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Il coordinamento tra gli uffici del pubblico ministero fra ordinamento interno ed ordinamento comunitario

L'elaborato approfondisce il rapporto tra gli uffici della procura, dopo un breve excursus storico, analizzando altresì il problema di un'eventuale procura europea.
Il 22 Settembre 1988 è stato approvato il testo del nuovo codice di procedura penale, la cui entrata in vigore è fissata un anno dopo la data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il nuovo codice si ispira ad una filosofia e ad una struttura profondamente diverse da quelle del codice precedente. Si tratta del primo codice dell'Italia repubblicana, che sostituisce, dopo quasi sessanta anni, il codice Rocco del 1930. E non deve sorprendere che il primo codice che si è voluto varare sia proprio quello di procedura penale in quanto è nota l'interdipendenza tra processo penale ed ordinamento politico dello Stato. Non era, infatti, possibile lasciare ancora sopravvivere, dopo l‘instaurazione del regime democratico, un codice caratterizzato da una struttura inquisitoria, tipica dei regimi autoritari. Per la verità il codice Rocco del 1930, indubbiamente pregevole sotto il profilo tecnico, aveva non poche connotazioni liberali, dovute alla cultura dei giuristi del periodo prefascista, che in gran parte avevano collaborato alla sua redazione. Ma l'impronta politica del regime autoritario si rivelava in molte altre sue disposizioni e, soprattutto, nella scelta di una istruzione segreta e scritta, di evidente stampo inquisitorio, in cui veniva lasciato poco spazio al diritto di difesa ed erano notevolmente compressi i diritti di libertà del cittadino. E‘ bensì vero che su quella struttura si erano operati, mediante leggi speciali, numerosi innesti, diretti a garantire il diritto di difesa. Ma tale processo di «liberalizzazione», reso necessario anche per l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1948), aveva creato inevitabili scompensi con l‘ originaria struttura inquisitoria del codice: tanto che qualche autore aveva parlato, a questo proposito, di «garantismo inquisitorio» o di «soave inquisizione».
Sicuramente l‘innovazione più significativa della riforma del 1988 è stata l‘introduzione della figura del pubblico ministero, l‘organo affidatario dell‘esercizio dell‘azione penale. Durante le indagini preliminari il P.M. è il soggetto attivo del procedimento – quale titolare delle indagini stesse – con il compito di raccogliere le informazioni e le conoscenze utili al fine dell‘esercizio dall‘azione penale2; deve svolgere anche accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona indagata (art. 358).
Nei rapporti tra i diversi uffici del P.M. non esiste una relazione di superiorità gerarchica, ma di mera sovra-ordinazione, collegata alla progressione del processo al grado di giudizio successivo. La struttura unitaria dell‘ufficio ha comportato la sottrazione ai singoli magistrati addetti alla procura del potere di iniziativa, dovendo essi limitarsi a segnalare al titolare del proprio ufficio le notizie di reato a loro pervenute o comunque acquisite, spettando al dirigente la designazione del magistrato incaricato. Così pure spetta al titolare dell‘ufficio decidere sulla dichiarazione di astensione degli altri magistrati e provvedere alla loro sostituzione.

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4 INTRODUZIONE IL NUOVO PROCESSO ACCUSATORIO E IL RUOLO DEL PUBBLICO MINISTERO. Il 22 Settembre 1988 è stato approvato il testo del nuovo codice di procedura penale, la cui entrata in vigore è fissata un anno dopo la data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il nuovo codice si ispira ad una filosofia e ad una struttura profondamente diverse da quelle del codice precedente. Si tratta del primo codice dell'Italia repubblicana, che sostituisce, dopo quasi sessanta anni, il codice Rocco del 1930. E non deve sorprendere che il primo codice che si è voluto varare sia proprio quello di procedura penale in quanto è nota l'interdipendenza tra processo penale ed ordinamento politico dello Stato. Non era, infatti, possibile lasciare ancora sopravvivere, dopo l‘instaurazione del regime democratico, un codice caratterizzato da una struttura inquisitoria, tipica dei regimi autoritari. Per la verità il codice Rocco del 1930, indubbiamente pregevole sotto il profilo tecnico, aveva non poche connotazioni liberali, dovute alla cultura dei giuristi del periodo prefascista, che in gran parte avevano collaborato alla sua redazione. Ma l'impronta politica del regime autoritario si rivelava in molte altre sue disposizioni e, soprattutto, nella scelta di una istruzione segreta e scritta, di evidente stampo inquisitorio, in cui veniva lasciato poco spazio al diritto di difesa ed erano notevolmente compressi i diritti di libertà del cittadino. E‘ bensì vero che su quella struttura si erano operati, mediante leggi speciali, numerosi innesti, diretti a garantire il

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Informazioni tesi

  Autore: Mara Di Pietro
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi del Sannio
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze giuridiche
  Relatore: Mario Griffo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 292

FAQ

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