Rafael Alberti e la sua poesia d'esilio

Nel 1940, Rafael Alberti e María Teresa León proseguono il loro viaggio per lasciare definitivamente l’Europa e rifugiarsi in Cile, ma restano in Argentina, dove alcuni studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia di Buenos Aires, sotto l’indicazione di Amado Alonso, avevano formato un comitato di aiuto ai rifugiati. La loro partenza da Marsiglia e le peripezie a bordo della nave francese “Mendoza” che li portò a Buenos Aires a seguito della rottura della linea Maginot da parte dei tedeschi, fece sì da far aumentare in loro la speranza, la quale li accompagnò fino all’arrivo. È qui che Alberti intensificherà l’attività editoriale, seguita dalla pittura e scrittura. Le sue poesie erano abbastanza conosciute presso i circoli letterari argentini. Il lavoro di poeta fu intenso in diversi angoli della geografia americana, difatti scrive: En cuanto llegaba a algún nuevo país, o visitaba algún nuevo lugar, por pequeño que fuese, deseaba conocer, aparte de la vida de su gente, los nombres de las plantas y los animales, procurando verlos, o sino, apuntármelos en la memoria. Ed è anche in questa terra che nascerà sua figlia Aitana, nel 1941, la hija de los ríos inmensos, argentinos, anchos y sin orillas, la quale fu battezzata nei suoi versi australi come rubia Aitana de América.
Alberti rimase in Argentina fino al 1963 e a quest’epoca corrispondono ben quattordici opere tra cui: Pleamar; A la Pintura y Poema del color y de la línea; Signos del día; Retornos de lo vivo lejano; Ora marítima; Baladas y canciones del Paraná; Poemas de punta del este; Sonríe China; Buenos Aires en tinta china; La primavera de los pueblos; Poemas escénicos; Abierto a todas horas e Entre el clavel y la espada.
Di queste ci si occuperà solo di alcune accuratamente scelte in ordine cronologico e soprattutto per l’importanza che ricoprono nel sottolineare l’impegno civile, l’esilio interiore e non, del poeta. Quelle che donano importanza alla terra natale abbandonata, ovvero la Spagna, alla nuova terra “scoperta”, l’America ed al mare che un tempo era quello di Cadice, ora sostituito invece da quello freddo d’America, il quale si confonde e si identifica nella poesia, poiché è il mare della tradizione spagnola. Il poeta ricorda il suo mare di Cadice cui non gli predisse il pianto della sua vita né il pianto dell’esilio.
Delle opere sopracitate si analizzeranno nella loro interezza: Pleamar; Retornos de lo vivo lejano ed Ora marítima.
Pleamar (1942-1944) è un libro dei quarant’anni di Alberti, ovvero, quando l’esilio divenne duraturo e quando bisognava aprire un varco verso una nuova vita. È il momento dei grandi interrogativi e di una ricerca drammatica, poiché si diventa coscienti del tempo misurato attraverso l’esistenza dell’uomo. Qui c’è un aspetto riflessivo più acuto che verte sulla problematica della posizione del poeta dinanzi al suo mondo, affondando negli aspetti della sua poetica e in questioni esistenziali. È questa una poesia di solitudine, un libro diverso nelle sue nove sezioni ma con un’unità chiara. Questo libro, è anche un libro di crisi, ma si tratta di una crisi positiva, poiché il poeta si interroga, solo per trovare un cammino proiettato verso il futuro. Da qui il titolo scelto Pleamar, perfettamente chiaro nel verso introduttivo Vivir en Pleamar, seguir viviendo, e con un significato profondo presente in tutto il libro nel quale il mare è tutto, immagine, tema, spazio, realtà e sogno, è la rappresentazione di tutto ciò che interessa al poeta.