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Iberismi nel dialetto siciliano

Le note vicende storiche che hanno portato Aragonesi e Castigliani a guidare politicamente, per lunghi secoli, gran parte dell’Italia hanno favorito l’ingresso nel nostro lessico di una considerevole quantità di prestiti iberici: alcuni con una permanenza effimera, altri invece in modo assai duraturo.
La Sicilia, in particolare, registra nel suo dialetto la presenza di una ricca serie di catalanismi e ispanismi, storicamente individuabili in due strati cronologicamente distinti, in quanto relativi agli anni in cui si sono succeduti i due insediamenti; ma in pratica spesso impossibili da assegnare all’una o all’altra matrice, per l’affinità genetica dei due sistemi iberici e la loro vasta comune base lessicale.
Gli Aragonesi, la cui lingua di governo non era il castigliano di Madrid, ma il catalano di Barcellona , arrivano in Sicilia per primi, dopo la breve dominazione francese degli Angiò (1266-1282), per via del matrimonio di Pietro III d’Aragona con Costanza, figlia del re Manfredi di Hohenstaufen e sua erede: l’Isola veniva così a trovarsi in stretta unione politica con la casa reale aragonese per più di due secoli (1282-1500).
Con l’insediamento degli Aragonesi in Sicilia, numerose famiglie catalane, uomini d’arte e mercanti, stabilirono la loro dimora nell’Isola. Tale migrazione durò fino ai tempi di Ferdinando il Cattolico (1468 -1516), e portò con sé una considerevole quantità di parole nuove che penetrarono in tutti gli strati linguistici, alti e bassi, della popolazione indigena.
In questo periodo penetrano nel dialetto alcuni termini catalani che rappresentano lo strato più antico degli iberismi.
Infatti l’arrivo dei castigliani è posteriore, ed è conseguenza dell’unione del reame aragonese con la corona castigliana. Così la Sicilia resta per altri lunghi secoli sotto la dominazione spagnola che l’amministra per mezzo di un viceré. A questo periodo risalgono gli ispanismi, che rappresentano i tre quinti delle parole forestiere presenti nell’attuale dialetto siciliano. Questo strato castigliano, più recente del catalano, è anche assai più duraturo.
Alberto Varvaro, l’autore contemporaneo che più di ogni altro si è occupato di queste tematiche, ritiene, a tal proposito, che per attribuire con verosimiglianza una voce siciliana di origine iberoromanza, bisogna verificarne sia l’attestazione medievale, sia la sua diffusione in Sicilia, Sardegna e Regno di Napoli: se il risultato è positivo allora siamo di fronte a un catalanismo altrimenti si deve pensare a una mutuazione dal castigliano .
Per concludere, un breve cenno sui campi semantici interessati dall'influsso iberico.
Come osserva Beccaria, dei numerosi prestiti acquisiti, molti caddero in disuso già alla fine del ’500 (cagliare ‘tacere’ < callar); altri non superarono la fine del secolo successivo (peccadiglio ‘peccattuzzo’ > peccadillo); altri ancora rimasero relegati solo ad alcuni settori linguistici, come il linguaggio della cancelleria; altri, infine, sono sopravvissuti al passare dei secoli e alla dominazione spagnola, e sono giunti fino ai giorni nostri (buscare ‘procurarsi; guadagnare’ < buscar), accudire ‘assistere, soccorrere’ < acudir), ecc.) .
Essi penetrarono negli svariati ambiti della vita, come l’abbigliamento e la moda (laniglia), la vita sociale (baciamano, complimento), o le formule di cortesia (Eccellenza, Reverenza, Magnificenza), e anche i termini d’insulto (fanfarone, vigliacco). Poi termini militari (guerriglia, casco, parata), di marina (flotta, rotta, baia, cala), unità di misura (quintale, tonnellata), termini dell’amministrazione (azienda), della vita quotidiana (accudire, buscare) .
La penetrazione dei prestiti dalla lingua spagnola nell’italiano raggiunge nel ’500 e ’600 il periodo di maggiore influsso. Le tracce di tale fenomeno sono più evidenti nell’Italia meridionale, dove il contatto con la lingua spagnola è stato più duraturo e costante. Uno dei dialetti maggiormente ricco di ispanismi è infatti il dialetto siciliano.

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1 I. Catalani e Spagnoli in Italia e in Sicilia I. 1. Cenni storici e linguistici Quando nei sec. XIII e XIV gli Aragonesi giunsero rispettivamente in Sicilia ed in Sardegna, le lingue castigliana e catalana erano quasi del tutto sconosciute nella penisola italiana. La maggior parte dei contatti tra italiani ed aragonesi, prima delle conquiste spagnole, era stata di carattere mercantile ed intrattenuti con Barcellona, fiorente porto commerciale sin dal X sec. I trattati commerciali tra Barcellona e Genova risalgono infatti gi al 1127, mentre quelli con Pisa al 1233. Nella sua fase iniziale, l occupazione aragonese delle due isole maggiori d Italia diede origine tuttavia solamente ad un influsso linguistico geograficamente limitato ai territori conquistati. Gli effetti della dominazione aragonese in Sicilia, del resto, furono evidenti non solo in ambito linguistico, ma anche nella configurazione politica che assunse l isola, in cui vennero trasferiti struttura e prassi dei parlamenti aragonesi, oltre che nelle abitudini e nei comportamenti della feudalit siciliana. Moltissime famiglie catalane abbandonarono la Spagna ed emigrarono verso l isola dove ottennero feudi e potere politico. Nel dialetto siciliano penetrarono molti vocaboli catalani1 che furono introdotti in un vasto settore della vita quotidiana e che dal XIV sec. in poi si diffusero sempre piø numerosi tra tutte le fasce della popolazione. A questo gruppo, ad esempio, appartengono sostantivi come mŁusa milza ( melsa), muccaturi fazzoletto ( mocador), ecc. Tra i verbi ricordiamo: 1 Cfr. Varvaro, pp. 86-110

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Informazioni tesi

  Autore: Mariangela Scialabba
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: comunicazione internazionale
  Relatore: Laura Regina
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 61

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