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Come ''costruire'' una realtà inventata: psicoterapia e cinema a confronto

“Penso che ogni immagine cominci ad esistere solo quando qualcuno la sta guardando”. Basterebbero queste parole di Wenders per esemplificare con una evidenza dirompente il legame tra cinema e psicologia. L’immagine filmica lavora sull’apparenza, sulla cosiddetta impressione-illusione di realtà, sulla visione di qualcosa che non è il mondo, ma sembra il mondo. É un’apparenza di mondo che si rivela piuttosto come mondo dell’apparenza, o copia (differente) del mondo dell’apparenza. La forte somiglianza con il mondo esterno, che poi si rivela un’illusione, l’apparenza di vero, che si rivela non vero, sono la struttura stessa del cinema e… non solo. La psicoterapia strategica è di stampo pragmatico: un problema si può definire solo grazie alla sua soluzione, se ha funzionato. A differenza delle tradizionali teorie psicologiche e psichiatriche, un terapeuta strategico non utilizza nessuna teoria sulla “natura umana” o “patologia” psichica. In quest’ottica ci si interessa piuttosto della “funzionalità” o “disfunzionalità” del comportamento delle persone e del loro modo di rapportarsi con la propria realtà. Dare etichette non solo è inutile, ma può essere fortemente controproducente. Il rischio è quello di costruire una patologia, laddove non esiste, qualora il terapeuta o lo stesso paziente, in una sorta di profezia che si autoavvera, finisca col renderla reale. Purtroppo raramente una persona che soffre e chiede aiuto all’ “esperto” ha la forza mentale di non credere all’etichetta e pochi sono quelli che ironicamente pensano: “il pazzo sarà lui!”. L’aspetto paradossale consiste nel fatto che il paziente in questione, una volta stigmatizzato, farà di tutto per rendere vera la profezia! Di tanti “meccanismi” della mente che ho avuto la possibilità di studiare (in teoria) ed osservare (nella pratica) nel corso dei quattro anni di specializzazione presso il C.T.S., di tanti fenomeni psicologici, oggetto delle analisi e delle ricerche dei più insigni studiosi, di tanti comportamenti più o meno “devianti” da un’ipotetica “normalità”, quello che ha suscitato in me maggiore interesse è proprio la “profezia che si autoavvera” ed il potere della logica (detta della “credenza”) che ne è alla base. Perché? Faccio un esempio, ma non del mondo “reale”. Essendo un’appassionata di cinema, mi viene in mente l’indimenticabile protagonista del film Matrix: è davvero l’Eletto o in qualche modo lo diventa perché si convince di esserlo? Sarebbe stato destinato comunque a diventare il Prescelto perché così “Qualcuno” o “Qualcosa” ha deciso per lui o è lui che decide di diventare Colui che salverà il mondo? Domande, queste, riconducibili ad un unico, profondo, se vogliamo “arcaico”, quesito: quanto le nostre “credenze” condizionano la nostra vita? A me piace rispondere: “tanto”! Credere di poter diventare qualcuno o sognare di poter fare una certa cosa, però, non significa automaticamente riuscirci. Ma scendiamo con i “piedi per terra”, che non vuole essere una rinuncia al “sognare in grande” ma un invito al “saper sognare”. “Saper sognare”… sembra quasi un ossimoro! Da che mondo è mondo il sogno è libero… almeno così sembrerebbe… eppure anche il nostro Immaginario non è così libero come amiamo credere, libero da condizionamenti mediatici, dalle aspettative di cui gli altri ci investono, dalle mode del momento, dalla brama del successo, dal desiderio di riuscire e dal timore di osare… Cosa accadrebbe se ci rendessimo conto di non essere all’altezza delle nostre (o altrui?) aspettative? Cosa accadrebbe se il sogno di tutta una vita andasse in frantumi? Cosa accadrebbe se tutto ciò in cui abbiamo sempre creduto svanisse nel nulla? L’uomo vive di credenze, che altro non sono che profonde convinzioni o speranze che tracciano le linee guida del percorso della sua vita. In fondo, in ogni credenza, l’importante è riuscire a ritrovare sempre la via sicura, quella che riporta a casa, e non rischiare, così, di cambiare direzione! Proviamo ad immaginare: cosa sarebbe accaduto a Biancaneve se, dopo un anno di matrimonio con il Principe Azzurro, si fosse accorta che il suo maritino era sì “principe”, ma davvero poco “azzurro”? E che dire della Bella Addormentata nel Bosco che ha atteso ben 16 lunghi anni l’incontro con il suo prode cavaliere? Una delusione da quest’uomo la porterebbe nella migliore delle ipotesi al suicidio! Insomma, a parte il fatto che non tutte le “addormentate” sono belle e non tutti i “principi” sono impavidi e nobili d’animo, vivere per sempre felici e contenti non è il finale impossibile di una bella favola, ma l’obiettivo concreto che ciascuno di noi (streghe e gnomi inclusi) può provare a perseguire… Come?! Come futura terapeuta strategica non chiederò ai miei pazienti di scegliere tra una pillola rossa e una blu, perché non ho nessuna Verità da offrire, ma di non dimenticare che “la verità non è ciò che scopriamo, ma ciò che creiamo” (De Saint-Exupéry).

