Le identità nell'azione performativa

“Trarre il raggio dall’ombra, o gran lavoro!” Ermete Trismegisto

Questo lavoro racconta il percorso performativo svolto durante il corso di studi in Arte per la Terapia, presso l'Accademia di Belle Arti di Roma.

Un percorso in divenire, aperto, dove la performance è usata come mezzo, non come fine, per presentare la parte più profonda della coscienza e della realtà: l'espressione artistica e la vita possono interagire in maniera inestricabile, come fossero collegati assieme da un filo rosso invisibile.

Un lavoro di un anno, svolto insieme al Professore Vitaldo Conte che, come in un viaggio, si è fermato di volta in volta per manifestarsi in vari luoghi che diventano atelier e musei d'arte, case di riposo.
La Mondrian Suite, l'Atelier Montez e la Galleria Core di Roma, il Museo Civico Archeologico di Anzio, la Residenza Villa Sutri ed il Complesso Archeologico dell'Antichissima Città di Sutri sono state le sedi principali di questa esplorazione performativa.

Un percorso teso a liberare quella parte di me che mi è stata assegnata, perché a livello inconscio la mia formazione si deve a un insieme di fantasie estranee che mi sono state trasmesse attraverso condizionamenti di vario tipo.
Forme performative che hanno dato importanza alla concretezza del corpo, al respiro, alla parola, al colore, alla carta, allo sguardo, all'eros, al desiderio, al cuore, alla vita ed alla morte.

Il mio obiettivo non è stato quello di interpretare personaggi, ma di tentare di agire cercando di abbandonarmi a forze che potrei definire naturali, con l'intento di creare un'azione interiore che sia l'incarnazione di pensieri puri e della volontà di agire senza influenza. Vuol esser un evento spontaneo, in cui la libertà interiore trova assoluta espansione.

Un percorso teso ad indagare l'archetipo del doppio, una realtà fondamentale dell'uomo, con l'obiettivo di arrivare alle forze forti, che rientrano nelle leggi naturali del micro e del macrocosmo e che condizionano normativamente la vita.
Il doppio è una forza forte ed attraverso le azioni ho cercato di trasformare il conflitto che avvertivo in una dialettica di comprensione. Tale fenomeno si è manifestato gradualmente, in quanto cercavo l'opera totale, la fusione di arte e vita: fino a quando mi sono accorta che si trattava di un processo di avvicinamento all'archetipo del doppio.
L'archetipo, utilizzato come strumento di approfondimento, aiuta, attraverso l'identificazione con l'immagine, a comprendersi interiormente, in modo cosciente e incosciente e, attraverso questa presa di coscienza, poter svegliare ed esprimere le energie dell'archetipo stesso. Calarmi nella parte più oscura di me è stato doloroso, ma necessario per iniziare un percorso di cambiamento.