è del tutto biologico e naturale: vale a dire l’accoppiamento, azione indispensabile per promuovere la riproduzione della specie.
E’ una pratica sociale perchè la si “apprende” attraverso la socializzazione (come modello di comportamento da seguire-interpretare) e la si “attua” all’interno di un contesto sociale.
Ciò lascia presupporre che, se da un lato esso può considerarsi “universale”, nel senso che fa parte della “modalità dell’accoppiarsi” di molte e forse di tutte le civiltà, dall’altro è ipotizzabile che ogni cultura lo abbia declinato a proprio modo, per cui ci possono essere differenti tipi di corteggiamento a seconda del contesto culturale in cui esso viene praticato.
Quindi la funzione di un luogo rispetto al corteggiamento potrà essere propria, impropria, manifesta, latente o anche istituzionale come è ad esempio il caso di alcuni particolari bar.
Da pochi anni, infatti, sono stati aperti alcuni bar in cui l’ingresso è permesso solo ai single “… Uomini e donne sono in egual numero e ognuno riceve un cartello con una sigla.
Le donne sono sedute e a turno gli uomini si spostano da un tavolo all’altro […] al termine del colloquio ognuno scrive su un formulario qualche annotazione e impressione. Nel frattempo gli uomini cambiano di posto e tutto ricomincia da capo con un nuovo partner.”
Non bisogna poi trascurare l’importanza che hanno assunto, da questo punto di vista, i “luoghi virtuali”: internet, chat, siti di incontri etc.. ai quali andrebbero dedicate le stesse considerazione fatte per i “luoghi reali” sottolineandone le analogie e differenze.
Intendo indagare questa pratica che chiamiamo corteggiamento facendo uso del metodo di riflessione antropologica, che tende ad interpretare in maniera relativista il modo di “pensare” il mondo e di “stare” nel mondo da parte degli esseri umani.
La prima questione su cui bisogna riflettere che è anche, in un certo senso, il tronco da cui si dirameranno altre considerazioni, è il carattere “dossico” che assume il corteggiamento, per dirla alla Bourdieu.
Cioè, è una pratica (come mangiare, bere, o passeggiare) inserita in quello che il senso comune considera l’ordine naturale delle cose e, perciò stesso, immutabile e pertanto scarsamente adatto a costituire oggetto di riflessione.
Al contrario, il nostro intento è quello di dimostrare che il corteggiamento, in quanto pratica, non solo è mutabile a seconda dei contesti culturali in cui è presente, ma, anche all’interno di una stessa società, il suo carattere e le sue specificità è possibile che si modifichino in relazione a variabili indipendenti come il tempo storico o la classe sociale.
Per avvalorare queste convinzione mi sono servito del pensiero di alcuni autori che, purtroppo, solo marginalmente si sono interessati di tale argomento ma che, assemblate le loro argomentazioni, mi hanno dato l’opportunità di ipotizzare, non senza riserve, che, almeno all’interno del percorso storico rintracciabile in alcune società, il corteggiamento può essere considerato come il risultato di un processo di civilizzazione, o sarebbe meglio dire, di “eufemistizzazione” di un comportamento che ha avuto il suo “archetipo” nel ratto della sposa.
All’interno di questa prospettiva, il nocciolo della questione sembra essere situato principalmente nel cambiamento, durante il corso della storia, delle relazioni di genere e delle differenze sessuate con tutte le conseguenze socio-psico-economiche che ciò ha comportato.

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2 Introduzione In questa relazione, come dal titolo, si parlerà di corteggiamento. Si cercherà di parlarne in modo diverso da come potrebbe farlo un autore televisivo attento alle mode del momento o un\una giornalista che scriva per riviste pseudo-maschiliste o pseudo- femministe atte al puro intrattenimento. Si tratta qui di una cosa presa sul serio, e il primo vero difficile lavoro è stato riuscire ad “estrarre” il vero oggetto di studio dalla patina di “frivolezza” in cui il senso comune l’ha sempre tenuto rinchiuso. Va detto, ai margini di questo discorso, che questa stessa frivolezza, cui si è accennato, sarebbe già di per sé un interessante oggetto di studio. Per definizione il corteggiamento è uno schema di comportamento attraverso il quale una persona cerca di entrare nelle grazie di un’altra. Ciò che desta il nostro interesse è il corteggiamento in quanto “pratica sociale”, ovvero, come complesso di atteggiamenti e gesti eseguiti da un attore sociale, come strategia più o meno premeditata, per conquistare l’attenzione di un’altra persona al fine di accoppiarsi con essa.

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Informazioni tesi

  Autore: Alfonso Fontana
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Etnografia
  Relatore: Amalia Signorelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 100

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