''Ciapaiev'' tra l'Unione Sovietica e l'Occidente

Come abbiamo visto, nonostante la proiezione veneziana e a differenza di quanto era avvenuto in altri paesi occidentali, Ciapaiev non seguì il normale iter di distribuzione nelle sale italiane. Chi voleva vederlo doveva fare affidamento su rassegne dedicate al cinema sovietico, di cui abbiamo diffusamente parlato, o sulle proiezioni private nei circoli di cinema vicini a posizioni di sinistra. E` evidente come, in questa situazione, il grosso pubblico rimanesse escluso dalla visione della pellicola
Quanto detto per Ciapaiev può comunque essere esteso alla maggior parte dei film sovietici, la cui proiezione, nonostante la fine delle ostilità belliche, continuò ad essere osteggiata dalle autorità italiane. Non furono pochi i critici che, negli anni '50, lamentavano che la situazione non fosse poi mutata molto rispetto all'epoca precedente. Se infatti prima era stata la censura fascista ad operare, in periodo di guerra fredda subentrò quella, più discreta, ma non per questo meno efficace, dello stato democratico.
Più di ogni altra arte proveniente dall'Unione Sovietica, il cinema fu un fertile terreno di incontro e di scontro della critica, che vi proiettava spesso la propria visione ideologica. Uno scontro da cui lo spettatore medio, non politicizzato, restava escluso.
Il dibattito sul cinema sovietico fu particolarmente sentito negli anni '50, quando la necessità, avvertita per lo più dalla critica di impostazione marxista, di una maggior circolazione e comprensione delle pellicole provenienti da Mosca si scontrò con l'indifferenza dei più.
Ad interessarsi spontaneamente al cinema sovietico sembrano essere stati davvero pochi studiosi: Umberto Barbaro, Glauco Viazzi, Guido Aristarco, tutti e tre riconducibili all'area socialista o comunista. Questo, naturalmente, non significa che in quel periodo tutti gli scritti sul film sovietico portino la loro firma.
E` infatti possibile trovare anche articoli di critici di impostazione liberale. Questi però, oltre che ad essere in numero nettamente inferiore, sono quasi sempre delle battute di risposta ad una polemica, una provocazione, un questionario iniziato dall'altra parte.
E` il caso, ad esempio, di un botta e risposta a distanza tra Umberto Barbaro e Tito Guerrini. Il primo aveva affermato nel 1950 che per la comprensione della cinematografia sovietica era necessario
abbandonare le vecchie estetiche canoniche – aspetti particolari di sorpassate ideologie – e si deve assumere un punto di vista critico più rigoroso e più attualmente valido.
Barbaro sosteneva dunque che non si poteva parlare dei film sovietici se prima non ci si liberava dai pregiudizi ideologici.
Dal suo punto di vista, pregiudizio ideologico era soltanto la posizione di chi a priori guardava con sospetto i prodotti culturali sovietici e non di chi, spesso altrettanto a priori, esaltava acriticamente quegli stessi prodotti.