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Biodiversità e biogeografia dei molluschi marini italiani: modelli di analisi a fini conservazionistici

La biologia della conservazione è una “disciplina di crisi” nata per contrastare la “sesta estinzione di massa” della storia terrestre. Per una effettiva comprensione degli obbiettivi della biologia della conservazione viene svolta una breve analisi dei concetti di biodiversità, conservazione e protezione. La maggior parte delle specie descritte è concentrata nelle foreste tropicali. In questi biomi, le attività umane determinano un tasso di estinzione stimato dello 0,4-1,2% annuo (20-30.000 specie/anno). I finanziamenti e le altre risorse destinati alla protezione della biodiversità sono insufficienti a contrastare questo fenomeno, quindi, è indispensabile predisporre delle strategie per ottimizzare le ricerche e gli interventi. A questo scopo è particolarmente importante la strategia delle “hotspots” che consiste nell’individuazione e nella protezione di zone di particolare interesse ecologico. Esistono vari tipi di hotspots che considerano: la ricchezza specifica assoluta, la ricchezza di specie endemiche o la ricchezza di taxa filogeneticamente peculiari. In tutti i casi citati, l’obbiettivo è la definizione di zone a massima ricchezza specifica. Il problema di come individuare le hotspots e della irregolare distribuzione della ricchezza specifica viene esaminato considerando uno studio ad ampio raggio sulla malacofauna marina italiana. Tale studio evidenzia il noto problema della correlazione tra ricchezza specifica e sforzo di campionamento, e propone dei metodi per evitare che questa correlazione renda inattendibili i risultati. A partire da questa ricerca viene svolta una analisi critica dei vantaggi e degli svantaggi degli interventi conservazionistici incentrati sulla strategia delle hotspots. In questo ambito è rilevato un problema fondamentale: limitarsi a proteggere le aree più ricche di specie si concilia difficilmente con la conservazione della maggior parte delle specie “critiche”. Queste ultime sono identificate in base al loro enorme impatto sui processi di comunità e/o sull’ecologia delle popolazioni umane. A livello operativo, una specie critica si identifica in due modi: 1) quando al suo riguardo è documentato almeno uno dei seguenti effetti: “keystone”, “umbrella”, “flagship” e “indicatore”; 2) quando è di rilevante e documentata importanza economica. Programmi di conservazione effettivamente mirati alla protezione di molte specie di questa particolare categoria sono attualmente operativi. E’ tuttavia necessario che tali programmi siano potenziati ed estesi a tutte le specie critiche (le quali sono una piccolissima proporzione del totale delle specie descritte). La combinazione tra questi programmi specificamente mirati e strategia delle hotspots permette di ottimizzare in modo effettivo le iniziative di protezione della biodiversità.

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6 1 - CONSERVATION BIOLOGY Biologia della conservazione o protezione della biodiversità? Definizione La conservation biology è “lo studio e la protezione della biodiversità”. Essa rappresenta “la risposta della comunità scientifica alla crisi della biodiversità”. La parola “crisi” è riferita alla attuale fase di estinzione di massa, “la peggiore dalla scomparsa dei dinosauri circa 65 milioni di anni fa” (Meffe & Carroll 1997b). Un problema di traduzione Nelle discipline biologiche il termine inglese “conservation” descrive il mantenimento dei processi evolutivi, cioè, il rimuovere gli ostacoli ai cambiamenti che rientrano nella dinamica degli ecosistemi (Meffe & Carroll 1997b). Il termine “conservation” è utilizzato in contrapposizione a “preservation” che è il semplice mantenimento dello status quo. L’uso di questa terminologia ha lo scopo di separare i conservation biologists dagli ambientalisti preservazionisti e dagli animalisti (Meffe & Carrol 1997b; Templeton 1997d). Attualmente sembra affermarsi la traduzione di “conservation biology” in “biologia della conservazione”. Poiché in italiano, l’uso comune della parola conservazione implica spesso un significato di “rimanere alla condizione originaria”, questa possibile traduzione rischia di essere interpretata in antitesi al significato corretto ed originario. Da un punto di vista operativo, mantenere i complessi (ed in parte ancora ignoti) processi evolutivi significa proteggere la biodiversità o, se si vuole semplificare ulteriormente, contrastare attivamente le estinzioni. Per questo, una corretta traduzione di conservation biology potrebbe essere “protezione della biodiversità”. In mancanza di una traduzione accademica chiaramente affermata in questa sede si utilizzeranno indifferentemente le due traduzioni “biologia della conservazione” e “protezione della biodiversità”.

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Informazioni tesi

  Autore: Filippo Bassignani
  Tipo: Tesi di Dottorato
Dottorato in Biologia Animale
Anno: 2001
Docente/Relatore: Daniele Bedulli
Istituito da: Università degli Studi di Bologna
Dipartimento: Dip. di Biologia Evoluz. e Sperim.
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 161

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Parole chiave

biodiversità
biogeografia
macroecologia
malacofauna
biologia animale
protezione della biodiversità
biologia della conservazione
molluschi marini

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