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Il cammino della non violenza: Martin Luther King e Gandhi

Satyagraha o teoria della non violenza

Esistono diversi studi sulla vita di Gandhi ma la maggior parte si occupa di indagare la sua attività come uomo politico e la sua vita pubblica.
Altri testi pongono l’accento sulla teoria della lotta non violenta basata sulla disobbedienza civile e sul fondamento della forza della verità. In pochi casi viene però studiato il legame esistente tra vita politica e teoria della non violenza; questo legame può essere rintracciato in uno dei fondamenti della cultura indiana, ovvero quelli che vengono chiamati purusharthas (gli obiettivi della vita).
Nella tradizione indiana gli obiettivi nella vita degli uomini sono quattro: la ricerca del piacere (kama), la realizzazione politica ed economica (artha), la virtù etica (dharma) e la salvezza (moksha). Gandhi ha cercato di creare un legame tra l’aspetto spirituale della vita umana, profondamente radicata nella cultura indiana, e tutti gli elementi conosciuti in seguito al contatto con un popolo più moderno.
Affermando il principio della lotta non violenta, Gandhi ha apportato all’interno della tradizione indiana importanti innovazioni potendo contare su alcuni precetti della cultura indiana e della religione cristiana. La non violenza per Gandhi ha rappresentato innanzitutto una virtù morale: per attuarla è necessario utilizzare delle tecniche pacifiste.
Molto spesso questa pratica è stata avvicinata alla politica perché considerata come “non violenza civica” che Gandhi si aspettava che fosse utilizzata dai cittadini di classe media per garantire il benessere dell’intera società ma questa visione, come dimostrano gli scritti autobiografici, si rivela corretta solo in parte.
L’idea di applicare la pratica della lotta non violenta alla battaglia per l’indipendenza dell’India nasce in Gandhi durante gli anni trascorsi in Sudafrica; la sua teoria, inizialmente conosciuta da un ristretto gruppo di persone, era destinata però ad attirare l’attenzione di tutto il mondo. In realtà il nome originale dato a questo tipo di lotta fu satyagraha; ma è possibile definirla, come lo stesso Gandhi afferma, come forza della verità, forza dell’anima o forza dell’amore.
La lotta non violenta può essere praticata da tutti coloro che hanno la forza di rinunciare totalmente all’uso della violenza nonostante il rischio di sopportare sofferenze molto profonde sia fisiche che morali. Essa può essere attuata da singoli individui ma anche da intere comunità perciò comprende sia il livello politico e sociale che quello domestico e familiare; inoltre la satyagraha non conosce distinzioni di sesso o età e può quindi essere impiegata da bambini, donne e uomini.
Molto spesso Gandhi e i suoi seguaci sono stati accusati di utilizzare il metodo non violento solo perché erano deboli e quindi incapaci di rispondere alla violenza con altra violenza; invece è molto difficile per coloro che si considerano deboli utilizzare la forza della lotta non violenta perché di sicuro la loro insicurezza li farebbe cedere di fronte alla brutalità che si cela nell’animo umano.
Gandhi affermava che la forza di questo tipo di lotta è in grado di compiere una rivoluzione di tutte le idee sociali e di mettere fine a tutte le forme di dispotismo che per molti secoli erano state imposte alle nazioni più deboli. Una tale strategia servirà non solo a liberare intere comunità dai paesi colonizzatori ma si sarebbe rivelata un beneficio per l’intera umanità.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il cammino della non violenza: Martin Luther King e Gandhi

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Napoletano
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue per l'impresa e la cooperazione internazionale
  Relatore: Andrea Mariani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 156

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Parole chiave

apartheid
gandhi
lotta non violenta
martin luther king
colonizzazione dell'india

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