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Il cuore e la mente della letteratura siciliana sulla mafia: Giuseppe Fava Vs Leonardo Sciascia

Cinque colpi di pistola, la sera del 5 gennaio del 1984, spegnevano a Catania una delle menti più brillanti e attive del giornalismo, della letteratura e del teatro siciliano: Giuseppe Fava, Pippo per gli amici. Trent'anni dopo quell'efferato omicidio di mafia, la Catania dei loschi interessi, del malaffare, dei centocinquanta omicidi l'anno, in parte non esiste più e in buona parte ha mutato pelle, metodi e obiettivi. Adesso non si spara più, e ancora meno si colpiscono i giornalisti, anche perché il giornalismo, e la letteratura di denuncia, sono oramai un lontano ricordo obliterato dal tempo, e dalla presenza di una pletora di media sempre meno pluralisti e sempre meno "guardiani del potere". Pippo Fava visse in un periodo dove in Sicilia un articolo "fastidioso" poteva costarti, nella migliore delle ipotesi, il posto di lavoro, e nella peggiore la vita, le sue coraggiose scelte lo condussero a subirle, purtroppo, entrambe. Prima regola: tacere dunque, ciò che, invece, Fava non è mai riuscito a fare sia per indole, sia per rispetto del suo amato lavoro di giornalista/scrittore, fino alla sua ultima intervista nel dicembre 1983 che, virtualmente, ne decretò la sua condanna a morte. Ma il giornalismo non fu per Fava l'unico strumento mediatico di denuncia, difatti, nonostante avesse profuso le sue energie migliori nel mondo dell'informazione, non limitò il suo estro creativo solamente negli "angusti" spazi dell'articolo su carta stampata, la sua produzione spaziò dalla letteratura a quella, ancora più vasta, teatrale, transitando dal drammaturgo, anche se per i media rimarrà sempre un mero giornalista controcorrente, ma nulla più. E anche per questo suo denso lavoro, che ha per fulcro quella Sicilia fatta di sudore, sangue e violenza, ciò che è diventato oggetto di tesi non è il Fava giornalista ma principalmente lo scrittore, che con i suoi romanzi/saggi, oltre a deliziarci con uno stile ammaliante, non perde occasione per descrivere e denunciare tutti i mali della sua terra, dove la rassegnazione, l'omertà, l'essere costretto a dover piegare sempre la testa, se non sono nell'indole del siciliano, lo sono adesso, artificiosamente, nella sua cultura, e da troppo tempo. Sarà un "girovagare" tra i suoi lavori letterari, che ci farà da prezioso anello di congiunzione per giungere, idealmente, "in casa" di un altro scrittore siciliano come Leonardo Sciascia, per un affascinante confronto di una letteratura - con indispensabili scorribande anche nella loro attività giornalistica-, che ha svolto uno dei suoi compiti più delicati e difficili come quello di denuncia. Ma come due rette parallele i due scrittori, su diversi punti, non s'incontreranno mai, anzi, saranno messi da me, metaforicamente, l'uno "contro" l'altro, in un "singolar tenzone" dove, a gettare il guanto della sfida, sarà proprio Pippo Fava che attacca, senza mezzi termini, lo scrittore icona della letteratura siciliana (mafiosa) come Sciascia, un'aspra critica sintetizzata in un articolo pubblicato sulla rivista I Siciliani: Sciascia Alien. Presumendo già dal titolo, e confermato dopo dalla lettura del suo caustico contenuto, avremo ancora più chiaro come per Fava, Sciascia, non rappresenti effettivamente quello scrittore di denuncia che tutti vogliono far credere, fino a meritarsi, addirittura, l'appellativo di intellettuale della mafia o mafiologo, epiteto che, peraltro, lo stesso scrittore, infastidito, sempre ripudiò. E, se ciò non bastasse, sempre nel medesimo articolo, lo scrittore aretuseo evidenzia come alcuni romanzi di Sciascia, se non sono una vera e propria apologia della mafia, sicuramente ne esaltano la sua intelligenza e astuzia, relegando in secondo piano le principali cause e la vera ragione del suo strapotere, usando, inoltre, la fredda mente per descrivere qualcosa dove bisognerebbe mettere il cuore e parlarne, possibilmente, ad alta voce e senza pleonastici panegirici.
Un intricante percorso rizomatico che, nel suo ramificarsi in molteplici direzioni, avrà, però, un'unica sorgente: la letteratura di denuncia analizzata da due prospettive diverse. Perché, difatti, se confronto/scontro deve essere, lo sarà anche al precipuo scopo di comprendere, attraverso l'analisi dei più importanti lavori letterali dei due autori siciliani, un fenomeno per nulla sopito come quello mafioso, iniziando da una critica che, se inizialmente potrebbe lasciare perplessi, in ogni caso ci darà, a una più mediata e meditata osservazione, preziosi spunti per numerosi rivoli di riflessioni che fluiranno proprio da questo parallelismo tra la fredda, illuministica, logica di Sciascia e il cuore e la passione di Fava. E, come anticipato, sarà una maniera diversa di raccontare e analizzare il medesimo fenomeno, ma , alla fine, anche un modo per comprendere se sia stato solo un caso, considerando i due scrittori quasi coetanei, che il secondo sia vissuto più a lungo del primo.

