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Identità e alterità del proprio corpo: il caso Orlan

ABSTRACT DELLA TESI DAL TITOLO:
IDENTITA’ E ALTERITA’ DEL PROPRIO CORPO:IL CASO ORLAN
Di Stefanutti Claudia

Attraversando cronologicamente la vita e le opere di ORLAN ho voluto evidenziare la continuità esistente tra arte e vita, dimostrando come il prodotto artistico sia il medium ideale per raggiungere la totale conoscenza del sè, e come, viceversa, la personalità “disturbata” sia funzionale alla creazione artistica.
La ricerca della propria identità e la necessità di produrre tracce “per poter esistere”, costituiscono il filo conduttore dei tre capitoli che potrebbero altrimenti apparire molto diversi tra loro.
Artista del suo tempo (e del nostro tempo) Orlan ha sempre utilizzato i media per registrare le sue “azioni”, nelle quali si assiste al recupero e alla perdita della propria identità; nelle ultime performances la virtualità le è servita per “doppiare” la realtà (creando immagini elettroniche) trasmessa in mondovisione.
Al rifiuto per tutto ciò che è norma e che appartiene al mondo della madre (ad iniziare dal nome) seguì la denuncia dello stato d’oppressione delle donne nella società maschilista, fino a giungere alla possibilità di “rimettersi al mondo di nuovo”.
Inizialmente si trattava di prendere possesso (non solo del suo corpo ma anche dello spazio), nella maturità, passando attraverso stati di perdizione e di “redenzione”, proponendo feroci e sottili critiche al mondo dell’arte, Orlan è giunta fino alla realizzazione del suo “Autoritratto” realizzato nella carne.

Stefanutti Claudia

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Il 30 maggio 1947, in una piccola cittadina francese (Saint-Étienne), nacque colei che a tredici anni si autonominò Orlan e, negli anni successivi diventò un’artista trasgressiva, irritante e multimediale; sembra che il suo nome di battesimo fosse Mirelle. Il rapporto con i genitori ed in particolar modo l’incessante contrasto con la madre, furono fondamentali per la formazione della giovane artista, figlia di proletari. Il padre al quale era molto legata (anche se era troppo poco presente), comprendeva il suo malessere, probabilmente perché il suo lavoro di elettricista, presso il teatro di Saint-Étienne lo poneva in contatto con lo strano mondo dell’arte e dello spettacolo. La sorella, più grande di otto anni, faceva coppia perfetta con la madre. La madre era una donna bigotta, caratterialmente chiusa, una casalinga di ambiente povero, sposata, con due figlie: esempio perfetto di normalità per la cultura occidentale e maschilista di cui faceva parte. Una. vita da segregata, segnata, col passare degli anni da crisi ed urli d’isteria e mal di fegato cronico; aveva uno scopo importantissimo: crescere le sue due figlie con sani principi morali e religiosi. Ribelle fin da bambina, Miss Catastrophe (così veniva chiamata in famiglia), reagì in modo estremo alle imposizioni materne ed alle regole di comportamento che erano necessarie ad una piccola donna “per bene”. La madre voleva che la sua figlia minore diventasse un brava dattilografa, desiderava per lei una vita normale e le ripeteva: “Diventare qualcuno? Tu sogni figlia mia! Trovati un bravo ragazzo con un buon lavoro e sposati. Basta con queste stupidaggini 1 ”. Il suo “essere diversa”, non conforme alle aspettativa della madre (e quindi alle aspettative sociali), il rifiuto del destino piatto che le veniva offerto ed il desiderio di evitare l’asfissia, la avvicinarono al mondo dell’arte: pittura, scultura, yoga, danza, teatro. 1 ORLAN, Moi je provoque donc j’existe, in “ACTUEL”, N. 17, 1981, p. 55

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Informazioni tesi

  Autore: Claudia Stefanutti
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1997-98
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Relatore: Renato Barilli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 101

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Parole chiave

body art
arti visive
fenomenologia degli stili
orlan

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