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Coltivazione, miglioramento genetico, utilizzo in gastronomia, valutazione agronomica e organolettica di Capsicum spp.

Il genere Capsicum appartiene alla famiglia delle Solanaceae, come altre importanti piante coltivate, quali pomodoro, patata, melanzana, tabacco e petunia. Il termine sembra derivare dal Latino capsa che significa “cassetta”, “custodia” e descrive perfettamente il frutto del peperoncino: una piccola scatola con all’interno la placenta, sulla quale sono posizionati i semi. Il termine potrebbe anche derivare dal Greco, kapto, che significa “pungere”: la piccantezza è infatti una delle caratteristiche del genere, anche se una singola mutazione è responsabile della perdita della capacità di produrre capsaicinoidi, le molecole che conferiscono questo carattere. Il peperoncino è originario dell’area centrale del Sudamerica (Bolivia); incisioni rupestri, risalenti al IX e X secolo d.C., rinvenute sulle Ande, testimoniano che in queste zone erano conosciute e domesticate diverse specie appartenenti al genere Capsicum. Altri autori sostengono che il centro di origine sia il Messico dove, ancora oggi, le popolazioni indigene utilizzano specie con bacche piccole e piccanti.
Aromi, vitamine e colori partecipano al fascino del peperoncino. La composizione è diversa in funzione della specie, della cultivar, delle condizioni di coltivazione e allo stadio della raccolta. È per questo che la variabilità genetica viene conservata e considerata un bene prezioso dai produttori interessati alla coltura: le diverse varietà non sono assolutamente interscambiabili. I composti più importanti sono i carotenoidi, che contribuiscono al colore del frutto e hanno un importante ruolo nutrizionale, e i capsaicinoidi, alcaloidi che conferiscono piccantezza.

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3 Capitolo 1. Introduzione 1.1 Etimologia del nome, origine e principali note botaniche Il genere Capsicum appartiene alla famiglia delle Solanaceae, come altre importanti piante coltivate, quali pomodoro, patata, melanzana, tabacco e petunia. Il termine sembra derivare dal Latino capsa che significa “cassetta”, “custodia” e descrive perfettamente il frutto del peperoncino: una piccola scatola con all‟interno la placenta, sulla quale sono posizionati i semi. Il termine potrebbe anche derivare dal Greco, kapto, che significa “pungere”: la piccantezza è infatti una delle caratteristiche del genere, anche se una singola mutazione è responsabile della perdita della capacità di produrre capsacinoidi, le molecole che conferiscono questo carattere. Il peperoncino è originario dell‟area centrale del Sudamerica (Bolivia); incisioni rupestri, risalenti al IX e X secolo d.C., rinvenute sulle Ande, testimoniano che in queste zone erano conosciute e domesticate diverse specie appartenenti al genere Capsicum. Altri autori sostengono che il centro di origine sia il Messico dove, ancora oggi, le popolazioni indigene utilizzano specie con bacche piccole e piccanti. Il viaggio di Cristoforo Colombo e le successive spedizioni dei Conquistadores in America hanno permesso la diffusione del peperone in Europa, Asia e Africa. Colombo denominò erroneamente la nuova spezia “pepe” in quanto ricordava la piccantezza del Piper nigrum al quale il peperone non è filogeneticamente correlato. Peter Martyr (Anghiera, 1493) scrisse che il “pepper” di Colombo era “più piccante di quello del Caucaso”: l‟assunzione che fosse un nuovo tipo di pepe nero ha incentivato la rapida introduzione della spezia nelle tradizioni culinarie locali. Contrariamente all‟opinione comune, il peperoncino non viene dall‟India o dalla Cina. L‟errata convinzione che il peperoncino sia nativo dell‟India è un elemento fondamentale per comprendere uno dei più grossi pasticci della storia. Nativo dell‟India invece era il pepe nero (Piper nigrum). Colombo partì verso Ovest, nel 1492, e finì nei caraibi. Ma era convinto di aver raggiunto la sua destinazione, l‟India, e raccontò di aver sentito l‟odore del fiume Gange. Il suo medico di bordo scrisse ai reali spagnoli di aver scoperto il nativo “ pepe indiano”. Successivamente lo stesso Colombo scrisse: “ scoprii che la terra produceva molto ajì, che è il pepe dei suoi abitanti, è molto più prezioso del tipo comune (pepe nero); lo considerano molto sano e non mangiano niente senza di esso. Nella sua circumnavigazione del globo, il peperoncino si è evoluto in un numero strabiliante di specie e varietà diverse, assumendo nuove intensità e nuove forme di piccante, a seconda del suolo, delle precipitazioni e della temperatura. Nelle isole dei Caraibi gli indiani chiamavano il peperone “aji”, termine ancora oggi impiegato nella lingua Aymara tipica delle Ande del Perù e della Bolivia. Gli indiani del Messico utilizzano il termine “chili”; gli Andini del Perù con “uchu” indicano i frutti raccolti sulle piante selvatiche. Nel Vecchio Mondo sono nate diverse espressioni per denominare le spezie a base di peperone, importate dalle Americhe: “Pepe Indiano”, “Pepe di Calicut”, “Pepe di Guinea”, “Pepe di Cayenna”, “Pepe del Brasile”. Tra i vari termini, “Pepe dei poveri” esprime bene il fatto che questa pianta ha reso democratico l‟uso delle spezie, fino ad allora destinate alle tavole dei nobili e dei ricchi. Oggigiorno il genere Capsicum ha una vasta dispersione geografica che va dalla cintura intertropicale alle latitudini del Nord Europa, ciò lo rende suscettibile a un gran numero di patogeni. Gli Oomyceti, i nematodi e i virus trasmessi da afidi sono i principali responsabili delle perdite di produzione della coltura in tutto il mondo. 1.2 Classificazione di Capsicum spp In base alla più recente classificazione, il genere Capsicum appartiene al: Regno Plantae Divisione Magnoliophyta Classe Mognoliopsida Ordine Solanales

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Informazioni tesi

  Autore: Giuseppe Salvatore Paladino
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Parma
  Corso: Scienze e tecnologie agrarie, agroalimentari e forestali
  Relatore: Andrea Fabbri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 38

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Parole chiave

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scienze gastronomiche
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capsicum spp
miglioramento genetico peperoncino
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