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La politica di partenariato dell'Unione Europea con i Paesi del Maghreb (Algeria, Marocco e Tunisia)

Nel novembre del 1995, a Barcellona, si apre una nuova fase delle relazioni euro-mediterranee; dalla conferenza dei ministri degli esteri emerge un punto chiave: l’unico modo per garantire pace, stabilità politica ed economica, dialogo e sicurezza nell’area mediterranea è la realizzazione di una zona di libero scambio che abbracci tutto il bacino del Mediterraneo e l’Unione Europea, un obiettivo questo da raggiungere entro il 2010.
Tenendo continuamente presente questo progetto così ambizioso, l’Unione Europea propone la realizzazione di un Partenariato Euro-Mediterraneo (PEM) tra i quindici Stati membri dell’Unione Europea e dodici Paesi partners del bacino del Mediterraneo (Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Giordania, Gaza, Israele, Libano, Siria, Turchia, Cipro e Malta). Sempre a Barcellona un importante passo avanti è fatto in relazione agli aiuti finanziari attraverso l’istituzione del programma MEDA1 che trasforma radicalmente il tradizionale concetto di “aiuto allo sviluppo” attraverso la cooperazione e la diretta partecipazione dei partners mediterranei, beneficiari di tale sostegno, alla realizzazione di progetti volti a garantire riforme economiche, apertura all’economia di mercato, cooperazione sociale, culturale e politica.
Se c’è un insegnamento che possiamo trarre dall’evoluzione delle relazioni tra Unione Europea e Maghreb nel corso di trent’anni di collaborazione, è che, in realtà, nel contesto del Mediterraneo si avverte il bisogno di “un modo comune di pensare”, di un processo di scambi e di creazione di idee. E’ indispensabile il contatto, il dialogo, la comunicazione, la conoscenza e la comprensione, in grado di ottimizzare le possibilità di cooperazione e di minimizzare i rischi di scontri, inevitabili tra paesi caratterizzati da profonde asimmetrie culturali, economiche, politiche e religiose.
Nelle relazioni tra paesi, soprattutto così diversi, non sono le armi che possono procurare la sicurezza; la mutua comprensione, la promozione delle relazioni economiche, l’assistenza tecnica e finanziaria, gli scambi culturali, la protezione dell’ambiente comune, sono queste le scelte vincenti, è questo il “modo comune di pensare”.
L’obiettivo è ambizioso quanto importante: creare una zona di libero scambio nel Mediterraneo entro il 2010, fare del Mediterraneo una zona di pace e benessere condiviso.
Ma è veramente possibile, oggi, trasformare il Mediterraneo da mosaico a regione? Il primo passo è far incontrare culture, religioni, modi di agire e di pensare così diversi e trasformarli in una regione che vive, pensa ed agisce in modo uniforme.
Di certo è una sfida complessa che richiede impegno continuo, grande attenzione, partecipazione attiva e costante a tutti i livelli; è un sogno ambizioso, non privo di ostacoli che impone sacrifici a tutti i partners comunitari, non solo ai paesi maghrebini. Tanti passi sono stati compiuti dal Trattato di Roma del 1957, molte sono state scelte vincenti, tanti gli obiettivi mancati, moltissimi gli sforzi fatti.
La domanda che molti si pongono, alla luce delle scelte condivise con i paesi maghrebini nel corso di trent’anni di cooperazione, è se oggi il Mediterraneo è un mare che unisce o che divide, se è possibile creare un ponte tra l’Africa e l’Europa, tra due sponde così vicine geograficamente eppure così lontane per cultura, costumi, modelli economici; è questa la domanda che si pone Bichara Khader, attento studioso delle relazioni tra Occidente e Mondo Arabo.
Il presente lavoro si propone di delineare l’evoluzione delle relazioni euro-maghrebine dall’indipendenza acquisita dai tre paesi del Nord Africa all’inizio degli anni ’60 fino ad oggi, partendo dall’esame delle prime forme di cooperazione, che coprono il solo settore degli scambi commerciali, fino al progetto di Euro-Partenariato, inaugurato a Barcellona nel novembre del 1995.
La prima Conferenza Euro-Mediterranea dei ministri degli esteri (Barcellona 27-28 novembre 1995) punta sulla “istituzionalizzazione” della cooperazione euro-maghrebina. Realizzare una Zona di Libero Scambio Euro-Mediterranea che abbracci, entro il 2010, i quindici paesi dell’Unione Europea e dodici paesi del sud e dell’est del Mediterraneo, è il suo obiettivo più ambizioso.

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1 I N T R O D U Z I O N E La questione dei rapporti tra la Comunità Europea ed i Paesi Terzi del Mediterraneo (PTM) si pone già all’inizio degli anni ‘60, quando la Francia sottolinea la necessità di non alterare, anzi di rafforzare, le interdipendenze commerciali, frutto di decenni di rapporti coloniali, tra alcuni Stati europei ed i paesi del Mediterraneo. Tuttavia, bisogna attendere il vertice di Parigi del 19 ottobre 1972 per raggiungere un’intesa sulla strategia di cooperazione da adottare con i Paesi Terzi Mediterranei: è questa la “Politica Globale Mediterranea”. Nel 1974 nasce il Dialogo Euro-Arabo, una conferenza permanente per la discussione e il confronto, che non prevede comunque una cooperazione approfondita. La politica mediterranea comunitaria, infatti, diversamente dall’altro asse di politica estera inaugurato con i Paesi dell’Africa, dei Carabi e del Pacifico (ACP), non si basa su un unico accordo ma su singoli ed eterogenei strumenti pattizi conclusi con ciascuno dei Paesi Terzi del Mediterraneo, sotto forma di accordi di cooperazione che instaurano relazioni commerciali privilegiate e che hanno come base giuridica di riferimento, l’articolo 238 del Trattato CEE (ora articolo 310).

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Informazioni tesi

  Autore: Concetta Caccaviello
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2000-01
  Università: Università degli Studi di Napoli
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Luigi Sico
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 295

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Parole chiave

accordi di cooperazione
programmi meda
cooperazione internazionale
diritto comunitario
maghreb
cooperazione euromediterranea
accordi euromediterranei
unione europea
partenariato euromediterraneo

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