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Il movimento Sem Terra e il governo Lula, cosa è cambiato dopo la grande vittoria del PT

Il MST - Movimento dos Trabalhadores sem Terra è un'istituzione relativamente recente, ma da sempre ha avuto un obiettivo ben chiaro: la riforma agraria. In un paese dove la concentrazione della proprietà della terra va sempre accentuandosi, spesso in modo illegale e violento, a scapito dei piccoli produttori, il MST gioca un ruolo molto importante all'interno della società. Non solo infatti si occupa prettamente di riforma agraria, ma cerca di far recuperare un posto in una società più giusta a tutti quegli "esclusi" che della società non fanno parte.
Fino alla vittoria del governo Lula il movimento è sempre stato apertamente osteggiato dalle autorità. Ora la vittoria di un governo riformista ha dato molte nuove speranze al Movimento.

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5 1 - DALLE COLONIE A LULA PRESIDENTE Il punto di partenza per il Brasile è costituito dallo statuto coloniale. Il paese non è nato come nazione ma come colonia. Tutte le attività produttive ruotavano intorno all’agricoltura e al commercio, mentre era in pratica assente il settore industriale. Il latifondo produceva per esportare e il prodotto cambiava in accordo con gli interessi della madrepatria. La terra in questo paese cominciò a subire un processo di privatizzazione intorno al 1500. I 5 milioni di indigeni che, suddivisi in circa 200 popoli diversi, abitavano il Brasile in epoca precolombiana praticavano la proprietà comune della terra. I conquistatori portoghesi, invece, occupate enormi distese di territorio, misero tutto nelle mani della corona. Ed il re del Portogallo non poteva fare altro che offrire la terra ai suoi più fedeli servitori, i potenti e i ricchi di quel periodo. Per questo, le prime terre distribuite erano conosciute come sesmarias (o capitanerie ereditarie). Il destino della terra, da allora e per tutto il periodo coloniale, rimase nelle mani della monarchia di Lisbona, che favorì varie forme di monocoltura destinate all’esportazione: canna da zucchero, caffé, cacao, cotone. Con il crollo di questo sistema nel 1822, anno di dichiarazione di indipendenza dal Portogallo, il paese rimase senza nessuna legislazione sulla proprietà della terra, provocando una rapida crescita dei piccoli agricoltori. Alla metà del XIX secolo cominciò a declinare il sistema schiavista. La questione agraria comincia ora, quando la stato brasiliano, nel secolo XIX, per le pressioni di alcuni settori dell’élite e soprattutto delle grandi potenze dell’epoca, che volevano espandere il loro mercato (cosa impossibile con la schiavitù, in quanto lo schiavo non compra), decise di abolire la tratta degli schiavi (1850). Abolire la schiavitù significava, a quel tempo, dato che il governo era nelle mani dei grandi fazendeiros (latifondisti), creare un serio problema per la grande proprietà, per gli stessi fazendeiros. La domanda che a ragione i latifondisti si ponevano era: “chi lavorerà le terre quando finirà la schiavitù?” Il regime di proprietà in vigore all’epoca era quello delle sesmarias, abolito nel 1822, qualche mese prima dell’indipendenza. Dopo l’abolizione, non fu immediatamente sostituito da un nuovo diritto di proprietà. In pratica continuava ad esistere, anche se il governo non faceva nuove concessioni di sesmarias. Se il sistema delle sesmarias fosse

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Informazioni tesi

  Autore: Lorenzo Santi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Corso: Scienze e tecnologie agrarie, agroalimentari e forestali
  Relatore: Andrea Ssegrè
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 64

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