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L'interferenza dei gruppi etnici nell'elaborazione della politica estera americana

Il multiculturalismo e il dibattito sull’identità americana

Il dibattito relativo all’identità americana è riemerso con grande forza negli ultimi anni per via di un dato di fatto ormai innegabile: l’ondata migratoria iniziata negli anni ‘60 e che continua tutt’ora sta cambiando il volto dell’America. Infatti se all’inizio degli anni ‘60 gli immigrati provenienti dai cinque principali paesi di origine erano tutti europei (Italia, Germania, Canada, Regno Unito, Polonia), nel 2000 non lo erano nemmeno uno (Messico, Cina, Filippine, India, Cuba). Nel corso di quattro decenni, il numero dei residenti nati all’estero è inoltre cresciuto enormemente e gli asiatici e i latinoamericani hanno sostituito gli europei come immigrati. Questa metamorfosi nel fenomeno dell’immigrazione è dovuto non solo al progresso tecnologico e all’apertura delle frontiere che hanno reso più semplice lo spostamento delle popolazioni, ma anche ad un vero e proprio cambiamento nella percezione di tale fenomeno.
Alla fine degli anni ‘60, infatti vari movimenti hanno cominciato a mettere in discussione la rilevanza e la desiderabilità del concetto di America fino ad allora prevalente, ovvero quello di una nazione di persone con gli stessi diritti, che condividevano una cultura sostanzialmente anglo protestante e rispettavano con convinzione i principi liberaldemocratici del credo americano. Gli Stati Uniti per loro non erano una nazione che condivideva una cultura, una storia e un credo comune, ma un conglomerato di razze, etnie e culture subnazionali, in cui gli individui venivano definiti dall’appartenenza a un gruppo e non dalla nazionalità comune. Tale movimento, definito multiculturalista, ha inizio negli anni Settanta, ottiene il massimo successo e la massima visibilità negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, e per poi venir messo in discussione soprattutto dopo l’11 Settembre. Un difensore di queste teorie è stato il Presidente Bill Clinton che nel 1997 sosteneva che gli Stati Uniti avessero bisogno di una terza “grande rivoluzione” per dimostrare la loro capacità di esistere senza una cultura dominante di stampo europeo.
Il multiculturalismo nella sua forma più radicale è infatti un movimento che si oppone all’egemonia dei valori eurocentrici nella cultura americana attaccando apertamente l’immagine “anglo conformista” degli Stati Uniti e proponendo ad esempio che nelle scuole venga impartita “un’educazione multiculturale”, ovvero l’insegnamento delle culture dei gruppi subnazionali.
Queste teorie, come abbiamo detto, emersero negli anni ‘60, con l’affermazione del movimento dei diritti civili; alcuni dei suoi componenti infatti, dopo aver ottenuto l’approvazione dei Civil Rights Acts, smisero di reclamare la piena parità di diritti per tutti i cittadini americani e cominciarono a richiedere l’istituzione di programmi federali che portassero avanti delle “misure positive”, ovvero dei trattamenti preferenziali rivolti ai neri e più in generale alle minoranze in quanto gruppi razziali distinti e per secoli discriminati. L’elite al potere negli anni ‘60 si mostrò attenta a queste richieste e cominciò ad emanare leggi che prevedevano quote per le minoranze nell’accesso ai posti di lavoro, nelle scuole e nelle università. I decostruzionisti promossero dei programmi differenziati finalizzati a rafforzare lo status e l’influenza dei gruppi subnazionali, razziali, etnici e culturali, propugnarono la riscrittura dei libri di storia, in modo da far riferimento ai “popoli” degli Stati Uniti, relegarono in secondo piano la centralità dell’inglese e promossero l’educazione bilingue e l’eterogeneità linguistica.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'interferenza dei gruppi etnici nell'elaborazione della politica estera americana

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Informazioni tesi

  Autore: Emilia Vavassori
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze della politica
  Relatore: Alessandro Colombo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 229

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