Across the Border Line. Teoria della mente e rischio psicopatologico in adolescenza: un contributo di ricerca

In generale, per comprensione delle emozioni si intende la comprensione che si ha della natura, delle cause, delle conseguenze e della possibilità di regolare le emozioni, proprie e altrui, positive o negative, fittizie o reali (Albanese, Molina, 2008).
Senza la possibilità di comprendere le emozioni proprie e altrui, ovvero di costruire un significato per quel che sperimentiamo e identificare le condizioni opportune per attivare, modulare o contrastare lo stato emotivo proprio o quello di un’altra persona (Anolli, 2002), non avrebbe senso parlare di competenza emotiva, ma forse non avrebbe neppure senso parlare di vita come la intendiamo comunemente. Questa possibilità, tuttavia, ovvero quella di dare un significato a quel che proviamo, immaginare quel che provano, proverebbero, hanno provato, avrebbero provato o proveranno gli altri, non è necessariamente sempre presente in ogni individuo, sia dal punto di vista dello sviluppo evolutivo, sia sotto l’aspetto delle condizioni regolatrici, o facilitatrici, di questa competenza e del suo pieno esplicarsi. In aggiunta a ciò, è evidente che le differenze individuali possono mettere in luce maggiore o minor predisposizione ad attivare questi strumenti. Avviene così che quella che Harris (1991) definisce “teoria della mente emotiva”, ovvero la consapevolezza delle emozioni altrui, compare nel bambino ad età diverse a seconda delle prospettive con le quali questa facoltà viene analizzata. Al di là del fatto che non c’è modo di dubitare che sia possibile un substrato innato di questa facoltà, resterebbe da definire fino a che punto esso sia sufficiente a spiegare l’evoluzione della comprensione emotiva di tipo “simpatetico”, come lo definì Darwin (1872) a quella, più raffinata dell’adulto capace di riflettere sulle emozioni proprie e altrui, non solo in prospettiva sincronica ma anche in un’ottica diacronica o indipendente dal contatto visivo. A favore di una visione costruzionista o, se vogliamo, relazionale, di questa facoltà gioca il fatto che alla base dello sviluppo della capacità di comprensione delle emozioni è la frequente esperienza interpersonale con gli adulti e con i pari. Dal secondo anno di vita quest’abilità diventa più evidente. Fino ai dieci mesi il bambino resta solitamente uno spettatore di fronte a situazioni di disagio, dal compimento del primo anno invece dimostra di saper consolare e portare conforto (Albanese, Molina, 2008). Gli adolescenti sono in grado di valutare in maniera raffinata le cause e gli effetti delle emozioni e sanno utilizzare consapevolmente le emozioni per influenzare il pensiero altrui (Cavalli, 2007).