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Il marketing dei beni culturali tra territorio e nuove tecnologie

L’Italia e il suo patrimonio: teoria e casi concreti

Il discorso si è mantenuto fino a questo momento su un piano quanto più possibile generale e astratto. Risulta però evidente che le considerazioni fin qui illustrate calzano alla perfezione ad un paese come l’Italia: ricchissimo di arte storia e cultura, storicamente frastagliato in una galassia di territori, alcuni dalla carica simbolica così forte da essere perfino in grado di vivere un’esistenza a sé stante.
Nonostante le sue immense potenzialità (che hanno indotto a parlare in più di un’occasione di veri e propri “giacimenti” culturali) l’Italia ha sempre stentato a riconoscere a questa sua ricchezza lo status di risorsa. L’attenzione per il patrimonio storico-artistico è un’antica abitudine, risalente ai primi anni dell’unificazione nazionale, ma non hai dato origine ad un pensiero funzionale a farne un motore di sviluppo sostenibile, preferendo sempre concentrarsi sull’aspetto della conservazione. L’attenzione al settore si è cioè concentrata sul versante della preservazione anziché rendere il patrimonio motore di decisioni strategiche: basti pensare che, almeno fino alla fine degli anni ’80, il marketing territoriale è stato inteso esclusivamente come pubblicità dell’area (Caroli, 2007).
Il risultato di queste scelte è chiaramente osservabile: l’Italia può vantare una ricchezza storico-artistica praticamente senza pari ma se andiamo ad analizzare l’utilissima cartina di tornasole rappresentata dai flussi turistici, vediamo che il nostro paese è solo al quinto posto per numero di visitatori. E questo proprio in un momento storico in cui il turismo culturale, come già ricordato, diviene una parte fondamentale nella determinazione dei flussi.

La situazione odierna non è altro che il risultato di un processo cui l’Italia non ha preso parte se non marginalmente: rispetto agli anni ’70 (quando la penisola era prima per numero di arrivi) la competizione nel settore è aumentata in maniera esponenziale, e il paese è rimasto indietro rispetto ad altri che, seppur inferiori dal punto di vista della dotazione, hanno saputo valorizzare al meglio le proprie risorse.
Una delle più lucide descrizioni di questo cambiamento è quella che ci viene offerta da Kerbaker: “fino al secolo scorso il nostro paese ha detenuto un sostanziale monopolio mondiale delle opere d’arte. Ce n’erano anche all’estero, naturalmente, ma si trattava in genere di presenze sporadiche, limitate in massima parte alle grandi capitali, e comunque non particolarmente legate alle caratteristiche principali dei diversi paesi. Da noi invece la cultura era sparsa per le città grandi e piccole; un collante assoluto, attorno al quale si ricomponevano le storie dei nostri mille campanili. Per secoli questa unicità è bastata per attrarre masse di turisti su un percorso formativo d’obbligo per qualsiasi spirito colto: il grand tour d’antica memoria”.

Questo contesto, idilliaco per l’Italia, è cominciato a cambiare nel secondo dopoguerra, quando le grandi città d’Europa hanno iniziato ad utilizzare la cultura come veicolo di attrazione per il pubblico: “le maggiori capitali hanno aumentato significativamente la loro offerta, con strutture , spazi culturali ed espositivi di nuova concezione. A Parigi il Centre Pompidou, la Piramide del Louvre, la Très Grande Bibliothèque; a Londra la Tate modern o il Globe Theatre; a Vienna il Museums Quartier sono solo le punte più evidenti di un fenomeno che ogni anno comporta cambiamenti in grado di riproporre le città all’attenzione del turista sensibile. Per non parlare di Berlino, che ha approfittato della caduta del muro per rinnovare completamente il suo già importante patrimonio.”

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il marketing dei beni culturali tra territorio e nuove tecnologie

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Informazioni tesi

  Autore: Pietro Cuomo
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2007-08
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze della comunicazione sociale e istituzionale
  Relatore: Bruno Lamborghini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 155

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