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La mano d'opera femminile nell'agricoltura d'esportazione: Cile, 1992-2002

il modello esportatore dell’economia cilena in generale e dell’agricoltura in particolare, prese il via seguendo il paradigma dei “vantaggi comparati”, secondo il quale l’agricoltura si presenta come redditizia, grazie al clima mediterraneo della zona centrale del Cile, approfittando della stagione climatica contraria rispetto all’emisfero settentrionale e del fatto che la frutta costituisce una parte importante della dieta alimentare dei Paesi del nord. L’espansione del lavoro salariato femminile è dovuta alla domanda di mano d’opera generata dall’insieme delle attività richieste dal processo agroindustriale. Le donne, infatti, partecipano alle attività della catena agroindustriale in determinate zone del Paese, dove sono
situate la maggior parte delle coltivazioni e delle fabbriche di imballaggio, i cosiddetti packing.

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6 1. INTRODUZIONE L’interesse per le lavoratrici stagionali dell’agricoltura d’esportazione, è nato mentre frequentavo una Summer School sulle “Economie latinoamericane” presso la sede della Cepal/Eclac (Commissione Economica per l’America Latina) a Santiago del Cile, durante l’estate del 2006. Il fatto che più mi colpì fu scoprire che esiste una forte percentuale di lavoratrici che vivono nelle zone periferiche delle città e che sono impiegate stagionalmente nell’agricoltura cilena. In seguito alla dura recessione del 1982, il governo cileno si vide obbligato ad “aggiustare” la propria politica economica, riducendo le importazioni e promuovendo le esportazioni.1 Cosicché, lo stesso governo decise di adottare una strategia di diversificazione delle esportazioni per contrastare l’instabilità del prezzo del rame, la principale materia prima esportata. Da questo momento in avanti, le esportazioni di frutta fresca cilena crebbero in modo vertiginoso, passando da una quantità di 30 milioni di dollari statunitensi nel 1974 a una pari a 1.900 milioni di dollari nel 2003.2 Il modello di produzione basato sulle esportazioni ed il fenomeno della globalizzazione nel quale entrò a far parte l’economia cilena, dette il via all’incorporazione di massa delle donne nel mercato del lavoro della frutta e degli ortaggi.3 Tale processo avvenne in parallelo all’espansione della superficie coltivata e all’aumento dell’infrastruttura agroindustriale, soprattutto nel territorio compreso tra la IV e la VII Regione.4 Secondo Ximena Valdes,5 il modello esportatore dell’economia cilena in generale e dell’agricoltura in particolare, prese il via seguendo il paradigma dei “vantaggi comparati”, secondo il quale l’agricoltura si presenta come redditizia, grazie al clima mediterraneo della zona centrale del Cile, approfittando della stagione climatica contraria rispetto all’emisfero settentrionale e del fatto che la frutta costituisce una parte importante della dieta alimentare dei Paesi del nord. L’espansione del lavoro salariato femminile è dovuta alla domanda di mano d’opera generata dall’insieme delle attività richieste dal processo agroindustriale. Le donne, infatti, partecipano alle attività della catena agroindustriale in determinate zone del Paese, dove sono situate la maggior parte delle coltivazioni e delle fabbriche di imballaggio, i cosiddetti packing.6 Le coltivazioni di frutta ed ortaggi occupano il territorio della zona centrale mediterranea, compreso tra le latitudini corrispondenti alla città di Copiapó nel nord e di Curicó nel sud. (Figura 1) 1 Ffrench-Davis, Ricardo (2002) 2 PROCHILE (2003) 3 Yáñez, Sonia e Todaro, Rosalba (1997) 4 Gomez, Sergio e Echenique L, Jorge (1998) 5 Valdes, Ximena (1992) 6 Valdes, Ximena (1988)

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Informazioni tesi

  Autore: Eleonora Pedrotti
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze per la cooperazione allo sviluppo
  Relatore: Eugenia Scarzanella
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 91

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Parole chiave

agricoltura d'esportazione
cile
discriminazione di genere
mano d'opera

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