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La dirigenza pubblica tra politica e amministrazione

La pubblica amministrazione italiana, in seguito alle riforme degli anni novanta, ha conosciuto la distinzione tra indirizzo politico e attività amministrativa, come mutuata dall’ordinamento britannico, al fine di rendere la propria azione più efficiente. Al centro di tale distinzione si pone la dirigenza pubblica, in particolare quella di vertice, alla quale è affidata l’attuazione concreta delle direttive e degli indirizzi impartiti dagli organi di governo politico. Secondo tale modello, alla politica dovrebbe rimanere estranea l’attività di gestione essendo ad essa affidato il potere di individuare il dirigente, affidare l’incarico e verificarne il raggiungimento dell’obiettivo. Il difficile rapporto tra politica e amministrazione nello stato liberale si presenta, oggi, come tema di incredibile attualità a distanza di circa 150 anni. La dirigenza pubblica trova costituito il suo status, fatto di una pluralità di competenze autonome e di rappresentanza, con il D.P.R. n. 748/72. Nonostante la finalità di tale decreto fosse il riconoscimento di precise competenze in capo ai funzionari della burocrazia statale, ancora lontano era il cammino della dirigenza verso il superamento del rapporto gerarchico rispetto all'organo politico. Fu, infatti, proprio la generale confusione fra politica e amministrazione ad impedire l'attuazione dei principi espressi da tale D.P.R. e a delineare la figura del “finto” dirigente inserito in un ambito poco adeguato, caratterizzato dalla precarietà delle strutture e delle procedure, imbrigliato in una fitta rete di controlli formalistici e pressoché inutili al fine di una valutazione sull'efficacia della propria azione. Tuttavia, fu proprio l'insoddisfazione dei cittadini e delle imprese verso la pubblica amministrazione a stimolare l'innovazione gestionale nelle amministrazioni stesse. Ci si rese conto, anche sulla scia del filone di studi dedicato al New Public Management, che per migliorare i livelli di efficacia e di efficienza dell'azione amministrativa, bisognava attingere a metodologie e tecniche gestionali proprie delle aziende, era necessario mirare al superamento dell'organizzazione burocratica ed all'adozione di nuovi modelli e logiche che appartenevano al bagaglio del dirigente privato. La svolta legislativa avviene con il D.Lgs. n. 29 del 1993 che intende individuare i compiti di direzione politica per separarli da quelli di direzione amministrativa; alla dirigenza è affidata la piena responsabilità per il funzionamento delle strutture ed il compimento degli obiettivi, mentre agli organi politici vengono riservati poteri di indirizzo, programmazione e di verifica dei risultati sull'attività: viene in tal modo attuato il definitivo superamento del modello gerarchico. Il D.Lgs. del 1993 aveva lasciato, tuttavia, dei problemi aperti che furono risolti, in parte, dal successivo D.Lgs. n. 80 del 1998 con la completa contrattualizzazione della dirigenza pubblica. Le (inevitabili) contraddizioni che contraddistinguevano quel rapporto sembrano rivivere tutt'oggi in seguito alle recenti riforme della disciplina della dirigenza pubblica (in particolare con la L. 145/02) le tematiche della fiduciarietà e della temporanietà degli incarichi dirigenziali sembrano confliggere con i principi costituzionali in materia di pubblica amministrazione, su tutti quello dell’imparzialità e dell’esclusivo servizio alla nazione da parte dei dipendenti pubblici. Le recentissime sentenze della Corte Costituzionale (n.103 e n.104 del 2007), oltre a dichiarare l’illegittimità delle norme di prima attuazione della l. 145, hanno fissato negli esatti termini la relazione che deve intercorrere fra politica e amministrazione. Attraverso un'attenta analisi dell'evoluzione legislativa, degli orientamenti giurisprudenziali e delle opinioni della dottrina si cercherà di fornire un quadro critico della situazione e di trovare una definizione per il nostro sistema, da autorevoli parti etichettato come uno "spoils system" all'italiana. Il primo capitolo del presente lavoro è dedicato all'evoluzione storica della disciplina sulla dirigenza pubblica, dal periodo postunitario sino alla recente legge n. 145 del 2002, passando attraverso la Costituzione, il D.P.R. n. 748 del 1972 e le normative di riforma degli anni '90 del XX secolo. Il secondo capitolo, invece, affronta approfonditamente il tema del conferimento, della revoca e della conferma degli incarichi dirigenziali e, dunque, dello spoils system come delineato nell’ordinamento italiano anche alla luce di tutte le contrastanti modificazioni legislative intervenute negli anni. Particolare attenzione è dedicata alla responsabilità dirigenziale e alla sue conseguenze con cenni agli aspetti legati alla dirigenza non privatizzata ed ai dirigenti presso le amministrazioni indipendenti.

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55 2.3 La dirigenza non privatizzata Viene da chiedersi quale sia il limite entro cui lo spoils system (cosiddetto all’italiana) estrinseca il suo raggio d’azione, ovvero l’applicabilità o meno della stessa alla dirigenza pubblica non privatizzata. Trattasi di una tematica, a quanto consta, mai affrontata a livello giurisprudenziale e dottrinale, nonostante la fecondissima produzione in tema di dirigenza pubblica e sulla L. n. 145/2002.

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Informazioni tesi

  Autore: Antonio Damiano
  Tipo: Tesi di Dottorato
Dottorato in Scienza politica ed istituzioni in Europa
Anno: 2008
Docente/Relatore: Marcello D'Aponte
Istituito da: Università degli Studi di Napoli - Federico II
Dipartimento: Dipartimento di Scienze dello Stato
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 170

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