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Il Decreto Urbani e le modifiche alla legge sul diritto d'autore

I mutamenti recentemente subiti dalla L. 633 del 1941 ad opera del “Decreto Urbani” ed ulteriormente ridimensionati dall’ultima novellazione operata dalla L. 80 del 2005 non sono altro che l’ultimo gradino (per ora) del lungo “percorso evolutivo” di questa norma, attraversato e influenzato da innumerevoli interventi predisposti a livello internazionale e comunitario, prima ancora che italiano.
Abbiamo già rilevato la problematicità intrinseca nella scelta dell’integrazione, rispetto a quella della riscrittura, di un testo datato 1941.
Un sistema assoluto ed immutabile nel tempo non esiste, sia esso culturale, politico o giuridico. Ogni sistema è figlio del suo tempo: non fa certo eccezione il diritto d’autore che noi oggi conosciamo, frutto di un’epoca e delle sue opportunità tecniche. Ed è nostra convinzione che, superate le condizioni che sono alla base di una pratica o di una forma di pensiero, la pratica ed il pensiero vadano rivisti ed aggiornati, se addirittura essi stessi non provvedano automaticamente ed inconsultamente alla propria evoluzione.
Ritengo quindi che anche il diritto d’autore necessiti di una parziale riscrittura. La nostra critica si estende, in particolare, su un doppio binario: in primo luogo sull’opportunità di rivedere la disciplina penale contenuta negli artt. 171, 171-ter e 174- ter della legge fondamentale sul diritto d’autore e, in secondo luogo, sull’inadeguatezza delle misure sanzionatorie previste specificatamente a carico del file sharing.
Relativamente al primo aspetto della critica, le norme appena citate sono a parere di chi scrive, formulate in maniera piuttosto confusa. Mi sono pertanto proposta di avanzare una mera ipotesi risolutiva di lettura dei disposti, almeno in relazione alla questione del file sharing.
Dal momento che la lett. a-bis) secondo comma dell’art.171-ter sanziona con la reclusione e la multa l’upload perpetrato a fini di lucro, la lett. a-bis) dell’art. 171, ponendosi in esplicito rapporto di residualità rispetto al precedente, potrebbe essere ricondotto alle ipotesi di upload che non siano mosse dall’intento lucrativo.
In realtà una siffatta lettura, anche se dall’apparente portata risolutiva, non sarebbe tecnicamente corretta, poiché l’art. 171 non si propone di sanzionare le condotte commesse “senza il fine lucrativo” ma, genericamente, i comportamenti abusivi posti in essere “a qualsiasi scopo”, espressione che non si vede perché non debba ricomprendere anche quello di lucro.
Tuttavia, essendo il lucro menzionato esclusivamente dall’art. 171-ter, potrebbe essere plausibile, in attesa di una riformulazione dell’art. 171, l’attribuibilità a quest’ultimo delle condotte di comunicazione a soggetti terzi di contenuti tutelati, mosse da fini diversi da quelli lucrativi.
Quanto alla fattispecie della “riproduzione on line” (altro non è, infatti, il download, come già chiarito), essa è sanzionata contemporaneamente da tre disposizioni: l’art.171, che punisce dette operazioni quando perpetrate “a qualsiasi scopo”, le lett. a) e b) del primo comma dell’art. 171-ter, che entra in gioco quando esse siano poste in essere a fini di lucro e per un uso non personale ed, in ultimo, l’art. 174-ter, che sanziona, con una multa di inferiore entità, tra l’altro, chi “duplica o riproduce opere o materiali protetti…”.
Da una sua lettura si può notare che esso si propone di sanzionare, diversamente dai precedenti articoli, condotte caratterizzate esclusivamente dalla “direzionalità privata”, ossia che non comportano necessariamente un contatto con altri soggetti: l’utilizzo, la duplicazione o riproduzione, l’acquisto e il noleggio (verosimilmente effettuati per sé stessi), con esclusione quindi, ribadisco, della messa a disposizione ad altri di propri contenuti. [...]

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1 CAPITOLO 1 - CENNI STORICI 1.1 - Cenni sull’evoluzione storica del diritto d’autore: dall’antichità alla legge 22 aprile 1941, n.633 Nell’antichità, quando il diritto esisteva solo nella sua forma più embrionale e coincideva sostanzialmente col “diritto di pochi”, quando delle grandi codificazioni non vi era nemmeno traccia (se si eccettuano i codici sumerici del 2400 a.C.), l’opera dell’ingegno, al pari di numerose altre attività umane, non godeva di tutela alcuna. I grandi poemi epici omerici, simbolo e fascino della grecità arcaica, venivano liberamente trascritti e modificati. Anzi, proprio l’oralità della trasmissione dei contenuti artistici costituisce una caratteristica peculiare di quell’epoca 1 . Nella medesima situazione versava la tradizione orale musicale, da cui ereditiamo partiture estremamente diverse rispetto alle originali, come nel caso dei madrigali anonimi del XVI secolo o delle melodie per arpa celtica. Di esse ci è dato di conoscere solo le interpretazioni ultime, settecentesche, di O’Carolan, che le ha raccolte e proposte come noi ora le conosciamo. Nel quadro normativo della romanità, poi, si rintraccia una actio iniuriarium aestimatoria, una primitiva forma di tutela del diritto dell’autore all’inedito, rientrante 1 Fausto Codino, Introduzione a Omero, Einaudi, 1990

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Informazioni tesi

  Autore: Marianna Stornarello
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Paola A. E. Frassi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 386

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