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5 Introduzione Cinque colpi di pistola, la sera del 5 gennaio del 1984, spegnevano a Catania una delle menti più brillanti e attive del giornalismo, della letteratura e del teatro siciliano: Giuseppe Fava, Pippo per gli amici. Trent’anni dopo quell’efferato omicidio di mafia, la Catania dei loschi interessi, del malaffare, dei centocinquanta omicidi l’anno, in parte non esiste più e in buona parte ha mutato pelle, metodi e obiettivi. Adesso non si spara più, e ancora meno si colpiscono i giornalisti, anche perché il giornalismo, e la letteratura di denuncia, sono oramai un lontano ricordo obliterato dal tempo, e dalla presenza di una pletora di media sempre meno pluralisti e sempre meno “guardiani del potere”. Pippo Fava visse in un periodo dove in Sicilia un articolo “fastidioso” poteva costarti, nella migliore delle ipotesi, il posto di lavoro, e nella peggiore la vita, le sue coraggiose scelte lo condussero a subirle, purtroppo, entrambe. La Catania di quegli anni era allineata sulla regola del silenzio informativo. Un silenzio minuzioso che calava su tutto quanto , anche la cosa più banale che disturbasse i padroni della città. 1 Pochi anni prima, Peppino Impastato, altro coraggioso giornalista di Cinisi, nato per puro caso il 5 gennaio, gli era toccata la stessa sorte di Fava. Con l’assassinio dei due giornalisti, il messaggio mafioso lasciava pochi margini a dubbi: anche i media dovevano sottomettersi alla nuova autorità delinquenziale costituita. E in Sicilia in buona parte si sottomisero. Prima regola: tacere dunque, ciò che, invece, Fava non è mai riuscito a fare sia per indole, sia per rispetto del suo amato lavoro di giornalista/scrittore, fino alla sua ultima intervista nel dicembre 1983 che, virtualmente, ne decretò la sua condanna a morte 2 . Ma il giornalismo non fu per Fava l’unico strumento mediatico di denuncia, difatti, nonostante avesse profuso le sue energie migliori nel mondo dell’informazione, non limitò il suo estro creativo solamente negli “angusti” spazi dell’articolo su carta stampata, la sua produzione spaziò dalla letteratura a quella, ancora più vasta, teatrale, transitando dal drammaturgo, anche se per i media rimarrà sempre un mero giornalista controcorrente, ma nulla più, non concedendo il dovuto spazio, e sufficiente agio culturale, a opere come “La violenza” (1969), “Cronaca di un uomo”(1966), “Il proboviro”(1972), “Gente di rispetto”(1975), “Passione di Michele” (1980), “Ultima violenza”(1982), non citando tanto altro 1 A. Roccuzzo , “Dopo che lo hanno ucciso”, in La maestra e il diavolo, Atti della giornata di studi dedicata a Giuseppe Fava ( Catania, 13 maggio 2002) , Catania,Agorà edizioni, p. 160 2 L' intervista Di Fava venne rilasciata ad Enzo Biagi il 28 dicembre del 1983 nel corso della trasmissione "Film Story - Mafia e Camorra , è possibile ascoltare la stessa all’indirizzo : "https://www.youtube.com/watch?v=1c9GIm9dceE

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Informazioni tesi

  Autore: Concetto Sciuto
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2014-15
  Università: Università Telematica Internazionale Uninettuno
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Nora Moll
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 168

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