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Primi studi nell'applicazione della tecnologia al plasma nella sterilizzazione di alimenti contaminati da funghi e batteri

Il consumo di pistacchi: problematiche igienico - sanitarie

I pistacchi sono originari di una vasta zona dell’Asia minore ed oggi sono prodotti prevalentemente nelle zone mediterranee e nell’ovest asiatico in paesi quali Afghanistan, Iran, Iraq e Turchia. Il pistacchio è la drupa di Pistacia vera. È un frutto carnoso con epicarpo e mesocarpo che costituiscono il mallo. Il seme sgusciato e pelato è composto per il 50-60% da acidi grassi (prevalentemente acido oleico, linoleico e palmitico) e per il 20% da proteine. Un mese o più prima della maturità il guscio si apre parzialmente dentro il mallo esterno. Tale involucro resta sostanzialmente intatto, ma talvolta si può dividere sia per il processo di crescita naturale sia prematuramente. Durante la fase di divisione dell’involucro esterno, i pistacchi sono maggiormente suscettibili alla contaminazione con spore di Aspergillus flavus e A. parasiticus, potenziali produttori di aflatossina B1 (AFB1).
Un’apertura prematura, dovuta ad esempio a danni causati da attacco di insetti, è associata ad un rischio più alto di contaminazione da aflatossine. Differenti cultivar di alberi di pistacchio sono coltivate in diverse regioni.
In Iran, Afghanistan e Iraq si coltivano cultivar caratterizzate da grosse noci con gusci che sono relativamente soggetti ad un’apertura prematura, inoltre, i fattori climatici caratteristici di queste zone sono un altro elemento favorente.
Le aflatossine sono un gruppo di micotossine prodotte da alcuni funghi appartenenti alla classe degli ascomiceti del genere Aspergillus, in particolare del ceppo Aspergillus flavus, (ubiquitario, diffuso nei climi temperati) e Aspergillus parasiticus (maggiormente diffuso nei climi subtropicali e tropicali).
Il termine aflatossina è stato introdotto nel 1962 per indicare il principio tossico della farina di arachide inquinata da Aspergillus flavus. Finora ne sono state identificate diciotto isoforme diverse distinguibili tra loro dal punto di vista molecolare per piccole differenze nei sostituenti che le caratterizzano; le più frequenti ritrovate come contaminati naturali sono le forme B1, B2, G1, G2 e i loro derivati metabolici M1 e M2. Mentre le forme B sono prodotte sia da Aspergillus flavus che da Aspergillus parasiticus, le G sono prodotte solo dal secondo.
L’aflatossina M1 ha una struttura chimica simile alla B1 (sostituzione di un radicale H in OH). Tra le aflatossine quella più diffusa e considerata più tossica è l’aflatossina B1 poiché è in grado di essere metabolizzata dall’organismo animale mantenendo quasi inalterate le caratteristiche tossiche, contaminando sotto forma di AFM1 il latte e i suoi derivati.
L’AFB1 è il più potente cancerogeno epatico (epatocarcinoma) conosciuto per i mammiferi; per l’uomo però l’aspetto più preoccupante è legato alla contaminazione da AFM1 che ha comunque una potenza cancerogena inferiore di circa dieci volte rispetto a quella di AFB1.
La IARC (International Agency on Research on Cancer) ha classificato le aflatossine B1, G1, M1 nel gruppo 1: cioè quello delle sostanze sicuramente cancerogene per l’uomo (IARC, 1993).
Riuscire ad ottenere un campione rappresentativo di pistacchi per la determinazione della contaminazione da aflatossine è particolarmente difficile, dato che è stato verificato che l’incidenza della contaminazione fungina riguarda un numero molto basso di pistacchi, in un ordine che va da 1 ogni 10000 a 1 su 30000 (e più). Ciò significa che in 30 kg di campione può essere contenuto un singolo pistacchio contaminato; d’altra parte i frutti di pistacchio possono contenere un livello di aflatossine decisamente alto, nell’ordine di 1000000 ng; per tale motivo da un singolo frutto contaminato può derivare una contaminazione media di circa 33 μg/kg di prodotto, considerando come unità base, come consigliato dalla Comunità europea, 30 kg di prodotto.
I pistacchi sono utilizzati in un numero rilevante di processi produttivi alimentari attraverso delle trasformazioni che vanno dall’arrostimento alla salatura con o senza colorazione rossastra per arrivare alla fornitura di ingredienti base per l’industria alimentare e dolciaria.
Un’indagine che copre il periodo che va dal 2000 al 2006 mostra che nel 44% dei campioni di pistacchio commercializzati sul territorio europeo i livelli di aflatossine sono superiori al limite di rivelazione e nel 15,4% dei casi sono superiori a 10 μg/kg, raggiungendo concentrazioni anche decisamente elevate (Gilli et al., 2010).
Il Regolamento comunitario 165/2010 del 26 febbraio 2010 stabilisce quali sono i limiti di contaminazione per “Mandorle, pistacchi e semi di albicocca destinati al consumo umano diretto o all’impiego quali ingredienti di prodotti alimentari”: 8 μg/kg per l’aflatossina B1 e 10 μg/kg per le aflatossine totali calcolate come somma della aflatossine B1, B2, G1 e G2.
Durante il 2007 sono state censite dal RASFF (Rapid Alert System for Food and Feed) 176 notifiche concernenti la segnalazione di non conformità nel rispetto del limite di contaminazione da AFB1 dei pistacchi; nel 72% dei casi si trattava di pistacchi importati dall’Iran, mentre nel 2005 le notifiche riguardanti lo stesso problema e la stessa tipologia di prodotto furono 457, corrispondenti a più del 50% delle segnalazioni globali di irregolarità di derrate alimentari contaminate da aflatossine. Se nel 2005 circa il 25% dei pistacchi iraniani furono respinti dalla Comunità europea, nel 2007 questa percentuale si è ridotto al 10%. In compenso un altro Paese produttore, la Turchia, con un volume di esportazione di pistacchi verso l’Europa decisamente minore rispetto all’Iran, ha evidenziato il 25% di non conformità per livelli troppo alti di aflatossine, con conseguente rifiuto dei prodotti da parte del mercato europeo (Gilli et al., 2010). Lo stesso regolamento (CE 165/2010) afferma anche che i pistacchi, prima di essere destinati al consumo umano, possono essere sottoposti solo a cernita o ad altro trattamento fisico.

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Primi studi nell'applicazione della tecnologia al plasma nella sterilizzazione di alimenti contaminati da funghi e batteri

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Gazzola
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Biologia
  Relatore: Giorgio Gilli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 91

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