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La musica futurista in Lacerba

Manifesto dei musicisti Futuristi, contro il grazioso in musica

Nel teatro italiano del primo decennio del novecento, ormai cento anni fa, l’identità artistica muta drammaticamente, l’editoria è avviata verso gestioni decisamente commerciali adattandosi ad un mercato sempre più ampio e diversificato. Un regime di maggiore libertà impone agli artisti nuove inedite responsabilità.
Lo sapeva bene F.B. Pratella che dopo quasi due anni dal Manifesto di fondazione lanciato da Marinetti (20-II-1909), firma il manifesto dei musicisti futuristi (11-X.-1910). Si rivolge ai giovani, solo ad essi, necessariamente assetati di cose nuove, presenti e vive. Costruisce una panoramica musicale Europea dalla Germania di Wagner e Strauss alla Russia di Mussorgski, dalla Finlandia di Sibelius alla Francia di Debussy, tutta tesa all’innovazione, che pur rimanendo nel barocchismo strumentale, nel primitivismo equilibrato, pur galleggiando in melodie tenui e trasparenti, attraverso l’elemento poetico musicale nazionale, si sforza di combattere e superare il passato con ingegno innovatore, crescendo verso una libertà armonica e ritmica che ne fa dimenticare la tradizione.
In Italia per colpa dell’impotenza dei maestri ancorati al passato pullulano illustri deficienze nei conservatori e nelle accademie. Essi si ostinano a combattere qualsiasi sforzo ad allargare il campo musicale e i giovani ingegni vengono lasciati a marcire, succubi dei grandi editori che si assumono la tutela dei gusti del pubblico rievocando il nostro preteso monopolio della melodia e del bel canto. Con la complicità della critica, il mercato la fa da padrone.
Suona certo fresca la parola Futurismo, e ribelle il proclama Arte è disinteresse, eroismo, disprezzo dei facili successi. Io dispiego all’aria libera e al sole la rossa bandiera del Futurismo, chiamando sotto il suo simbolo fiammeggiante quanti giovani compositori abbiano cuore per amare e per combattere, mente per concepire, fronte immune da viltà. Ed urlo la gioia di sentirmi sciolto da ogni vincolo di tradizione, di dubbi di opportunismo e di vanità.
Invitando i giovani a disertare i licei, i conservatori e le accademie, e a fondare una rivista musicale indipendente avversa ai criteri dei professori dei conservatori, Pratella aveva dalla sua parte, sotto la bandiera del futurismo, i massimi centri intellettuali del mondo; e per liberare la propria sensibilità da ogni imitazione del passato dice, bisogna distruggere il pregiudizio di una musica “fatta bene”, trasformare i libretti d’opera e provocare nei pubblici un’ostilità sempre crescente contro le esumazioni di opere vecchie che impediscono l’apparizione di maestri novatori, ritenendo un onore l’ingiuria e l’ironia dei moribondi e degli opportunisti.
La situazione di allora non sembra tanto diversa da oggi, non sono bastati i futuristi con le loro bandiere e nemmeno le neoavanguardie più recenti, due guerre hanno saputo cancellare pagine intere di avanzamento filosofico e anche se dagli anni cinquanta ai settanta si sono sbizzarriti i più grandi geni della musica e dell’arte in generale, essi sembrano appartenere ad un mondo diverso e lontano, dove il popolo non può entrare (o non vuole entrare); la musica di Sylvano Bussotti o di Karlheinz Stockhausen, definita “ al di là delle frontiere” non appartiene più al popolo, o al pubblico, cosa indispensabile per un arte che dal settecento diviene sempre più massificata, per merito di ciò che la guerra ha saputo cancellare: l’identità filosofica popolare. Quella ricerca nel microcosmo sonoro che rende gli artisti scienziati, rivelatori di verità, tipica del romanticismo, non è più oggi necessaria né è vista come fonte rivelatrice dopo essere stati di fronte alla crudeltà della guerra, alla verità della morte e alla fame; il verismo sociale e poi il neorealismo saranno invece i portabandiera del popolo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La musica futurista in Lacerba

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Informazioni tesi

  Autore: Matteo Maienza
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi della Tuscia
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere Moderne
  Corso: Lettere
  Relatore: Francesca Petrocchi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 76

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