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Imprenditorialità e managerialità nelle PMI: approcci teorici e problematiche organizzative.

PMI e management: un difficile rapporto

Un ampia parte della letteratura scientifica in merito al rapporto tra Management e PMI è concorde su quelle che sono le cause principali della scarsa permeabilità delle di quest'ultime alle tecniche manageriali formalizzate. Principalmente queste possono essere ricondotte a tre cause:

1) Il prevalere di un orientamento tecnico-produttivo che limita l'interesse verso pratiche gestionali del controllo di gestione, di marketing, della gestione e dello sviluppo delle risorse umane e di altre aree manageriali;

2) L'esistenza di "saperi taciti", non codificati che si alimentano ed evolvono attraverso processi di apprendimento di tipo learning by doing e si diffondono nelle piccole organizzazioni essenzialmente attraverso meccanismi di affiancamento tipici dei contesti artigianali;

3) La forte concentrazione dei processi decisionali nella figura dell'imprenditore-proprietario che tende a prendere le decisioni aziendali rilevanti (spesso tutte le decisioni aziendali, anche quelle marginali) sulla base dell'intuito e dell'esperienza, piuttosto che ricorrendo a strumenti formalizzati di analisi, di pianificazione, di programmazione e di monitoraggio.

A queste principali cause si possono aggiungere poi altre componenti secondari come il livello di scolarizzazione delle risorse umane, non sempre adatto ad una formazione manageriale, che anche se presente, è spesso carente ed impreparata ad affrontare le varie problematiche delle PMI. Infine il fatto che molte tecniche e approcci manageriali generati per il contesto della grande impresa mal si adattano alle peculiarità delle PMI. Vista la recente metamorfosi del contesto in cui operano le PMI risultano di grande rilievo due questioni: la formazione manageriale e la concentrazione dei processi decisionali.
Non solo il contesto ma anche le PMI stesse oggi stanno profondamente cambiando: pensano e agiscono sia localmente sia globalmente, si affacciano in Borsa e sui mercati finanziari, creano posti di lavoro, innovano in prodotti e processi, investono in formazione e si aprono a collaborazioni interaziendali. Le cause di questo cambiamento vanno ricercate nell'aumento della competitività dovuto a fenomeni come la globalizzazione e l'utilizzo sempre più consistente delle nuove tecnologie. Proprio alla luce di questi cambiamenti risulta di vitale importanza per le PMI acquisire quelle competenze necessarie per rimanere competitivi sul mercato. Nasce così l'esigenza di formazione per le piccole e medie imprese che favorisce così la creazione di nuovi programmi specifici proposti dagli enti di formazione.

Da una recente ricerca della ASFOR (Associazione italiana per la formazione manageriale) emergono dati rilevanti riguardo la recente evoluzione manageriale, in particolare a chi e a che tipo di formazione manageriale fa ricorso. Il 20,1% dei frequentanti ê composto da persone con un'esperienza professionale massima di due anni. Il 51,1% di chi ha fatto ricorso a corsi di formazione manageriale è composto da manager, del settore privato (39,7%) e pubblico (11,4%), da imprenditori e figli di imprenditori (14,0%), da liberi professionisti (6,8) o da altre figure (8,0%). L'intensità della presenza di imprenditori e loro familiari negli interventi di formazione cambia in funzione del tipo di scuola: gli Enti di formazione istituzionali hanno in aula il 18% di imprenditori e l'11% di figli di imprenditori, mentre le Società di Consulenza sono sostanzialmente concentrate sui manager (78%); le Business School hanno comunque una percentuale piuttosto significativa di imprenditori o figli di imprenditori: rispettivamente 10% e 7%. Ci sono anche differenze geografiche: si riscontra una maggior presenza di imprenditori o figli di imprenditori nel Nord-Est e al Sud, una presenza più scarsa al Centro. Queste differenze confermano la varietà di offerta del sistema formativo italiano e la capacità dei diversi operatori di segmentare il proprio mercato, promuovendo iniziative specifiche per i diversi segmenti.

Dalla ricerca emerge che la progettazione di formazione di qualità per le PMI ruota attorno a specifici fattori. Le PMI preferiscono corsi di durata breve e con possibilità di finanziamento. Sulle metodologie didattiche emerge un orientamento consolidato (corsi orientati alle soluzioni pratiche, didattica interattiva e presenza di esperienze applicative, ad esempio project work) e un altro che invece lancia nuove sfide al sistema formativo (non necessariamente l'utilizzo di casi di studio o testimonial sono considerati fattori di successo; i corsi interaziendali, soprattutto se lontani dalle realtà in cui le PMI operano, non sono percepiti come particolarmente efficaci). Si dice spesso che nelle PMI il fattore tempo (e la sua scarsità) impediscono di partecipare a iniziative formative. Non è proprio così: dalla ricerca non emergono preferenze nette nei confronti dei formati temporali e l'e-learning non è considerato fattore critico di successo.
Dal punto di vista dei driver di scelta, è necessario sensibilizzare le PMI sui loro fabbisogni formativi, avere relazioni personali con l'azienda, utilizzare canali di
vendita differenziati rispetto alla grande impresa. Per quanto riguarda infine i contenuti, spicca il ruolo delle competenze trasversali, mentre non emerge la criticità di corsi focalizzati su singole tematiche o specializzati rispetto al settore.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Imprenditorialità e managerialità nelle PMI: approcci teorici e problematiche organizzative.

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Critelli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi della Calabria
  Facoltà: Ingegneria
  Corso: Ingegneria gestionale
  Relatore: Saverino Verteramo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 78

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