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Le marche nel Pallone: La rappresentazione pubblicitaria del Calcio

Oggetto del presente lavoro è una rilettura antropologica e pubblicitaria del gioco più bello, più seguito, più appassionante del mondo, il Calcio. L'obiettivo fu quello di voler osservare in che modo questo sport potesse realmente, nella società odierna, entrare in relazione con gli strumenti comunicativi pubblicitari esistenti, quale fosse il legame instauratosi, in che maniera le aziende orientate ad un marketing strategico potessero usufruire del linguaggio sportivo e soprattutto quale immagine del Calcio ne sarebbe scaturita.
Si tratta di un lavoro intenzionato a mettere in discussione una concezione ormai condivisa da gran parte della società, che considera questo gioco ormai spoglio delle sue origini, dei suoi tratti caratteristici, della sua natura spettacolare, intrattenitrice e passionale. Sappiamo tutti quanto l’ambito economico e finanziario abbia sempre più saputo entrare all’interno dei meccanismi in grado di muovere questo sport, a tal punto da rendere il calcio professionistico, seguito da milioni di appassionati e tifosi, una macchina produttrice di soldi ancor prima di essere uno strumento attraverso cui poter divertirsi e veicolare, allo stesso tempo, determinati valori di lealtà, correttezza e rispetto verso il proprio avversario. Mi sono addentrato nel mondo comunicativo, pubblicitario delle grandi marche, intenzionate ad usufruire della visibilità di questo sport per entrare in contatto con i propri tifosi-consumatori, al fine di constatare realmente se lo sport in questione fosse semplice mezzo, divulgatore di un messaggio promozionale, trasformato definitivamente in uno degli affari più lucrosi del mondo, o se avesse ancora oggi, nell’era della globalizzazione, la facoltà di comunicare la sua bellezza, quella follia capace di rendere l’uomo bambino per un attimo, alcuni semplici insegnamenti che contraddistinguono la sua natura e che avvicinano un ragazzino alla vita.
Nella prima parte di questo lavoro mi sono soffermato sugli aspetti antropologici del calcio giocato, valorizzando innanzitutto la sua essenza teatrale, il suo saper trasmettere allegria, spensieratezza, la capacità di saper esprimere la cultura di un’intera popolazione, di un’intera nazione. Ho dato attenzione al significato di questo sport per i più piccoli, a quel calcio di strada che tutti noi abbiamo incontrato nella nostra infanzia e di cui, spesso, in età adulta, ne sentiamo la mancanza. Ho sperimentato questo sport da calciatore, per comprendere cosa significasse nella mente e nel cuore di chi scende in campo trovarsi di fronte un avversario, sentire le urla del pubblico, provare la sensazione di essere ad un passo dall’elevarsi ad eroe della patria o crollare nel pozzo degli sconfitti. Ho vissuto l’esperienza di allenatore, per capire in che modo un simile sport possa entrare nella vita di un adolescente ed insegnare loro che, come nella vita, è lo spirito di squadra, di sacrificio, di impegno a rendere un uomo migliore, dentro e fuori dal campo, nel rispetto del risultato e di chi si affronta. Per poi avvicinarmi attraverso diversi autori ai rituali nascosti dietro questo sport, le superstizioni culturali, i riti propiziatori di una nazione, di un calciatore, di una società. Nella seconda parte, invece, ho riversato completamente la mia attenzione sulle campagne pubblicitarie delle grandi aziende multinazionali, dedite ad una comunicazione con i propri consumatori usufruendo di questo sport, determinando in quali situazioni ed a che condizione il calcio si possa definire, appunto, veicolo di un messaggio persuasivo di prodotto, di brand, interamente comunicato dall’azienda e se esistano o siano esistite, nel tempo, campagne pubblicitarie in cui la voce e l’attenzione fossero totalmente nelle mani di questo sport, al fine di permettere al brand di ricorrere ai valori antropologici per entrare in comunione con il tifoso ed instaurare con esso un legame forte e duraturo.
Sarà un viaggio itinerante, in cui si cercherà di riportare in auge un connubio esistente tra il mondo calcistico e la realtà pubblicitaria, tentando di dimostrare come la bellezza emotiva e vitale di questo sport non sia andata del tutto persa. Il calcio non ha smesso di essere comunicatore diretto con i propri tifosi della sua essenza passionale. Credo si possa dire di essere spettatori di una simbiosi tra calcio e mondo pubblicitario, in cui a ciascuno è dato di divulgare, implicitamente od esplicitamente, un messaggio forte ed autentico a quello spettatore, tifoso-consumatore, coinvolto emotivamente. Perché in fondo, indipendentemente dall’evoluzione, dal progresso, dai nuovi media, da questa era della riproducibilità tecnica dello sport, il calcio rimarrà sempre l’essenza di una sfida, in un’orgia di emozioni dove il Bene prende il posto del male in una frazione di secondo, dove ad entrare in campo è la fede, l’odio, il rito, l’amore, il senso di colpa.

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5 INTRODUZIONE Oggetto del presente lavoro è una rilettura antropologica e pubblicitaria del gioco più bello, più seguito, più appassionante del mondo, il Calcio. Il desiderio di affrontare questa tematica al termine del mio percorso di studi è sorta dall’idea di voler osservare da vicino in che modo la passione più importante della mia vita potesse realmente, nella società odierna, entrare in relazione con gli strumenti comunicativi pubblicitari esistenti, quale fosse il legame instauratosi, in che maniera le aziende orientate ad un marketing strategico potessero usufruire del linguaggio sportivo e soprattutto quale immagine del Calcio ne sarebbe scaturita. Si tratta di un lavoro intenzionato a mettere in discussione una concezione ormai condivisa da gran parte della società, che considera questo gioco ormai spoglio delle sue origini, dei suoi tratti caratteristici, della sua natura spettacolare, intrattenitrice e passionale. Sappiamo tutti quanto l’ambito economico e finanziario abbia sempre più saputo entrare all’interno dei meccanismi in grado di muovere questo sport, a tal punto da rendere il calcio professionistico, seguito da milioni di appassionati e tifosi, una macchina produttrice di soldi ancor prima di essere uno strumento attraverso cui poter divertirsi e veicolare, allo stesso tempo, determinati valori di lealtà, correttezza e rispetto verso il proprio avversario. Esiste nel mondo moderno una sostanziale rassegnazione nei confronti di un calcio ormai divenuto mero strumento di propaganda pubblicitaria e comunicativa, sfruttato dalle grandi marche per persuadere i propri consumatori all’acquisto, per entrare in nuovi mercati, per ottenere visibilità globale. Pastorin, nel suo splendido libro dal titolo Lettera a mio figlio sul calcio, dichiara a chiare lettere questo adattamento ad una nuova dominazione economica del Calcio: “Il calcio che vedi tu, figlio mio, ha veramente poco di poetico, è diventato un grande affare, un’industria. Più che i gol, conta l’andamento della Borsa e il marketing ha sostituito il dribbling.” 1 Ma chi ama questo sport, chi lo pratica, lo vive e dedica il proprio tempo ad insegnarlo ai ragazzini, non può perdere la speranza e la consapevolezza che questo sport sia ancora in 1 Pastorin 2002, pag. 21.

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Informazioni tesi

  Autore: Fabrizio Fava
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Economia
  Corso: Comunicazione d'impresa
  Relatore: Angelo Ghidotti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 266

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