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Le metamorfosi delle sentenze interpretative di rigetto

La Corte costituzionale, più di ogni altro organo, è preposta a “vigilare” sulla legittimità dell’ordinamento giuridico, e proprio per questo svolge un continuo, capillare lavoro di esegesi delle disposizioni della Carta Fondamentale per verificare se il nostro sistema normativo rispecchia quei principi che sono già in essa contenuti.
In questo senso, "la Corte è l’organo maieutico della Costituzione, visto che spetta ad essa il compito di estrapolare le norme-significato dal testo-significante".
Tuttavia, per poter svolgere sempre meglio il suo compito di controllo della conformità a Costituzione della produzione normativa, la Consulta ha affinato i “mezzi” a sua disposizione e ha finito con l’esercitare la propria attività interpretativa non solo sui testi di rango costituzionale, ma anche su quelli di rango legislativo; attività, quest’ultima, in cui è concorrente con i giudici comuni.
Così è nata la categoria delle sentenze interpretative. Tra esse, quelle di rigetto meritavano un’attenzione particolare perché costituiscono uno degli strumenti più dibattuti, più contrastati di cui disponga la Corte, tanto più che qualche giurista, rilevandone (ingiustamente) l’inutilità, è arrivato ad auspicarne il declino. Simili prese di posizione sembrano non accorgersi che proprio questo strumento , più di ogni altro, consente alla Corte di porsi in un atteggiamento collaborativo coi giudici. Il giudice delle leggi infatti, con la pronuncia interpretativa di rigetto , pur sostanzialmente ritenendo la scelta normativa del giudice a quo non conforme ai parametri costituzionali, si riserva di non eliminarla per sempre dal sistema (operazione, questa, che potrebbe risultare poco gradita agli “altri” giudici), ma cerca di convincerlo a cambiar strada, suggerendogli la rotta.
Tale tipo di pronuncia non ha efficacia precettiva diretta; infatti la Consulta, "consapevole di non poter imporre la sua interpretazione con la 'ragione della forza', ricorre alla 'forza della ragione', tramite le argomentazioni utilizzate in motivazione".
Per queste particolarità che esse presentano, è nata quindi l’idea di dedicare il mio approfondimento alle sentenze interpretative di rigetto che il giudice delle leggi pronuncia in seguito alle impugnative incidentali.
Ma perchè la scelta, nel titolo della tesi, del termine “metamorfosi”?
Il termine, lungi dal suggerire l’idea di una categoria “predefinita”, sempre uguale a se stessa, è quello che meglio di ogni altro pone in luce la natura polimorfa di questo flessibile strumento che, a tratti, sembra addirittura perdere i suoi connotati caratteristici; ad esempio, quando la Corte, pur di “dire la sua parola” su scelte interpretative che, anche se non contrastanti con la Costituzione, ritiene erronee, addiviene a pronunce “correttive ”, inserendosi così in un’attività esegetica che in realtà sarebbe propria esclusivamente dei giudici comuni.
“Metamorfosi” è un termine che serve anche per evidenziare un percorso in parte cronologico, ma soprattutto logico, desumibile prima ancora che dal contenuto della tesi, dalla scansione del presente lavoro. Così, ripercorsa la genesi delle sentenze interpretative di rigetto (Capitolo Primo), ci si soffermerà sulle tappe più significative della loro trasformazione: l’uso, da parte della Corte costituzionale del c.d. “diritto vivente” (Capitolo Secondo), il problematico rapporto tra questo e l’interpretazione adeguatrice (Capitolo Terzo), il ricorso sempre più frequente a sentenze interpretative c.d. correttive (Capitolo Quarto). Nella parte conclusiva ci si è spinti fino a chiederci se è possibile riconoscere alle decisioni di rigetto interpretativo un’efficacia che travalichi del solo giudizio a quo.
Maggiori del previsto sono state, a riguardo, le difficoltà che ho riscontrato nel tentativo di catalogare l’ampio materiale dottrinale e giurisprudenziale a mia disposizione, A tal riguardo, pur dando credito anche a più di qualcuna delle pronunce dei decenni precedenti, la mia indagine è rivolta in particolare alle decisioni degli Anni Novanta, perché è proprio in tale periodo che sono intervenute le metamorfosi più rilevanti in argomento. Ma, pur con questa limitazione temporale, le sentenze erano moltissime, e ho trovato non solo difficoltoso, ma forse anche superfluo elencarle tutte; ho preferito pertanto lavorare sui casi esemplari (il maggior numero che mi è risultato possibile) segnalati dalla dottrina. Sia pure riletti criticamente, spesso attraverso chiavi interpretative del tutto personali.

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INTRODUZIONE La Corte costituzionale, più di ogni altro organo, è preposta a “vigilare” sulla legittimità dell’ordinamento giuridico, e proprio per questo svolge un continuo, capillare lavoro di esegesi delle disposizioni della Carta Fondamentale per verificare se il nostro sistema normativo rispecchia quei principi che sono già in essa contenuti. In questo senso, <<la Corte è l’organo maieutico della Costituzione, visto che spetta ad essa il compito di estrapolare le norme- significato dal testo-significante 1 >>. Tuttavia, per poter svolgere sempre meglio il suo compito di controllo della conformità a Costituzione della produzione normativa, la Consulta ha affinato i “mezzi” a sua disposizione e ha finito con l’esercitare la propria attività interpretativa non solo sui testi di rango costituzionale, ma anche su quelli di rango legislativo; attività, quest’ultima, in cui è concorrente con i giudici comuni. Così è nata la categoria delle sentenze interpretative. Tra esse, quelle di rigetto meritavano un’attenzione particolare perché costituiscono uno degli strumenti più dibattuti, più contrastati di cui disponga la Corte, tanto più che qualche giurista, rilevandone (ingiustamente) l’inutilità, è arrivato ad auspicarne il declino. Simili prese di posizione sembrano non accorgersi che proprio questo 1 A. SPADARO, Le motivazioni delle sentenze della Corte come “tecniche” di creazione delle norme costituzionali, in Nomos, 1993, 3, pag. 88.

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Informazioni tesi

  Autore: Silvia Forcolin
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2000-01
  Università: Università degli Studi di Ferrara
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Andrea Pugiotto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 116

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