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Vittorio Emanuele III e Mussolini: una diarchia tra apparenti successi e contrasti nascosti. La questione balcanica.

Le mire espansionistiche del regime e lo scetticismo della Corona

Nel movimento fascista fu sempre presente, fin dalle origini, una forte componente nazionalistica. Tale componente era profondamente connaturata alla prassi e all’ideologia del fascismo, che doveva parte del suo successo al fatto di presentarsi come il paladino della riscossa nazionale e che, una volta giunto al potere, continuò a proporsi come il restauratore delle glorie di Roma antica e a servirsi della propaganda nazional-patriottica come strumento di aggregazione del consenso. Fino ai primi anni '30, le aspirazioni imperiali del fascismo, tuttavia, rimasero vaghe e spesso contraddittorie: la richiesta, mai precisata nei dettagli, di un nuovo equilibrio mediterraneo più favorevole all’Italia si tradusse, più che in una coerente direttiva di politica estera, in una generica e ricorrente polemica contro le democrazie «plutocratiche», contrapposte, secondo una formula già cara ai nazionalisti, all’Italia «proletaria», ricca di popolazione ma povera di risorse. Dalla retorica coloniale si passò ai fatti a partire dal 1935-1936, allorché Mussolini, dopo l’invasione militare dell’Etiopia e l’entrata in Addis Abeba delle truppe italiane comandate dal maresciallo Badoglio, poteva annunciare (con il famigerato discorso del 9 maggio 1936), «la riapparizione dell’Impero sui colli fatali di Roma» e offrire al sovrano la corona di imperatore d’Etiopia. Già in quella occasione, le «esternazioni» di Vittorio Emanuele III contrarie all’impresa etiopica erano state all’inizio reiterate: fin dalle prime mosse del duce, il re si mostrò impressionato per il pericolo di guerra con l’Abissinia, temendo di «impantanarsi in deserti ed avventure africane».
In effetti, le dinamiche diarchiche che, come abbiamo visto, non senza forme di dissenso e malintesi, avevano trovato una sistematizzazione dal punto di vista teorico ed istituzionale, si dispiegano nella pratica mettendo in luce fasi di avvicinamento così come di contrasto fra i due poli del sistema.
Tra la fine degli anni ’30 e l’inizio degli anni ’40, dunque, il delicato gioco di equilibri tra il re e il duce ha modo di attuarsi, in concreto, sul terreno della politica di espansione coloniale fascista. È chiaro che, a partire dal maggio-giugno 1940, le logiche di «normale» funzionamento dell’apparato istituzionale risultano inevitabilmente alterate dallo stato d’eccezione bellico; tuttavia, non è scopo coerente con questo studio impegnarsi a decifrare le politiche di guerra dell’Italia fascista, per quanto risulti evidente anche in prima battuta e a occhio profano che esse sono sicuramente legate a doppio filo con l’immagine e le prerogative della Corona, così come, nelle sue fasi conclusive, con il drammatico risolversi della diarchia e con i futuri destini della dinastia regnante.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Vittorio Emanuele III e Mussolini: una diarchia tra apparenti successi e contrasti nascosti. La questione balcanica.

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Informazioni tesi

  Autore: Violetto Gorrasi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Letteratura italiana e comunicazione dei mass-media
  Relatore: Paolo Mattera
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 76

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Parole chiave

fascismo
mussolini
diarchia
balcani
vittorio emanuele iii

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