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Relatività linguistica e Neoinnatismo: B.L. Whorf vs. E. Lenneberg

Benjamin Lee Whorf è una figura centrale e controversa della linguistica contemporanea. Il suo principio della “relatività linguistica”, come anche l’”Ipotesi Sapir-Whorf” che lega il suo nome a quello di Edward Sapir, sono tuttora oggetto di contrastanti giudizi.
Il principio proposto da Whorf costituisce una riformulazione delle idee che erano state avanzate dai filosofi romantici Hamann, Herder e von Humboldt in opposizione ai teorici dell’innatismo del XVII e XVIII secolo (Descartes e Kant).
Il bersaglio polemico di Whorf non è dissimile da quello dei filosofi romantici. La relatività linguistica si configura come una teoria critica nei confronti di una millenaria tradizione di pensiero filosofico-scientifico. In virtù di questa tradizione esisterebbe un mondo dei concetti dato a tutti gli uomini sostanzialmente nella stessa forma e la filosofia, che è fatta di argomenti, si riferirebbe direttamente a questo immutabile mondo delle idee. La filosofia parlerebbe direttamente della ragione e delle sue categorie. In questo modo lo studio dei processi conoscitivi veniva svicolato dai problemi del linguaggio e del significato.
Il principio relativistico costituisce una potente critica su base linguistica di quella tradizione. Esso stabilisce che tra noi e le idee (e tra noi e la conoscenza) esiste un filtro: la lingua in cui ci esprimiamo. Non esistono dunque concetti assoluti, universali, perché ci formiamo i concetti attraverso il tramite che è costituito dalla nostra lingua.
L’accettazione del principio relativistico porta con sé la rinuncia al programma dell’”autofondazione della ragione” (che segna il filone centrale della filosofia occidentale e si fonda sull’autoreferenzialità della ragione) e apre la strada allo studio del condizionamento linguistico sullo sviluppo dei processi cognitivi e sul comportamento.

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4 Introduzione Benjamin Lee Whorf è una figura centrale e controversa della linguistica contemporanea. Il suo principio della “relatività linguistica”, come anche l’Ipotesi “Sapir-Whorf” che lega il suo nome a quello di Edward Sapir, sono state, e sono tuttora, oggetto di contrastanti giudizi, leggittimati dalle oscillazioni che si riscontrano nell’opera stessa di Whorf quanto all’estensione delle formulazioni generali. Nelle discussioni critiche sull’ipotesi Sapir-Whorf svoltesi a partire dagli anni ‘50, sono in effetti emerse una versione “forte” e una versione “debole” di essa, correntemente designate rispettivamente come principio del determinismo linguistico, secondo cui il nostro pensiero è interamente determinato dalle strutture del linguaggio che parliamo; e principio della relatività linguistica, secondo cui le strutture delle diverse lingue esercitano un’influenza sul pensiero e sul processo di categorizzazione dei parlanti (Penn 1972, pp. 28-32, Robins 1976, p.100). Le formulazioni di Whorf autorizzano entrambe queste letture. Una certa storiografia sull’analisi linguistica, in particolare, ha visto in Whorf il difensore a oltranza di un “relativismo

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Informazioni tesi

  Autore: Pier Paolo Caserta
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1999-00
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Massimo Prampolini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 126

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Parole chiave

linguistica
relatività linguistica
filosofia del linguaggio
eric lenneberg
wilhelm von humboldt
edward sapir
benjamin lee whorf
ipotesi di sapir-whorf
neoinnatismo

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