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Il discorso dell'Altro. L'opera critica di Edward W. Said nel segno di Foucault

Cultura e imperialismo: viaggio attraverso la critica

È stato già detto come Cultura e imperialismo possa esser ritenuta una sorta di ampliamento del precedente Orientalismo, in cui però cambia la prospettiva dell’impostazione del discorso: non ci si focalizza ora sul silenzio passivo che costituisce lo sfondo al discorso (occidentale), ma sulla parte attiva di quello stesso Altro, che diventa ora Ego a sua volta; non si tratta più di dominazione, ora, ma di resistenza.
Cultura e imperialismo sono entrambi posti come esperienze storiche, i cui rapporti sono dinamici e complessi. “Cultura”, qui, è un ampio termine per indicare forme di sapere su piano metodologico e filosofico ibride, per le quali è necessario un collegamento e la realtà mondana che le produce.
Il presupposto di base dello studio che Said si prefigge è chiaro e diretto: l’imperialismo viene posto come un fenomeno, di straordinaria portata. Non è dunque possibile che non abbia lasciato traccia nelle forme culturali che partono dalle prime fasi del suo sviluppo ai nostri giorni, in particolare all’interno di una forma realistica e rappresentativa della realtà come il romanzo.
Negli autori di romanzi classici, come Dickens e la Austen, si ritrovano i segni chiarissimi di un atteggiamento tipico di tutta una classe sociale, di tutto un paese: le terre lontane, fondamentalmente disabitate, considerate come un altro mondo da cui ricavare per la propria patria ricchezza e prosperità, o prospettive di carriera; oppure una comoda soluzione per risolvere vite e situazioni in qualche misura imbarazzanti, come per esempio il futuro di un personaggio equivoco e così via.
Un altrove immaginario e immaginato, la cui presenza si manifesta come solida materialità (viene citato il caso delle piantagioni cui si allude in Mansfield Park della Austen) o come personaggi bizzarri e minacciosi, in quanto esotici (si veda l’esempio di Berta Mason, la moglie antillana di Rochester in Jane Eyre della Austen, o il personaggio di Magwitch, deportato in Australia, in Grandi Speranze di Dickens).
Nel realismo conservativo del romanzo restano dunque inevitabilmente impigliati gli elementi che costituiscono la realtà del tempo. Accade che quello che in Orientalismo era il discorso di Foucault applicato alle scienze orientali, qui diventa, tradotto, struttura di atteggiamento e riferimento.
Questo implica diverse osservazioni.
La prima è l’organicità tra narrative: quelle antecedenti il fenomeno dell’imperialismo, in cui non ve n’è traccia, e quelle posteriori, che lo sottintendono; vi è la questione del potere esercitato, che diviene una pronta ricezione di uno stato di cose ordinato e immutabile, cui fa da sfondo un’ideologia razzista; il riferimento alle colonie come elemento di legittimazione di qualcosa, rispecchia nell’individuale lo scontro politico fra nazioni; si perpetra così una visione sottilmente discriminatoria, sia per quanto riguarda i testi sia per la loro ricezione.
A venire dissimulato è pertanto un rapporto di dipendenza tra i due mondi, essenzialmente bilaterale pur se in due differenti forme: la dipendenza politica delle colonie dalla terra d’Occidente si tramuta in dipendenza economica di quest’ultima dalle colonie. Rapporto le cui tracce sono ben visibili, come Said ricorda, nei riferimenti ad Antigua del già citato Mansfield Park , o in Casa Howard di Forster, per fornire due esempi particolarmente chiarificatori.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il discorso dell'Altro. L'opera critica di Edward W. Said nel segno di Foucault

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Informazioni tesi

  Autore: Ilaria Taulaigo
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia teoretica, morale, politica ed estetica
  Relatore: Tiziano Raffaelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 132

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