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Twin Peaks ieri e oggi: analisi della serie cult di David Lynch

Il medium televisivo attraversa una costante evoluzione, e persino in questo momento le regole dello storytelling vengono ridefinite. Se c’è una persona nell’Olimpo dei grandi autori televisivi da ringraziare, per i cambiamenti che ci sono stati e che continueranno ad esserci, quella è David Lynch. Ma come ha fatto questa grande figura del panorama cinematografico, col suo stile psichedelico e criptico, avulso da qualsiasi spiegazione, a conquistare anche gli schermi della nostra televisione? È proprio quello che mi sono ripromesso di spiegare e indagare in questa prova finale, analizzando il successo che il regista è riuscito a bissare (ventisette anni dopo circa) con i nuovi episodi della serie televisiva cult, Twin Peaks. Un successo che inizia negli anni ’90, ma che sostanzialmente dura poco: un totale di trenta episodi divisi in due stagioni penalizzate da un meccanismo da network televisivo troppo poco avanguardista all’epoca per la visione di Lynch. Eppure, nonostante questo, Twin Peaks ha saputo creare nuove regole per la narrazione televisiva, servendosi degli elementi che poi sarebbero diventati tipici del modo di raccontare le storie di Lynch: l’iconico volto di Laura Palmer, i gufi “che non sono quello che sembrano”, la Loggia Nera e l’assordante quesito da risolvere a cui lo spettatore era sottoposto puntata dopo puntata: chi aveva ucciso Laura? La serie cult ha saputo così conquistare il pubblico di mezzo mondo e definire un genere a sé stante: ‘lynchiano’, un qualcosa che lo si capisce solo quando lo si vede. Nessuno ci avrebbe mai scommesso, ma ventisette anni dopo (nel maggio del 2017) la storia di Twin Peaks è continuata con un revival-sequel, un nuovo ciclo di episodi (una terza stagione presentata col sottotitolo Il ritorno) che ha saputo, di nuovo, rivoluzionare i racconti in televisione. Croce e delizia del nuovo e del vecchio pubblico, Twin Peaks, con i suoi nuovi episodi ha avuto molto poco a che fare con la sua precedente incarnazione da network anni ’90, e dove la piccola cittadina del nord America aveva un ruolo centrale da protagonista, adesso tesse le fila di una storia che ha sempre di più assunto i connotati di una grande storia americana, di quel tipo di macrocosmo, e non più ‘micro’. Col collega di sempre Mark Frost, David Lynch ha saputo, nonostante tutto, coniugare il passato della serie televisiva con il suo futuro, dimostrandosi un grande conoscitore del medium televisivo e plasmandolo a suo piacere (anche talvolta a discapito dello stesso pubblico). Il regista ci ha così fornito un nuovo viaggio nel suo subconscio e nella grande mitologia di Twin Peaks, raccontandoci una storia che si è sempre saputa rinnovare con episodi, ad esempio come l’ottavo, che vanno oltre gli schermi e scavano non solo nella mente del regista, ma anche nelle ispirazioni da sempre presenti nei suoi lavori cinematografici. Infatti, proprio a questo episodio, ho dedicato un’analisi e quindi un capitolo a parte per parlare di queste immagini lontane da qualsiasi logica narrativa: possiamo definirla un’opera multimediale (più che un banale episodio di una serie tv) che riesce a dire tutto quello che è stato e che sarà Twin Peaks. L’impatto che ha avuto (di nuovo) la serie su scala mondiale è stato impressionante: se ne è parlato durante la messa in onda e se ne continua a parlare ancora ad un anno di distanza. Universalmente Twin Peaks è stata riconosciuta come il miglior prodotto televisivo andato in onda nel corso del 2017, ma uno speciale punto di vista ha catturato la mia attenzione: nell’ultimo capitolo parlo della top ten dei migliori film del 2017 pubblicata dalla rivista Cahiers du Cinéma, che ha inserito la serie di David Lynch al primo posto di questa classifica composta però esclusivamente da film. È una provocazione? Nella mia analisi cerco di capirlo anche attraverso un’intervista della rivista dedicata allo stesso Lynch, analizzando le sue opinioni a riguardo, viaggiando tra i due media (quello televisivo e cinematografico) e nell'eterna lotta tra i due per la supremazia, infine sull’importanza del ruolo del pubblico nella televisione del nuovo millennio.

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2 INTRODUZIONE Il medium televisivo attraversa una costante evoluzione, e persino in questo momento le regole dello storytelling vengono ridefinite. Se c’è una persona nell’Olimpo dei grandi autori televisivi da ringraziare, per i cambiamenti che ci sono stati e che continueranno ad esserci, quella è David Lynch. Ma come ha fatto questa grande figura del panorama cinematografico, col suo stile psichedelico e criptico, avulso da qualsiasi spiegazione, a conquistare anche gli schermi della nostra televisione? È proprio quello che mi sono ripromesso di spiegare e indagare in questa prova finale, analizzando il successo che il regista è riuscito a bissare (ventisette anni dopo circa) con i nuovi episodi della serie televisiva cult, Twin Peaks. Un successo che inizia negli anni ’90, ma che sostanzialmente dura poco: un totale di trenta episodi divisi in due stagioni penalizzate da un meccanismo da network televisivo troppo poco avanguardista all’epoca per la visione di Lynch. Eppure, nonostante questo, Twin Peaks ha saputo creare nuove regole per la narrazione televisiva, servendosi degli elementi che poi sarebbero diventati tipici del modo di raccontare le storie di Lynch: l’iconico volto di Laura Palmer, i gufi “che non sono quello che sembrano”, la Loggia Nera e l’assordante quesito da risolvere a cui lo spettatore era sottoposto puntata dopo puntata: chi aveva ucciso Laura? La serie cult ha saputo così conquistare il pubblico di mezzo mondo e definire un genere a sé stante: ‘lynchiano’, un qualcosa che lo si capisce solo quando lo si vede. Nessuno ci avrebbe mai scommesso, ma ventisette anni dopo (nel maggio del 2017) la storia di Twin Peaks è continuata con un revival-sequel, un nuovo ciclo di episodi (una terza stagione presentata col sottotitolo Il ritorno) che ha saputo, di

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Informazioni tesi

  Autore: Davide Merola
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
  Corso: Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione
  Relatore: Alessandra Lischi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 49

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