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La delocalizzazione e le strategie di internazionalizzazione: il caso Benetton

Nel primo capitolo il processo di internazionalizzazione sarà analizzato nelle diverse modalità in cui viene ad attuarsi e sulla base delle diverse definizioni di internazionalizzazione che sono state proposte dalla letteratura economica nel corso del tempo.
Infatti, il concetto di internazionalizzazione appare estremamente ampio è permette differenti interpretazioni; l’espansione oltre i confini nazionali si verifica, dunque, mediante differenti modalità, in funzione delle dimensioni e delle potenzialità delle imprese, nonché in relazione a diversi fattori in grado di influire sulla competitività delle imprese sui mercati internazionali, quali il mercato di appartenenza, le regolamentazioni, le normative e i servizi offerti alle aziende nei mercati in cui queste vogliono operare.
L’internazionalizzazione può essere interpretata come una fase dello sviluppo aziendale internazionale, durante il quale l’azienda s’impegna sempre di più ed è sempre più coinvolta in operazioni internazionali, mediante un prodotto specifico in un mercato prescelto; può essere vista come il processo graduale attraverso il quale un’azienda si espande trasferendo le sue capacità all’estero, procedendo inizialmente con esportazioni sporadiche, in seguito aumentando le relazioni con i partner stranieri e, infine, andando ad investire direttamente all’estero.
La delocalizzazione del made in Italy appare attualmente come una possibile modalità organizzativa per riuscire ad essere competitivi sui mercati mondiali, sebbene non vi sia una forma organizzativa ottimale che sia valida per le diverse imprese.
Storicamente, come si avrà modo di vedere nel secondo capitolo del presente lavoro, la delocalizzazione e l’internazionalizzazione, in Italia, si è sviluppata in un periodo temporale successivo rispetto agli altri paesi industrializzati; inoltre, vi sono state difficoltà in tal senso dovute alla generale ridotta dimensione delle imprese nazionali, che sono delle PMI in misura maggiore che in altri paesi, e ai settori in cui operano. In ogni caso, attualmente, sembra emerge che siamo di fronte non ad un ricorso alla delocalizzazione internazionale di tipo generico, quanto invece ad una precisa riorganizzazione del processo produttivo. A tale proposito, l’impresa decide di trasferire all’estero uno o più moduli, una o più fasi della sua attività e stabilisce anche come la lavorazione debba essere fatta.
Come caso pratico, nel terzo capitolo, si è scelta la delocalizzazione attuata da Benetton, che è venuta sempre più estendendosi a partire dall’inizio del nuovo millennio. La localizzazione produttiva e l’internazionalizzazione di Benetton sono ormai estremamente sviluppate. A tale riguardo il numero di attività mantenute nella penisola è venuto drasticamente riducendosi nel corso degli ultimo decennio; si è parimenti registrata una perdita occupazionale nel nostro paese, soprattutto nel tradizionale distretto travisano.
Benetton non si è limitato a delocalizzare i propri impianti ma ha altresì ‘costretto’ alla delocalizzazione numerosi imprenditori veneti. Questi ultimi, fornitori della Benetton ancora prima che il processo di delocalizzazione si avviasse, sono stati sollecitati dal management del Gruppo a trasferire la propria attività per poter continuare un rapporto di lavoro che altrimenti si sarebbe interrotto.
Si può dunque forse parlare, paradossalmente, di una ‘delocalizzazione dei distretti italiani’ all’estero?
Il problema appare di fondamentale importanza sotto diversi aspetti. In primo luogo, quante delle passate conoscenze e capacità del distretto di Treviso, del territorio, sono andate perse? O sono venute anch’esse trasferendosi? Sarebbe possibile, attualmente, la nascita di una realtà come quella di Benetton che, insieme ad altre cause, traeva comunque alimento anche dalle culture e conoscenze locali, dal know how del cluster e dai knowledge spillover propri del territorio?
Infine, appare innegabile, da un lato, la perdita di posti di lavoro nel Belpaese in conseguenza della delocalizzazione delle imprese. Resta da vedere, in ultimo, se questo elemento sia da considerarsi esclusivamente negativo; si potrebbe, infatti, anche pensare la delocalizzazione e l’internazionalizzazione semplicemente come le sole strategie possibili per mantenere posizioni di leadership e di vantaggio competitivo nei mercati.

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4INTRODUZIONE Nel primo capitolo il processo di internazionalizzazione sarà analizzato nelle diverse modalità in cui viene ad attuarsi e sulla base delle diverse definizioni di internazionalizzazione che sono state proposte dalla letteratura economica nel corso del tempo. Infatti, il concetto di internazionalizzazione appare estremamente ampio è permette differenti interpretazioni; l’espansione oltre i confini nazionali si verifica, dunque, mediante differenti modalità, in funzione delle dimensioni e delle potenzialità delle imprese, nonché in relazione a diversi fattori in grado di influire sulla competitività delle imprese sui mercati internazionali, quali il mercato di appartenenza, le regolamentazioni, le normative e i servizi offerti alle aziende nei mercati in cui queste vogliono operare. L’internazionalizzazione può essere interpretata come una fase dello sviluppo aziendale internazionale, durante il quale l’azienda s’impegna sempre di più ed è sempre più coinvolta in operazioni internazionali, mediante un prodotto specifico in un mercato prescelto; può essere vista come il processo graduale attraverso il quale un’azienda si espande trasferendo le sue capacità all’estero, procedendo inizialmente con esportazioni sporadiche, in seguito aumentando le relazioni con i partner stranieri e, infine, andando ad investire direttamente all’estero.

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Informazioni tesi

  Autore: Tommaso D'ippolito
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia Aziendale
  Relatore: Ernesto Chiacchierini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 150

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