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Lolita come mondo della pura soggettività, tra due linguaggi: letteratura e cinema.

Era il 1962 e da una sala cinematografica, usciva uno scrittore deluso. A deluderlo era stato un film scritto da lui e diretto da Stanley Kubrick: Lolita. Come avremo modo di ribadire più avanti, la sceneggiatura aveva subito pesanti ritocchi in fase di ripresa, senza che l'autore, Vladimir Nabokov, ne fosse minimamente informato. La firma della sceneggiatura era comunque rimasta la sua. Ed era per giunta valsa allo scrittore, una nomination per l'oscar. Scrive Enrico Ghezzi in un breve saggio introduttivo alla versione italiana della sceneggiatura originale di Lolita:
Nella delusione (forse nella stizza) di riconoscere nel film finito solo una piccola parte del proprio lavoro non c'è neanche un barbaglìo del sentimento d'esser stato tradito più che tradotto, neanche l'ombra di un senso di sfruttamento e di sperpero del proprio romanzo. L'orgoglio dello scrittore che inseguiva farfalle non rimpiange un momento la stupenda pesantezza e opacità che acquistano appena viste, nel film di Kubrick, le architetture leggerissime in cui si ramifica l'ossessione di Humbert Humbert, doppio doppio dell'autore.1

La delusione dello scrittore è comunque significativa: ci indica di fatti che vi è uno scarto, non solo tra il tra il film e il romanzo ma addirittura tra il film e la sceneggiatura e che questo scarto è incolmabile. Ma d'altronde, anche solo e semplicemente raccontando una storia, mediante due linguaggi così complessi e diversi come la letteratura e il cinema, è impossibile non creare uno scarto. Questo scarto, come mi sono permesso di chiamare l'insieme delle molteplici piccole e grandi differenze che passano tra il libro e il film (passando, peraltro, tramite un particolare medium, il “film scritto”, la sceneggiatura) può però risultare molto più complesso da valutare nel suo insieme di quel che appare ad un primo sguardo. Sicuramente rappresenta il passaggio da un linguaggio ad un altro. Questo testo intende prendere in analisi questo insieme di differenze e metterle in relazione ad un'analisi di Lolita e alla sua comunicazione in due linguaggi, tentando di valutare quello scarto non come mancanza o come mutilazione ne come aggiunta o modifica, ma come portatore di un reale significato, trasmesso appunto nel passaggio da un linguaggio letterario a uno filmico.
Cercheremo di analizzare sia la soggettività totalmente antifilmica, scritta in un linguaggio del tutto anticinematografico, di cui il romanzo si fa straordinario portatore, sia la soggettività captata dal genio di Stanley Kubrick e proiettata attraverso il suo film in un orizzonte linguistico diverso tentando di captare i maggiori punti d'interesse di questa traslatio.
Cercheremo anche di capire quali conseguenze artistiche e sociali abbiano comportato la pubblicazione del romanzo e la produzione del film, tentando di raggiungere in qualche modo la straordinaria attualità di Lolita.

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L'alternarsi di amore e di odio caratterizza a lungo la situazione interiore di colui che vuole arrivare a giudicar liberamente sulla vita; egli non dimentica, e tutto addebita alle cose, sia il bene che il male. Alla fine, quando l'intera lavagna della sua anima sarà interamente scritta da esperienze, egli non disprezzerà né odierà l'esistenza, ma nemmeno la amerà, e starà al di sopra di essa, ora con l'occhio della gioia, ora con quello della tristezza, e il suo animo sarà come la natura, ora estivo, ora autunnale. F. Nietzsche 1) Premessa Era il 1962 e da una sala cinematografica, usciva uno scrittore deluso. A deluderlo era stato un film scritto da lui e diretto da Stanley Kubrick: Lolita . Come avremo modo di ribadire più avanti, la sceneggiatura aveva subito pesanti ritocchi in fase di ripresa, senza che l'autore, Vladimir Nabokov, ne fosse minimamente informato. La firma della sceneggiatura era comunque rimasta la sua. Ed era per giunta valsa allo scrittore, una nomination per l'oscar. Scrive Enrico Ghezzi in un breve saggio introduttivo alla versione italiana della sceneggiatura originale di Lolita : Nella delusione (forse nella stizza) di riconoscere nel film finito solo una piccola parte del proprio lavoro non c'è neanche un barbaglìo del sentimento d'esser stato tradito più che tradotto, neanche l'ombra di un senso di sfruttamento e di

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Informazioni tesi

  Autore: Niccolò Falsetti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Mario Capaldo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 57

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