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Il concetto di Human Security

La sicurezza dei popoli (freedom from fear)

La concezione umanitaria o definita come ‘sicurezza dei popoli’ dell’HS si è tradizionalmente focalizzata sul garantire i diritti morali e legali dei non combattenti in guerra o in situazioni di conflitto violento e sulla fornitura di assistenza di emergenza a chi ne ha bisogno. Questa visione è più strettamente focalizzata sui bisogni e sui diritti di sicurezza degli individui in tempi di guerra, riconoscendo che gli strumenti che potrebbero essere richiesti per proteggere l’HS in situazioni di violenza o conflitto armato potrebbe essere differenti da quelli in tempo di pace. L’idea che la conduzione della guerra dovrebbe essere soggetta a limitazioni morali e legali è una posizione relativamente nuova nelle politiche internazionali. Il giurista Hugo Grotius nel diciassettesimo secolo credeva che tutti i mezzi violenti fossero giustificati in guerra, inclusa l’uccisione di donne e bambini, ammesso che la guerra stessa fosse combattuta come giusta causa. Come molti dei suoi contemporanei, Grotius non vide una distinzione morale tra combattenti e non combattenti. Ma con la crescita delle forze mercenarie, la distinzione tra questi divenne più evidente e la guerra venne vista come un contesto tra opposte armate e non tra opposte popolazioni civili.
Negli anni ‘90, il peacebuilding e la prevenzione del conflitto venne vista come un nuovo potenziale strumento di HS, specialmente dove fragili accordi di pace erano stati negoziati ma il processo di pace non era ancora stato consolidato. Nell’Agenda for Peace, il Segretario Generale delle NU Boutros-Ghali definì il peacebuilding come un ampio set di attività che tendeva a consolidare la pace e avanzare un senso di fiducia e benessere tra i popoli. Ritenne che oltre al peacekeeping la lista di attività di peacebuilding avrebbe dovuto includere il disarmo delle parti in lotta ed il restauro dell’ordine pubblico, la custodia e la distruzione delle armi, il rimpatrio dei rifugiati, la difesa e sostenere la formazione del personale di sicurezza, il monitoraggio delle elezioni, l’avanzamento di sforzi per proteggere i diritti umani, riformare o rafforzare le istituzioni governative e promuovere processi formali e informali di partecipazione politica. Boutros-Ghali suggerì anche come le NU avessero un obbligo di sviluppare e offrire supporto per la trasformazione di carenti strutture nazionali, e per rafforzare le istituzioni democratiche. Anche l’ex Ministro degli Esteri Australiano Gareth Evans parlò di peacebuilding, definendolo come un set di strategie che aiuta ad assicurare che le dispute, i conflitti armati e altre crisi maggiori non nascano, e qualora nascessero, che non si ripresentino successivamente. Evans suggeriste due tipi di strumenti per promuovere l’HS: i regimi internazionali e misure di peacebuilding nel paese.
Per regimi internazionali si intendono le leggi, norme, accordi e patti internazionali (globali, regionali o bilaterali) designati per minimizzare le minacce alla sicurezza, promuovere la fiducia e creare strutture per il dialogo e la cooperazione. Di contro le misure di peacebuilding nel paese si riferiscono agli sforzi nazionali e internazionali che aiutano lo sviluppo economico, la costruzione delle istituzioni e, più in generale, la creazione o restauro all’interno delle nazioni di condizioni necessarie per rendere gli Stati stabili e autosufficienti.
Cosa distingue il peacebuilding da forme più convenzionali di assistenza internazionale, come peacekeeping e assistenza umanitaria, è il suo fulcro sulle cause del conflitto e l’uso di una più ampia gamma di strumenti multi-funzionali per consolidare e fortificare il processo di pace. Il peacebuilding prova a trasformare il contesto sociale e politico del conflitto così che gli esseri umani possano vivere in un ambiente sociale, economico e politico stabile e sicuro. Riconosce che se il processo di pace non affronta le cause alla base della violenza, l’HS continuerà ad essere minacciata. Nel quadro di riferimento del peacebuilding, i conflitti etnici sono visti meno in termini di dilemmi di sicurezza strategica e più in termini di insiemi di relazioni causali nelle quali le variabili sono la povertà, le disuguaglianze socio-economiche, la negazione dei diritti umani, la procedura prevista dalla legge, e le forme di pluralismo liberale della democrazia. L’intolleranza civile come negazione di minoranza e diritti religiosi potrebbe anche essere una causa maggiore di conflitto. Sebbene stabilire rispetto per i diritti umani e per le procedure previste dalla legge è un passo fondamentale per la costruzione della pace, queste attività devono essere integrate da un’ampia gamma di misure militari, non militari, economiche, sociali e politiche, che possono aiutare le persone in società dilaniate dalla guerra a riabilitarsi.
Un altro strumento chiave per la gestione dei conflitti e la promozione dell’HS è il concetto di prevenzione del conflitto. Il Report della Carnegie Commission on Preventing Deadly Conflict ha identificato tre aiuti o obiettivi di azione preventiva: 1) prevenire l’emergere di conflitti violenti; 2) prevenire la diffusione dei conflitti in corso; 3) prevenire il riemergere del conflitto violento. Tra le varie strategie identificate dalla Commissione per promuovere questi obiettivi, le principali hanno coinvolto la creazione di stati con governi rappresentativi basati sul ruolo del diritto, su ampie opportunità economiche disponibili, su reti di sicurezza sociale, protezione dei diritti fondamentali dell’uomo e società civili solide; importanti sono state anche barriere o sistemi di protezione per prevenire l’escalation e la diffusione del conflitto negando, ad esempio, ai belligeranti la possibilità di rifornirsi di armi, munizioni, e valuta forte, combinando tutto con operazioni umanitarie che forniscano assistenza alle vittime; inoltre un ambiente sicuro e salutare a seguito del conflitto attraverso, ad esempio, la rapida introduzione delle forze di sicurezza per separare i nemici, supervisionare i piani di disarmo, e restaurare l’autorità politica legittima.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il concetto di Human Security

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Cioccari
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali
  Relatore: Maria Luisa Maniscalco
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 228

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