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Lo smaltimento dei farmaci scaduti per termodistruzione

Stefano Pagnin

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Questo studio fatto nel 1998 è il risultato di un anno e più di lavoro sperimentale per la tesi della mia laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, e raccoglie dati ed esperienze del Laboratorio Chimico del Servizio Chimico Ambientale dell’Azienda Municipalizzata Nettezza ed Igiene Urbana di Padova, dove lavoro come Perito Chimico dal 1989. C’è qualcosa di più schizofrenico che studiare come fabbricare farmaci per più di dieci anni e poi fare una tesi di laurea su come si distruggono?
In realtà questo lavoro tanto schizofrenico non è, e prende in esame un aspetto spesso trascurato della produzione, cioè che fine fa il prodotto quando non serve più e diventa un rifiuto. All’epoca il farmaco scaduto, pur essendo prodotto in notevole quantità da strutture sanitarie, farmacie, gli stessi cittadini, viveva in una specie di “limbo” in cui non si sapeva bene come dovesse essere raccolto, classificato e smaltito, e l’entrata in vigore del n D.Lgs. n.22 del 5/2/1997, meglio noto come “Decreto Ronchi” non è che avesse chiarito molto come trattare questo particolare tipo di rifiuto…
L’approccio sperimentale adottato, a distanza di anni, mantiene ancora la sua validità, e potrebbe essere utilizzato in impianti simili al nostro e dotati di tutte le caratteristiche del caso (autorizzazioni, controllo dei conferimenti, personale tecnico in grado di eseguire le prove e laboratori attrezzati) per studiare l’impatto dello smaltimento per termodistruzione di altre tipologie di rifiuti. Questo è anche uno dei motivi che mi hanno spinto a pubblicare la mia tesi su questo sito.
Buona consultazione!

Stefano Pagnin

Luglio 2007