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Le denominazioni di esercizi turistici nell'Ogliastra come elemento di richiamo turistico. L'attrattiva per l'utenza di origine russa e slava

Lingue minori e turismo

"Il concetto di minoranza etnico-linguistica è entrato piuttosto di recente nel linguaggio della politica e della sociologia e si è affermato di riflesso, sostanzialmente, all'affermarsi degli Stati nazionali ottocenteschi, quando sorse l'esigenza di definire quelle frange di popolazione che - all'interno di una compagine che doveva per definizione presentarsi come omogenea e compatta quanto a lingua, cultura e tradizioni - rappresentavano altrettante eccezioni o contraddizioni all'idea dominante di "nazione". Entro i confini della Repubblica italiana sono state individuate diverse "minoranze linguistiche" intese come gruppi alloglotti, che costituiscono una minoranza rispetto alla maggioranza dei parlanti la lingua nazionale.
Più precisamente poi sono individuate "propaggini" alloglotte che hanno origine quando "aree linguistiche più grandi, situate al di fuori del nostro territorio nazionale, si estendono in parte anche all'interno dei nostri confini".
Tra i diversi gruppi di alloglotti si citano quelli di lingua provenzale nelle valli del Piemonte e quelli di parlata francoprovenzale nella Valle di Susa e nella Valle d'Aosta, minoranze tedesche sono presenti nella provincia di Bolzano, mentre a Gorizia, a Trieste e in provincia di Udine sono presenti gruppi sloveni.
Nelle valli alpine dolomitiche si trova inoltre la comunità linguistica dei Ladini, distribuita nelle valli di Badia, Gardena e Fassa: la lingua loro è insegnata nelle scuole; nel Friuli sono presenti le parlate ladino-orientali chiamate "friulane".
Come il ladino, anche il sardo può essere considerato una vera e propria lingua, anche se "non si configura come una lingua minoritaria bensì come un gruppo di parlate estranee al sistema dei dialetti italiani…".
In Sardegna infatti, sono presenti diverse aree di frammentazione dialettale, il logudorese, il nuorese, il campidanese, all'interno delle quali esistono ulteriori differenziazioni interne. Vi sono inoltre aree linguistiche di origini esogene come il catalano parlato ad Alghero, il tabarchino a Carloforte e Calasetta, il sardocorso nel settentrione dell'isola.
Aree linguistiche come le ultime menzionate, denominate "isole linguistiche", sono comunità molto piccole e isolate: esistono altre isole linguistiche in Italia come quelle bavaro-austriache presenti in Alto Adige, quelle vallesi del Piemonte e della Valle d'Aosta (i Walser) a Gressoney, Alagna, Macugnaga. In Calabria e nel Salento si trovano delle isole linguistiche greche, mentre isole albanesi sono situate tra la provincia di Campobasso e Foggia, a Pescara, Taranto, Potenza, in Calabria e in Sicilia; minoranze di dialetto serbocroato sono presenti in Molise.
A suo modo, ciascuna di queste comunità linguistiche rappresenta una cultura "altra" rispetto a quella nazionale, che si manifesta nell'architettura urbana, nelle tradizioni culinarie, nei costumi e ovviamente, nel linguaggio.

Il turismo linguistico.

Gli elementi di attrazione di una meta turistica possono essere molteplici. La presenza di una cultura minore può costituire per la località un ulteriore motivo di richiamo.
L'attrazione viene esercitata in questo caso da tutti quegli aspetti che rappresentano questa cultura "altra". Gli elementi in cui la cultura minore si manifesta possono essere l'architettura urbana, la cucina tipica tradizionale, l'artigianato locale, ma non meno importante è la specificità linguistica. A scopo connotante e di richiamo, la lingua locale può essere utilizzata ad esempio nella toponomastica, nella denominazione di esercizi commerciali, di prodotti tipici locali, di prodotti alimentari, di artigianato e altro: gli aspetti propri del turismo linguistico risiedono nell'utilizzo del bene-lingua che i produttori locali effettuano secondo diversi gradi di consapevolezza.
L'utilizzo della lingua locale è un fenomeno che agisce in diversi ambiti. Le motivazioni per cui viene utilizzata sono molteplici e altrettanti sono gli stimoli che suscitano nel visitatore che la percepisce.
Gli operatori locali utilizzano così l'idioma minore, in primo luogo, come simbolo di "disponibilità alla condivisione dei valori "locali" di ospitalità che si integrano tuttavia in una dichiarata volontà di mantenere la propria peculiare identità e le proprie radici".
La denominazione "altra" viene concepita con curiosità dal visitatore, e l'elemento linguistico svolge spesso una funzione esotizzante del prodotto o della struttura ricettiva, rendendoli più attraenti.
Le aspettative che vengono a crearsi verso un prodotto dotato di una denominazione "esotica", che evoca una relazione col contesto geografico e antropico, sono quelle di una supposta genuinità.
Quando gli imprenditori locali intuiscono che la denominazione nella lingua locale può costituire una fonte di veicolo promozionale, una sorta di valore aggiunto che contribuisce a suggerire la genuinità del prodotto, la lingua locale viene quindi utilizzata secondo adeguate strategie di marketing. In questo modo la cantina Antichi Poderi di Jerzu si riferisce a elementi di toponimia locale nella denominazione di prodotti quali lo Jerzu Brut e il Pardu Dry; più strettamente locale è la toponimia richiamata nelle denominazioni Talavè, Alustia e Isara.
Ancora un richiamo a un "maximum di localizzazione" lo troviamo nei nomi di diversi prodotti caseari come nel caso dei caprini Bidda manna e Arthana, che rappresentano il nome del paese di provenienza in lingua locale; Gorroppu e Monteferru, che richiamano invece la gola e il monte presenti nella zona, mentre la denominazione Campu e spina richiama direttamente il nome del singolo podere.
In altri casi invece, il riferimento "richiama foneticamente una certa idea di sardità", i prodotti della cantina di Jerzu Chuerra e Solana individuano in lingua locale specifiche zone fertili della vigna, la denominazione Bantu richiama l'orgoglio, il "vanto"; mentre il Marghia, "volpe", riprende una leggenda popolare.
Il semplice utilizzo della lingua locale in se stessa costituisce un'altra modalità di denominazione dei prodotti, come nel caso dei formaggi Erbei (pecora), Su coili (l'ovile), Armidda (timo).
La lingua locale diventa allora un mezzo per evocare una denominazione volutamente "altra". Nel momento in cui la scelta linguistica viene operata a vari livelli da produttori, imprenditori e amministratori, l'ambiente linguistico acquisterà un proprio rilievo e una visibilità che potrà risultare qualificante agli occhi del visitatore.
Il bene-lingua diviene infine uno degli aspetti che determinano il "colore" locale, contribuendo a una full immersion attraverso la quale il visitatore si sentirà "in ambiente".

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le denominazioni di esercizi turistici nell'Ogliastra come elemento di richiamo turistico. L'attrattiva per l'utenza di origine russa e slava

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Informazioni tesi

  Autore: Virginia Zanda
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Sassari
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Fiorenzo Toso
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 63

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Parole chiave

cultura locale
promozione del prodotto turistico
richiamo turistico
bene-lingua
“turismo linguistico”

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