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Sintesi di nuovi derivati fullerenici idrosolubili

La scarsa solubilità del fullerene, il quarto stato allotropico del carbonio, scoperto all'inizio degli anni 90, in solventi apolari e la completa assenza di solubilità in quelli polari hanno posto in primo piano la necessità di trovare sistemi per ovviare a tale inconveniente, che risulta essere molto gravoso per ogni tipo di studio che si voglia intraprendere e in modo particolare per quello biologico. Come descritto precedentemente la letteratura fornisce numerose possibilità per superare questo problema mediante la veicolazione del fullerene con polimeri idrofili o la formazione di micelle con tensioattivi e surfattanti, oppure la derivatizzazione chimica.
Un primo obiettivo del progetto di ricerca sviluppato in questa tesi è quello di superare tali limitazioni utilizzando la derivatizzazione chimica. Abbiamo scelto di introdurre una catena idrofila, affinchè questa sua caratteristica di idrosolubilità si coniughi con le proprietà elettrochimiche e fotochimiche del fullerene stesso, che rimangono pressochè inalterate. Il trietilenglicole monometiletere (MTEG) ci è parso un gruppo ideale per la derivatizzazione dato il suo alto potere solubilizzante in solventi organici e acquosi. Con questa strategia è stato possibile ottenere derivati fullerenici aventi solubilità di circa 1.5·10-4 M in H2O/DMSO 90/10, valore considerevole e tale da permettere di effettuare saggi biologici.
Il secondo aspetto preso in considerazione nell'ambito del lavoro di ricerca svolto riguarda il controllo della regiochimica del fullerene.
Gli studi di funzionalizzazione multipla possono essere condotti seguendo tre diversi metodi di sintesi:
1) si può ricorrere all'utilizzo del medesimo gruppo utilizzato in eccesso o in tempi diversi su diversi derivati (funzionalizzazione graduale del monoaddotto e poi dei vari isomeri) e in tal caso le addizioni sono governate esclusivamente dagli orbitali di frontiera. 1,2 In questo caso la selettività è alquanto scarsa, si formano miscele isomeriche molto complesse e di difficile separazione e inoltre il grado di funzionalizzazione non è facilmente determinabile, si possono cioè ottenere addotti di molteplicità superiore a quella desiderata.
2) facendo reagire contemporaneamente due gruppi identici legati da una catena e, in questo caso, la regiochimica è governata anche dal braccio spaziatore, i cui fattori critici sono la lunghezza e la flessibilità che vanno scelti accuratamente per poter realmente avere la selettività desiderata. 3,4
3) facendo reagire in momenti consecutivi due gruppi diversi legati anch'essi da uno spacer; in questo modo si ottengono derivati fullerenici con due differenti sostituzioni legate tra loro da una catena che, grazie al suo ingombro, impedisce fisicamente l'accesso in determinate posizioni a eventuali ulteriori addizioni, permettendo così di isolare, dopo rimozione della sostituzione reversibile, isomeri altrimenti difficilmente ottenibili.
Nel presente lavoro di tesi ci siamo dedicati al primo approccio sintetico, cercando di ottenere la serie completa dei bis-addotti della N-MTEG fulleropirrolidina.

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1. INTRODUZIONE 1.1 [C 60 ]Fullerene: caratteristiche generali Per millenni le sole forme conosciute di carbonio puro sono state il diamante e la grafite. Per questo la scoperta nel 1985 della terza forma allotropica del carbonio, il fullerene, ha suscitato tanto scalpore e ha valso ai suoi scopritori Richard Smalley, Robert Curl, professori alla Rice University di Houston in Texas, 1 e Harold Kroto, un chimico dell’Università del Sussex in Inghilterra, il Nobel per la chimica nel 1996. Le molecole di fullerene sono relativamente facili da ottenere: non solo possono essere create “pennellando” il carbonio con un laser o con un arco elettrico, ma esse possono anche trovarsi in natura, come dimostrato dalla scoperta di fullerene in una formazione geologica ricca di carbonio. Il fullerene C 60 , il primo ad essere isolato, consiste di 60 atomi di carbonio ibridizzati sp 2 , disposti nella forma più simmetrica di ogni altra molecola conosciuta: un icosaedro tronco formato da esagoni e pentagoni che ha motivato il nome di buckminsterfullerene o fullerene o buckyball, in onore dell’architetto statunitense Richard Buckminster Fuller, il primo ad aver introdotto la cupola geodesica come nuova forma architettonica. Durante le proprie ricerche, il gruppo di Smalley aveva messo a punto un dispositivo per generare clusters, microaggregati di atomi di metalli e semiconduttori, che venivano prodotti sparando un impulso di luce laser su una lamina dell’elemento in esame. La piuma di vapore caldo veniva raffreddata in un gas freddo che congelava i clusters man mano che si formavano, conservandoli per l’esame allo spettrometro di massa. Kroto volle utilizzare l’apparecchio sul carbonio per simulare in laboratorio la formazione di molecole a lunga catena di carbonio, i cianopoliini, aventi formula generale HC n N (n=3-13), la cui presenza era stata individuata nello spazio interstellare da segnali radioastronomici provenienti dall’atmosfera ricca di carbonio di alcune stelle giganti rosse. Ben presto gli studiosi si trovarono di fronte a un picco costante rappresentante 60 atomi di carbonio: la sua persistenza suggerì che si trattasse non di un cluster bensì di una molecola stabile, poiché normalmente i clusters si trasformano costantemente in altri aggregati o frammenti molecolari e perciò la loro massa varia ampiamente. Venne perciò avanzata l’ipotesi che la stabilità di questa nuova specie fosse dovuta a una geometria molecolare perfettamente simmetrica, coincidente con un icosaedro tronco (in pratica un pallone da calcio). Il C 60 è comunque solo il componente più importante della famiglia di molecole a gabbia chiusa chiamate fullereni, strutturalmente costituita da una rete di pentagoni ed esagoni. Tra le specie minoritarie di formula generale C 2n identificate in fase gassosa dalla vaporizzazione della grafite, il C 70 era la più abbondante dopo il C 60 , mentre i fullereni superiori erano

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Informazioni tesi

  Autore: Susanna Bosi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1997-98
  Università: Università degli Studi di Trieste
  Facoltà: Farmacia
  Corso: Chimica e Tecnologia Farmaceutiche
  Relatore: Maurizio Prato
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 65

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Parole chiave

antimicobatterici
bisaddotti
cromatografia
fullerene
sintesi organica

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