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Il Popolo e la seconda richiesta di adesione della Gran Bretagna alla CEE

Nel 1967 la Gran Bretagna richiese per la seconda volta l’adesione alla Comunità Economica Europea, ma come era già avvenuto nel 1963, Charles de Gaulle, Presidente della Quinta Repubblica di Francia, pose nuovamente il suo veto all’ ingresso britannico.
Si trattò di una delle vicende più importanti della storia della CEE, che ebbe grande risalto nella stampa italiana in special modo nelle due testate del partito italiano della Democrazia Cristiana, “Il Popolo” e “La Discussione”. Queste diedero un notevole contributo al dibattito politico effettuando analisi molto accurate, incentrate sulla importanza dell’ adesione inglese per lo sviluppo della CEE, con riferimento al sicuro miglioramento delle condizioni economiche europee nell’ ambito del Mercato Comune, alla possibilità della creazione di una comunità per la cooperazione tecnologica europea, che era stata proposta dal ministro Fanfani al fine di eliminare il divario dagli USA, e al rilancio dell’ idea della integrazione politica in una Europa federale. Le loro analisi si incentrarono sulla maturazione politica e sociale della Gran Bretagna, sul ruolo propositivo fondamentale dell’ Italia, sulla ostruzione ideologica di stampo nazionalista di Charles de Gaulle ed infine sulla complicità della Germania federale.
Il 10 Novembre 1966 il Premier del governo inglese Harold Wilson annunciò alla Camera dei Comuni la volontà di compiere degli incontri esplorativi nelle capitali dei Sei Paesi membri della CEE, per confrontarsi con i rispettivi governi nazionali al fine di sondare le possibilità di successo di una richiesta di adesione britannica alla Comunità Economica Europea.
Nel corso dei mesi successivi si susseguirono gli incontri tra il Governo inglese e i rappresentanti dei governi dei Paesi aderenti al Trattato di Roma. Durante questi colloqui vennero analizzate le differenti posizioni politiche ed economiche relative a tutti gli ambiti comunitari, con lo scopo sia di cogliere le convergenze esistenti, sia di trovare le soluzioni alle divergenze che avrebbero potuto ostacolare il futuro inserimento della Gran Bretagna nella CEE. In questo ambito l’Italia svolse un fondamentale ruolo propositivo a sostegno della candidatura britannica evidenziando il nuovo approccio inglese alle istituzioni comunitarie e la grande dote di esperienza e innovazione che la Gran Bretagna avrebbe apportato a tantissimi settori economici del MEC. Il nuovo slancio europeista britannico non andava vanificato in quanto sarebbe divenuto valido sostegno per le politiche comunitarie intraprese dal governo italiano. A giudizio della stampa italiana la richiesta britannica non presentava ostacoli insuperabili, né di natura tecnica con riferimento al Trattato di Roma, né di natura politica ed economica per lo sviluppo del MEC: durante i negoziati ufficiali si sarebbe potuto provvedere alla ricerca di tutte le soluzioni che agevolassero la realizzazione dei necessari adeguamenti della Gran Bretagna alle norme ed alle disposizioni della CEE.
L’ ostacolo più importante da superare era individuato nelle perplessità di De Gaulle che la stampa italiana giudicava obiezioni intrise di nazionalismo ed espressione del progetto politico gollista dell’ Europa delle Patrie, all’interno della quale la Francia avrebbe assunto il ruolo guida di una Europa unita dall’ Atlantico agli Urali, una comunità in antitesi all’ ideale politico degli Stati Uniti d’ Europa, da sempre sostenuto dall’ Italia democristiana.
L’ 11 Maggio del 1967 la Gran Bretagna presentò ufficialmente la propria richiesta per l’ adesione alla CEE, nella speranza di una immediata apertura dei negoziati ufficiali. La strategia politica inglese, sostenuta anche dall’ Italia, si basava sulla convinzione che i “Cinque” Paesi aderenti alla CEE, ossia l’Italia, i Paesi del Benelux e la Germania federale, avrebbero influenzato la decisione della Francia gollista, perorando presso De Gaulle la validità e l’importanza dell’ ammissione britannica. Il governo inglese reputava la Germania federale la nazione dotata delle migliori “chances” per convincere il Generale, non soltanto perché legata alla Francia dal Trattato dell’Eliseo, ma soprattutto per i notevoli interessi politici ed economici esistenti tra i due Stati. Le aspettative britanniche vennero però deluse, poiché la Germania, nel momento in cui intuì che De Gaulle sarebbe rimasto fedele al proprio atteggiamento ostruzionistico nei confronti dell’ adesione della Gran Bretagna, bloccandone di fatto qualsiasi possibile esito favorevole, si preoccupò di incentrare la propria azione politica sul dialogo tra la Francia e i Cinque, per evitare il rischio di una crisi irrimediabile, che potesse compromettere l’esistenza stessa della CEE.

