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Debito pubblico e federalismo fiscale in Italia

La stabilità economica di un Paese discende, fortemente, da una efficiente gestione del debito pubblico. Difatti, gli economisti sono costantemente impegnati nella ricerca di soluzioni in grado di ridurre il livello del debito dello Stato. L’esperienza empirica colloca il debito pubblico tra le cause generatrici di recessioni, disoccupazione, inflazione, tassi di interesse elevati, deficit della bilancia dei pagamenti ed altre cagioni inadeguate dell’andamento del sistema economico.
Il presente lavoro di tesi mira a chiosare i meccanismi che portano alla formazione del debito pubblico; esplica la relazione tra variazioni del debito pubblico, livello iniziale del debito e livello corrente della spesa pubblica e delle imposte; studia il rapporto debito pubblico Prodotto Interno Lordo e l’evoluzione e le problematiche derivanti da un elevato debito, ovvero mostra in quali circostanze e per quali ragioni il debito può diventare un danno per l’economia; il principio che si vuole mettere in luce è che elevati disavanzi di bilancio e la conseguente formazione di debito possano frenare l’accumulazione di capitale, lo sviluppo degli investimenti e dell’occupazione, mettere a repentaglio la stabilità del sistema economico, aumentando il rischio di crisi finanziarie, rendere difficile condurre la politica monetaria e, più in generale, costituire un ostacolo per il mantenimento dell’Italia nell’Unione Europea.
Inoltre, si analizza il federalismo fiscale nelle sue svariate forme e si passa in rassegna la riforma del Titolo V della Costituzione e l’ambiguità del modello di perequazione delle risorse descritto nell’articolo 119 costituzionale e nel decreto legislativo numero 56 del 2000; ancora, si presentano metodologie ed ipotesi di ripartizione del debito pubblico tra le Regioni e gli effetti delle politiche di riequilibrio della finanza pubblica.
Infine, la convinzione secondo cui un fattore decisivo di squilibrio del bilancio pubblico fosse, da tempo, rappresentato dal deficit primario che si realizza nelle Regioni meridionali e che risulta ben più cospicuo degli avanzi che il settore pubblico consegue nel Centro – Nord, viene alquanto ridimensionata da accurati calcoli che includono le componenti di natura non specificamente fiscale del bilancio pubblico come i pagamenti per gli interessi sul debito pubblico, il rimborso ed il collocamento dei titoli di Stato; il risultato è ancor più eloquente se si esamina con attenzione il contesto italiano, caratterizzato da una marcata asimmetria nella distribuzione dei titoli del debito nelle diverse Regioni e da una ingente spesa per interessi.
Le metodologie di analisi adoperate nel presente lavoro sono di natura sia teorica che empirica; la struttura complessiva della tesi, peraltro, è corredata da numerosi quadri di approfondimento.

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11 Introduzione La stabilità economica di un Paese discende, fortemente, da una efficiente gestione del debito pubblico. Difatti, gli economisti sono costantemente impegnati nella ricerca di soluzioni in grado di ridurre il livello del debito dello Stato. L‟esperienza empirica colloca il debito pubblico tra le cause generatrici di recessioni, disoccupazione, inflazione, tassi di interesse elevati, deficit della bilancia dei pagamenti ed altre cagioni inadeguate dell‟andamento del sistema economico. Il presente lavoro di tesi mira a chiosare i meccanismi che portano alla formazione del debito pubblico; esplica la relazione tra variazioni del debito pubblico, livello iniziale del debito e livello corrente della spesa pubblica e delle imposte; studia il rapporto debito pubblico Prodotto Interno Lordo e l‟evoluzione e le problematiche derivanti da un elevato debito, ovvero mostra in quali circostanze e per quali ragioni il debito può diventare un danno per l‟economia; il principio che si vuole mettere in luce è che elevati disavanzi di bilancio e la conseguente formazione di debito possano frenare l‟accumulazione di capitale, lo sviluppo degli investimenti e dell‟occupazione, mettere a repentaglio la stabilità del sistema economico, aumentando il rischio di crisi finanziarie, rendere difficile condurre la politica monetaria e, più in generale, costituire un ostacolo per il mantenimento dell‟Italia nell‟Unione Europea. Inoltre, si analizza il federalismo fiscale nelle sue svariate forme e si passa in rassegna la riforma del Titolo V della Costituzione e l‟ambiguità del modello di perequazione delle risorse descritto nell‟articolo 119 costituzionale e nel decreto legislativo numero 56 del 2000; ancora, si presentano metodologie ed ipotesi di ripartizione del debito pubblico tra le Regioni e gli effetti delle politiche di riequilibrio della finanza pubblica. Infine, la convinzione secondo cui un fattore decisivo di squilibrio del bilancio pubblico fosse, da tempo, rappresentato dal deficit primario che si realizza nelle Regioni meridionali e che risulta ben più cospicuo degli avanzi che il settore pubblico consegue nel Centro – Nord, viene alquanto ridimensionata da accurati calcoli che includono le componenti di natura non specificamente fiscale del bilancio pubblico come i pagamenti per gli interessi sul debito pubblico, il rimborso ed il collocamento dei titoli di Stato; il risultato è ancor più eloquente se si esamina con attenzione il contesto italiano,

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Informazioni tesi

  Autore: Pasquale Ferrillo
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze economico-aziendali
  Relatore: Adriano Giannola
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 154

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Parole chiave

art 119 costituzione
avanzi e disavanzi di bilancio
barro
capacità fiscale
cattoir e docquier
contabilità intergenerazionale
debito pubblico
debt sharing
decreto legislativo 56/2000
dréze
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equivalenza ricardiana
fabbisogno finanziario
federalismo fiscale
federalismo integrale
perequazione
pil
rapporto debito/pil
redistribuzione del debito
residuo fiscale
residuo fiscale finanziario
titolo v costituzione
vincolo di bilancio del governo

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