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Educare all'esperienza interculturale

Il problema dell’educazione interculturale è un problema complesso e per certi aspetti nuovo nel campo dell’educazione, così come si va configurando nella società italiana. Complesso e nuovo lo è per la scuola in Italia, che solo da pochi anni si trova a dover affrontare la multiforme ricchezza delle etnie e dei popoli, delle lingue e delle educazioni e delle concezioni della vita .
Il nostro lavoro non ha pretese di apporti specifici nel campo dell’educazione interculturale. Il solco dentro il quale ci collochiamo è quello di una lineare riflessione rispetto un problema ormai presente con sempre maggiore evidenza nella società italiana. L’angolatura e la prospettiva è quella del Dirigente scolastico, cioè di quella figura specifica nell’ordinamento scolastico italiano che, dall’introduzione della legge sull’Autonomia consegnata alle scuole come Legge 15 marzo 1997, è sempre di più soggetto di riferimento in tutte le sue componenti: con il territorio, sul quale la scuola è inserita e in generale con tutto il sistema sociale.
Il punto di partenza sarà quello di un rapido excursus storico, che dall’inizio degli anni ’70 alle, come abbiamo voluto chiamarle, ‘nuove educazioni’ degli anni 2000, cercherà di ripercorrere il cammino dei processi pedagogici che hanno accompagnato la scuola italiana, passando per le direttive europee in campo scolastico. L’Europa che ha dovuto, e continua ad avere, a che fare con i flussi migratori di tanti popoli in cerca di stabilità: il fenomeno della globalizzazione.
Sarà nella seconda parte del lavoro che emergerà il lavoro compiuto (forse sarebbe meglio dire che ancora in larga parte ci attende), dalla Società italiana, nello specifico, dalle Istituzioni scolastiche, rispetto al processo di educazione all’esperienza interculturale. Il doppio binario dentro il quale si muove la riflessione e le scelte messe in atto per fare fronte alla sempre maggiore domanda di condivisione di esperienze.
Centrale è la figura del Dirigente scolastico che promuove e organizza, all’interno di un quadro legislativo definito, e a volte non sempre del tutto chiaro, l’educazione all’interculturalità non solo come processo di integrazione per coloro che provengono da differenti realtà territoriali, bensì come nuova forma mentis dell’educazione, dove vengono coinvolti tutti i soggetti che operano nell’istituzione scolastica. Ne segue che la nuova prospettiva è quella di un’emergenza delle ‘culture’, intese come complessi di aggregati (lingue, religioni, ecc.) che incontrano e si devono integrare all’interno di una realtà locale differente e specifica. Non più solo insegnare una specifica lingua, quella d’arrivo, per consentire l’integrazione, ma la comprensione di un sistema che si è sviluppato e cresciuto in contesto totalmente differente. Integrazione ed interazione sono le parole che devono segnare il processo scolastico nel suo insieme. Lo spazio dedicato ai metodi didattici per educare all’interculturalità hanno consentito, crediamo, di giungere alle seguenti conclusioni:
• l’identità umana non è monolitica, ma dialogica, relazionale;
• la relazionalità pone in primo piano l’identità dell’Io, in rapporto al Tu;
• l’identità dell’uomo si pone nella storia come racconto ed è un’identità essenzialmente narrativa, sia a livello di singola persona, che di popoli e civiltà;
• l’agire umano chiama in gioco la responsabilità nei confronti non solo degli altri presenti ora, ma anche dei posteri e dell’umanità in quanto tale;
• la comprensione dell’altro si struttura a livelli diversi ed è un processo che chiama in gioco l’ermeneutica e, sotto certi aspetti si serve della metafora e dell’arte.
La figura del mediatore culturale diviene determinante e insostituibile nella ‘città multiculturale’, in un mondo che si definisce ‘Mondo globale’, ma che porta in sé i segni di una forte localizzazione, sia come rivendicazione di identità, sia come difesa di un vissuto da non perdere: i ‘Mondi locali’. Soggetto nuovo nella società italiana, quella del mediatore, che, così come configurato nella legislazione, ha il compito di far incontrare i ‘due estremi’: gli immigrati e gli autoctoni. Si farà riferimento alla sua funzione di raccordo con il territorio, così come la figura del Dirigente scolastico è il punto di collegamento con il tessuto sociale all’interno del quale si colloca l’Istituzione scolastica che dirige.

“(…) L’educazione interculturale non può essere ridotta al’ambito dell’immigrazione come educazione “compensativa” del diverso, ma è educazione per tutti alla diversità” .

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Introduzione Il problema dell‟educazione interculturale è un problema complesso e per certi aspetti nuovo nel campo dell‟educazione, così come si va configurando nella società italiana. Complesso e nuovo lo è per la scuola in Italia, che solo da pochi anni si trova a dover affrontare la multiforme ricchezza delle etnie e dei popoli, delle lingue e delle 1 educazioni e delle concezioni della vita. Il nostro lavoro non ha pretese di apporti specifici nel campo dell‟educazione interculturale. Il solco dentro il quale ci collochiamo è quello di una lineare riflessione rispetto un problema ormai presente con sempre maggiore evidenza nella società italiana. L‟angolatura e la prospettiva è quella del Dirigente scolastico, cioè di quella figura specifica nell‟ordinamento scolastico italiano che, dall‟introduzione della legge sull‟Autonomia consegnata alle scuole come Legge 15 marzo 1997, è sempre di più soggetto di riferimento in tutte le sue componenti: con il territorio, sul quale la scuola è inserita e in generale con tutto il sistema sociale. Il punto di partenza sarà quello di un rapido excursus storico, che dall‟inizio degli anni ‟70 alle, come abbiamo voluto chiamarle, „nuove educazioni‟ degli anni 2000, cercherà di ripercorrere il cammino dei processi pedagogici che hanno accompagnato la scuola italiana, passando per le direttive europee in campo scolastico. L‟Europa che ha dovuto, e continua ad avere, a che fare con i flussi migratori di tanti popoli in cerca di stabilità: il fenomeno della globalizzazione. Sarà nella seconda parte che emergerà il lavoro compiuto (forse sarebbe meglio dire che ancora in larga parte ci attende), dalla Società italiana, nello specifico, dalle Istituzioni scolastiche, con riferimento al processo di educazione all‟esperienza interculturale. Il doppio binario dentro il quale si muove la riflessione e le scelte messe in atto per fare fronte alla sempre maggiore domanda di condivisione di esperienze. Centrale è la figura del Dirigente scolastico che promuove e organizza, all‟interno di un quadro legislativo definito, e a volte non sempre del tutto chiaro, l‟educazione all‟interculturalità, non solo come processo di integrazione per coloro che provengono da differenti realtà territoriali, bensì come nuova forma mentis dell‟educazione, dove vengono coinvolti tutti i soggetti che operano nell‟istituzione 1 Cfr. D. DEMETRIO, Nel tempo della pluralità. Educazione interculturale in discussione e ricerca, La Nuova Italia, Firenze 1997, pp. 5-9. 1

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Informazioni tesi

  Autore: Mario Bombelli
  Tipo: Tesi di Master
Master in Master di II Livello in Dirigenza Scolastica
Anno: 2009
Docente/Relatore: Giuliana Sandrone
Istituito da: Università degli Studi di Bergamo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 32

Questa tesi è disponibile nelle seguenti traduzioni:

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