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I Tratto dal Cap 5 - La complicità della Germania La linea editoriale nei confronti della Repubblica Federale Tedesca andò di pari passo con lo sviluppo degli eventi. Sin dall’ inizio di tutta la vicenda politica, durante la gran parte degli avvenimenti la Germania venne lasciata sullo sfondo, quasi a mitigare il suo ruolo, che però venne sempre più preso in considerazione, fino a quando dopo il veto di De Gaulle, le venne imputato, anche se in modo non eccessivamente critico per paura di allontanarla dal blocco occidentale, di non essere completamente allineata con le scelte politiche del gruppo dei Cinque 1 . Il quotidiano “Il Popolo” tese ad evitare una critica diretta delle posizioni politiche del governo tedesco, limitandosi il più delle volte a riportare le reazioni della stampa estera in articoli di approfondimento politico; ma utilizzò un taglio giornalistico nei propri articoli, anche per quelli di semplice cronaca degli eventi, mirante a non compromettere la delicata situazione politica tedesca in Europa. Soprattutto dopo l’annuncioo di Wilson del Novembre 1966 e durante tutto il corso dell’anno successivo, il compito di commentare la politica della Germania venne “affidato”, in molti casi, alla stampa estera, in particolare a quella inglese, che biasimava la mancanza di un intervento diretto del governo tedesco teso a influire sulla decisione di De Gaulle. Nel periodo iniziale l’ attenzione fu rivolta a commentare il rapporto della Germania federale con la Francia, anche perché nella Repubblica federale tedesca c’ era stata di recente la nomina del nuovo cancelliere Kiesinger e del suo governo; era necessario vedere, sin gli esordi, la nuova impostazione che sarebbe stata data, rispetto al precedente governo Erhard, al rapporto con la politica di De Gaulle.La Germania venne semplicemente definita lontana e divergente dalle posizioni e dalle valutazioni della Francia riguardo la questione dell’ adesione inglese, come appare evidente nel seguente commento: Il silenzio ufficialmente sulla questione, pur centrale per l’ avvenire della comunità economica europea, della richiesta inglese di adesione, lascia trasparire evidenti divergenze di valutazione fra i due governi a questo proposito, solo in parte superate e attenuate dalla comune “simpatia” espressa per l’ iniziativa italiana di un “vertice” europeo, al quale viene esplicitamente demandata ogni decisione 2 . Tale era la convinzione sulla indipendenza politica tedesca che si giunse al punto di sostenere, sin dagli inizi del 1967, la tesi che sarebbe stato improbabile che la Repubblica Federale Tedesca non avrebbe respinto la tentazione di compiacere alle volontà antibritanniche del Generale 3 . 1 Cfr. Nota n.27 del Primo Capitolo 2 Cfr.“La Discussione” “Lo “spirito” del trattato di Roma ricostruito nell’ incontro di Parigi” n. 678 del 22/1/1967 pag. 7 3 Cfr.“Il Popolo” “Kiesinger a Parigi il 13 e il 14 gennaio” 8/1/1967 pag. 7

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Informazioni tesi

  Autore: Massimiliano Maiello
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2002-03
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Leopoldo Nuti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 199

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