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F. Dell’Aquila – Come “costruire” una realtà inventata: psicoterapia e cinema a confronto 1 INTRODUZIONE “Penso che ogni immagine cominci ad esistere solo quando qualcuno la sta guardando” (Wim Wenders). Basterebbero queste parole del grande regista tedesco per esemplificare con una evidenza dirompente il legame tra cinema e psicologia. L’immagine filmica lavora sull’apparenza, sulla cosiddetta impressione- illusione di realtà, sulla visione di qualcosa che non è il mondo, ma sembra il mondo. É un’apparenza di mondo che si rivela piuttosto come mondo dell’apparenza, o copia (differente) del mondo dell’apparenza. La forte somiglianza con il mondo esterno, che poi si rivela un’illusione, l’apparenza di vero, che si rivela non vero, sono la struttura stessa del cinema e… non solo. Di tanti “meccanismi” della mente che ho avuto la possibilità di studiare (in teoria) ed osservare (nella pratica) nel corso dei quattro anni di specializzazione presso il C.T.S. di Arezzo, di tanti fenomeni psicologici, oggetto delle analisi e delle ricerche dei più insigni studiosi, di tanti comportamenti più o meno “devianti” da un’ipotetica “normalità”, quello che ha suscitato in me maggiore interesse è la cosiddetta “profezia che si autoavvera” ed il potere della logica (detta della “credenza”) che ne è alla base. Perché? Faccio un esempio, ma non del mondo “reale”. Essendo un’appassionata di cinema, mi viene in mente l’indimenticabile protagonista del film Matrix: Neo è davvero l’Eletto o in qualche modo lo diventa perché si convince di esserlo? Sarebbe stato destinato comunque a diventare il Prescelto perché così “Qualcuno” o “Qualcosa” ha deciso per lui o è lui che decide di diventare Colui che salverà il mondo? Domande, queste, riconducibili ad un unico, profondo, se vogliamo “arcaico”, quesito: quanto le nostre “credenze” condizionano la nostra vita? A me piace rispondere: “tanto”! Riporto di seguito il passo relativo al primo dialogo tra Morpheus e Neo, al momento del loro primo incontro: - Morpheus: Immagino che in questo momento ti sentirai un po' come Alice che ruzzola nella tana del Bianconiglio. - Neo: L'esempio calza. - Morpheus: Lo leggo nei tuoi occhi: hai lo sguardo di un uomo che accetta quello che vede solo perché aspetta di risvegliarsi. E curiosamente non sei lontano dalla verità. Tu credi nel destino, Neo? - Neo: No. - Morpheus: Perché no? - Neo: Perché non mi piace l'idea di non poter gestire la mia vita. Credere di poter diventare qualcuno o sognare di poter fare una certa cosa, però, non significa automaticamente riuscirci: se domattina mi svegliassi credendo di essere Wonder Woman, non sarebbe “funzionale”, oltre che salutare, per me, provare a volteggiare nel cielo con quel bel costumino a stelle! Scendiamo con i “piedi per terra”, che non vuole essere una rinuncia al “sognare in grande” ma un invito al “saper sognare”. “Saper sognare”… sembra quasi un ossimoro! Da che mondo è mondo il sogno è libero… almeno così sembrerebbe… eppure anche il nostro Immaginario non è così libero come amiamo credere, libero da condizionamenti mediatici, dalle aspettative di cui gli altri ci investono, dalle mode del momento, dalla brama del successo, dal desiderio di riuscire e il timore di osare… Cosa accadrebbe se ci rendessimo conto di non essere all’altezza delle nostre (o altrui?) aspettative? Cosa accadrebbe se il sogno di tutta una vita andasse in frantumi? Cosa accadrebbe se tutto ciò in cui abbiamo sempre creduto svanisse nel nulla? L’uomo (“reale” e quello “non reale” dei film, dei fumetti e prima ancora delle favole) vive di credenze, che altro non sono che profonde convinzioni o speranze che tracciano le linee guida del percorso della sua vita, proprio come i sassolini lasciati da Pollicino. In fondo, in ogni credenza, l’importante

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Informazioni tesi

  Autore: Felicita Dell'Aquila
  Tipo: Tesi di Specializzazione/Perfezionamento
Specializzazione in Psicoterapia
Anno: 2008
Docente/Relatore: Giorgio Nardone
Istituito da: Centro di Terapia Breve Strategica
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 166

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Parole chiave

caso clinico
cinema
cinematerapia
cineterapia
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film
psicologia
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racconto
realtà inventata
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