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Vivere per strada. Gli interventi verso i senza dimora presenti alla stazione Tiburtina

La città invisibile

Per alcuni versi la stazione Tiburtina vista dall’esterno sembra essere uno dei tanti non-luoghi presenti nelle moderne città attraversati ogni giorno da migliaia di persone.
In realtà trascorrendovi anche solo una giornata ci si può accorgere che tantissime vite popolano questo luogo, tanto da poterlo identificare quasi con una città abitata da un insieme di cittadini molto eterogenei tra di loro.
Oltre le classiche figure di senza dimora sono presenti quotidianamente tantissime altre persone, che per semplicità descrittiva verranno ricondotti a cinque gruppi, i quali vivono la stazione Tiburtina come luogo di incontro giornaliero, dove si trascorre del tempo insieme, si mangia, si discute, si litiga e a volte si lavora.
Naturalmente è la sera che la popolazione della “città invisibile” raggiunge il suo picco massimo in termini di numerosità, ma già dal tardo pomeriggio le persone si cominciano ad incontrare laddove la polizia e la pubblica sicurezza permette di sostare.
Come dicevamo è possibile individuare cinque gruppi di persone che “vivono” la stazione Tiburtina: gli italiani, gli africani, i rom, i rumeni e i polacchi ed infine un piccolo gruppo di italiani con problemi di alcol e droga. Oltre a questi cinque gruppi possiamo considerare quelli che si possono definire i Solitari, che in realtà non compongono un gruppo (attualmente sono tre persone) perché trascorrono molto tempo della loro giornata in stazione da soli, avendo rapporti sporadici con gli altri italiani.
La particolarità relativa a questa convivenza forzata è che difficilmente esiste un interazione pacifica tra questi gruppi, anzi direi quasi che a prescindere dai momenti in cui vengono distribuiti i pasti le persone che fanno parte di un gruppo hanno rapporti solo all’interno della loro cerchia. A parte qualche eccezione, i gruppi sono molto chiusi e due individui che appartengono a gruppi diversi è possibile che si conoscano solo nel caso in cui siano i volontari a farli incontrare, a creare dei ponti tra di loro. Questi tentativi però in generale non vanno a buon fine perché è diffusa tra quasi tutti i gruppi una marcata diffidenza reciproca che a volte si trasforma in sentimenti razzistici (i rumeni non sopportano i neri, gli italiani non sopportano gli stranieri in generale) o un’indifferenza verso gli individui che non fanno parte del proprio gruppo.
Da come ho potuto osservare attraverso la mia esperienza come volontario posso
arrivare a dire che un discorso a parte va fatto per gli africani. Fin dal loro arrivo, in stazione, ho visto più volte come diversi di loro, durante le serate in cui con il gruppo di cui faccio parte eravamo in stazione, hanno cercato di interagire sia con gli italiani che con i rumeni ed i polacchi, ma il fatto di trovare solo barriere, di non trovare interesse nella voglia di incontrarsi per scambiare due chiacchiere con queste altre persone, li ha portati a rinchiudersi in se stessi.
Il gruppo degli italiani con problemi di alcol e droga che vive sotto i cavalcavia è l’unico che ha dei contatti con un po’ tutte le realtà presenti in stazione anche se comunque anche i rapporti interni al gruppo stesso sono spesso conflittuali.
Queste persone sono quelle che insieme ad i Solitari trascorrono la maggior parte della loro giornata in stazione. Improvvisandosi parcheggiatori mettono su qualche euro e insieme ai soldi ottenuti facendo colletta riescono ad acquistare il vino e qualcosa da mangiare. Considerando queste attività giornaliere le persone di questo gruppo sono quelle che hanno la maggior e più frequente quantità di rapporti con i cittadini comuni, nonché con i commercianti che lavorano all’interno della stazione.
Sotto questo punto di vista si nota come da parte di queste persone il legame con la società è ancora stretto anche se essendo i più visibili questo gruppo è quello più bersagliato, da parte dei cittadini che abitano attorno all’area della stazione, da lamentele ed esposti alle autorità civili a causa dei loro comportamenti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Vivere per strada. Gli interventi verso i senza dimora presenti alla stazione Tiburtina

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Informazioni tesi

  Autore: Giancarlo Giumini
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Sociologia
  Relatore: Nicoletta Stame
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 237

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Parole chiave

senzatetto
esclusione sociale
tiburtina
povertà
senza dimora
homeless
inserimento sociale

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