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Gli assistenti sociali a tempo determinato nei servizi pubblici: un'indagine esplorativa

Durante la formazione universitaria dell’a.s. viene ribadito più volte, tra gli altri, il principio secondo il quale una delle funzioni del servizio sociale professionale debba prevedere l’accompagnamento nel processo di promozione ed emancipazione dell’utente durante tutto l’arco di tempo in cui l’intervento viene messo in atto. Si tratta di un concetto basilare che vede l’operatore seguire l’utente in tutte le fasi della presa in carico, permettendo sia di proporre ed attuare interventi basati sulla conoscenza del soggetto, del suo background, del suo punto di vista e degli eventuali interventi precedenti ed i relativi risultati, che di poter effettuare, una volta conclusa la relazione utente-servizi, un’autovalutazione del proprio operato, in modo tale da ottimizzare le proprie competenze e maturare professionalmente. Tale continuità può essere valutata positivamente anche nel caso ci si ponga dal punto di vista della persona che si presenta al servizio con il diritto di trovare una figura professionale che lo accolga, lo ascolti attivamente, lo riconosca nella sua individualità e lo accompagni in un processo di autodeterminazione finalizzato a risolvere il suo problema. Il primo contatto con l’a.s. rappresenta comunque per l’utente un impatto con una persona estranea: la costruzione di un significativo rapporto di fiducia necessita quindi di molteplici fattori, quali un’aperta e chiara comunicazione, il costante supporto sia pratico che emotivo, l’ascolto attivo ed un atteggiamento empatico che mirino a comprendere la visione che il soggetto ha di sé e di ciò che lo circonda. La messa in atto di tali strategie presuppone la possibilità di avere un certo arco di tempo a disposizione; inoltre, risultano fondamentali la collaborazione con i colleghi e gli altri professionisti ed il lavoro di rete sul territorio per riuscire ad attuare un progetto di intervento capace di rendere massime le possibilità di riuscita. La piena efficienza del lavoro di rete richiede una conoscenza del contesto territoriale di riferimento più accurata possibile. Si ritiene che tale consapevolezza di chi e cosa possa offrire un valido appoggio ai servizi non sia totalmente data e concessa nel momento stesso in cui l’a.s. inizia a svolgere la propria professione in una determinata area territoriale, ma abbia bisogno di svilupparsi nel tempo e crescere con l’esperienza maturata in quel determinato contesto. Da questi presupposti risulta evidente l’importanza del fattore tempo per la professione: sia nel rapporto con l’utente, sia per gli aspetti pratico-operativi legati alla progettualità degli interventi. Questo elaborato nasce dall’intuizione di un generale aumento, negli ultimi anni, delle assunzioni a tempo determinato degli aa.ss., dalla quale è sorta la seguente domanda: “Il termine imposto alla durata dell’impiego può andare ad incidere sulla qualità e l’efficienza dell’intervento professionale?”. Si è ritenuto necessario mettere a fuoco la legislazione generale che regola la materia dei contratti di lavoro a tempo det. nel settore pubblico, al fine di comprendere meglio come si sia sviluppata negli anni e quali siano le norme che regolano l’utilizzo e le caratteristiche di tali tipi di contatti. Attraverso tre interviste, rivolte rispettivamente ad una dirigente dei servizi sociali, ad un’a.s. assunta a tempo det. e ad un’a.s. a tempo indet. con trascorse esperienze da precaria si è cercato di esplorare più da vicino le reali conseguenze della temporaneità dell’impiego. Ne è scaturito un quadro piuttosto complesso, che vede la figura dell’a.s. precaria incontrare svariate difficoltà soprattutto con il rapporto con l’utenza e con la conoscenza delle risorse del contesto territoriale. Dalle informazioni raccolte si intuisce chiaramente che colui il quale subisce maggiori ripercussioni è l’utente, che di fronte al cambiamento dell’a.s. si configura come un soggetto fondamentalmente passivo a cui risulterà sempre più difficile affidarsi alla competenza di un nuovo professionista. D’altra parte, viene trascurata una programmazione organizzativa del personale tale da rendere minime le conseguenze del tempo determinato sulla qualità del servizio, andando a trasformare l’a.s. a tempo det. in una sorta di “tappabuchi” spinto a prestare la propria attività lavorativa in ogni settore d’intervento/area territoriale in cui si presenti la necessità di ricoprire un posto vacante. Ovviamente tutto ciò non può che comportare danni sia per il servizio che per l’utenza in carico ad esso, per la cui risoluzione l’ente pubblico non sembra mostrare ancora un forte ed attivo interesse, forse a causa delle limitate risorse economiche e dei vincoli legislativi legati all’assunzione di personale.

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Introduzione PREMESSE ED OBIETTIVI DELLA RICERCA L’art.1 della legge n. 84/1993 (“Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale”) afferma: “L'assistente sociale opera con autonomia tecnico-professionale e di giudizio in tutte le fasi dell'intervento per la prevenzione, il sostegno e il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità in situazioni di bisogno e di disagio […]”. Questo articolo pone in evidenza, tra gli altri, il principio secondo il quale una delle funzioni del servizio sociale professionale debba prevedere l’accompagnamento nel processo di promozione ed emancipazione dell’utente durante tutto l’arco di tempo in cui l’intervento viene messo in atto. Si tratta di un principio basilare più volte ribadito durante la formazione universitaria dell’assistente sociale, che vede l’operatore seguire l’utente in tutte le fasi della presa in carico, permettendo sia di proporre ed attuare interventi basati sulla conoscenza del soggetto, del suo background, del suo punto di vista e degli eventuali interventi precedenti ed i relativi risultati, che di poter effettuare, una volta conclusa la relazione utente-servizi, un’autovalutazione del proprio operato, in modo tale da ottimizzare le proprie competenze e maturare professionalmente. Tale continuità può essere valutata positivamente anche nel caso ci si ponga dal punto di vista della persona che si presenta al servizio con il diritto di trovare una figura professionale che lo accolga, lo ascolti attivamente, lo riconosca nella sua individualità e lo accompagni in un processo di autodeterminazione finalizzato a risolvere il suo problema ed a soddisfare il suo reale bisogno, instaurando un legame di collaborazione e fiducia reciproca. Il primo contatto con l’assistente sociale rappresenta comunque per l’utente un impatto con una persona estranea: la costruzione di un significativo rapporto di fiducia necessita quindi di molteplici fattori, quali un’aperta e chiara comunicazione, il costante supporto sia pratico che emotivo, l’ascolto attivo ed un atteggiamento empatico che mirino a comprendere la visione che il soggetto ha di sé e di ciò che lo circonda. La messa in atto di tali strategie presuppone la possibilità di avere un certo arco di tempo a disposizione, che può essere più o meno lungo a seconda dei casi; inoltre, risultano fondamentali la collaborazione con i colleghi e gli altri professionisti ed il 5

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Informazioni tesi

  Autore: Daniela Gallerini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze del servizio sociale
  Relatore: Sandro Landucci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 91

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Parole chiave

aiuto alla persona
assistente sociale
assistenza sociale
indagine
interviste
legislazione lavoro
pubblica amministrazione
servizi pubblici
servizio sociale
tempo determinato

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