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Riti e simboli nel Cantar de mio Cid

Filosemitismo o antisemitismo del Cantar



Si è detto nel paragrafo precedente che la punizione inflitta dal poeta a Rachel e Vidas, rappresentata dall’inganno, è dovuta alla mancanza di fede nel Campeador, ossia, al crederlo colpevole dei fatti di cui l’accusano gli enemigos malos.

La punizione non sembra affatto dovuta alla loro religione, anche perché non bisogna dimenticare che nel testo non si dice mai espressamente che i due usurai sono ebrei. L’autore del poema, come è evidente, è solito caratterizzare etnicamente e religiosamente i personaggi incontrati, che siano castigliani, galiziani o franchi; mori o cristiani; di Vivar, d’Aragona, di Navarra o del Marocco; nessuno di loro è, però, esplicitamente ebreo.

Il tipo di attività svolta da Rachel e Vidas è subito evidente:

Por Rache e Vidas vayádesme privado:
cuando en Burgosme vedaron conpra e el rey me á airado,
non puedo traer el aver ca pucho es pesado;
enpeñárgelo he por lo que fuere guisado (vv. 89-92)

In quanto usurai, fanno prestiti su beni mobili:

aquéllas non las puede levar, si non, serié ventado;
el Campeador dexarlas ha en vuestra mano,
e prestalde de aver lo que sea guisado. (vv. 116-118)

Il fatto che Martín Antolínez, l’emissario incaricato dal Cid a riscuotere il prestito, per incontrare i due usurai si rechi al castiello, il quartiere ebraico di Burgos, è l’unico elemento del testo che potrebbe lasciare intendere che Rachel e Vidas sono ebrei.

Si tratta di un elemento piuttosto debole però, e molti critici si sono appigliati ad una frase che lo stesso Antolínez pronuncia e che lascerebbe intendere che il poeta non abbia mai pensato ai due come ebrei: que non me descubrades a moros nin a cristianos (v. 107); dicendo ciò il vassallo di certo non vuole dire che agli ebrei gli scrigni possono essere mostrati.

Anche in questo caso però ci troviamo dinanzi a indizi piuttosto labili, sicchè si può affermare che la posizione del poeta rispetto a questa questione sia “asemita”, come del resto ipotizzarono i primi studiosi avvicinatisi al poema.

Il termine ebreo viene accostato per la prima volta alla coppia Rachel e Vidas in una prosificazione del XIV secolo, la Crónica de Castilla:

Et estos eran judíos muy rricos con quel [el Cid] solia faser sus manlievas.(Crónica de Castilla)


Qui i due non solo sono ebrei, ma sono anche “soci” del Cid, il quale, si serve di loro per riscuotere tributi illeciti. Questa lettura però, è rimasta isolata, visto che in genere i prosificatori del Cantar hanno sottolineato la lealtà mostrata anche nei confronti dei due usurai dal Campeador, il quale provvede a saldare il debito anche se ciò non viene assolutamente raccontato nel poema.

Trai i più celebri sostenitori di questa tesi vi è Menéndez Pidal, il quale, sostiene che è insito nella natura dell’eroe di Vivar pagare i debiti contratti e che dunque sarebbe stato superfluo da parte del poeta raccontarlo nel Cantar.

Sempre nel XIV secolo, quando ormai la Reconquista stava per giungere al suo trionfo totale, alcuni prosificatori di probabile origine ebrea, nel tentativo di riabilitare i propri correligionari agli occhi dei cristiani, diedero una lettura di convenienza all’episodio delle arche di sabbia: i due usurai mettono a disposizione le proprie ricchezze solo per consentire al Cid di uscire da una difficile situazione, tentando così di riabilitare l’immagine degli ebrei che, agli occhi degli spagnoli cristiani, avevano fraternizzato con i primi invasori islamici.

L’attribuzione di questa interpretazione ad un prosificatore ebreo, piuttosto che ad uno cristiano, sembra più logica dato che si favoriscono i primi, ma resta pur sempre una congettura. Questa nuova visione potrebbe essere favorita dalla nuova posizione e considerazione di cui godono gli ebrei, e soprattutto l’attività finanziaria da essi svolta, durante l’epoca alfonsina.

L’ebraismo di Rachel e Vidas sembra dunque essere l’invenzione dell’autore della Crónica, invenzione che risponde ai desideri ed alla coscienza sociale, politica e religiosa del XIV secolo; coscienza che sebbene viene spesso definita medievale dista molto dal contesto politico e religioso del XII secolo. (Garci-Gómez, 1982.)

A parte la lettura antisemita che la Crónica de Castilla dà dell’episodio delle arche, gli studiosi che successivamente si sono avvicinati ad essa hanno interpretato positivamente la coppia di usurai. Questa posizione viene assunta dalla letteratura spagnola in generale, visto che una leggenda del Siglo de Oro narra di una certa Raquel, un’amante ebrea del re Alfonso VIII, la cui storia d’amore viene raccontata da Lope de Vega nella sua Jerusalén Conquistada, testo del 1609.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Riti e simboli nel Cantar de mio Cid

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Informazioni tesi

  Autore: Luigi De Magistris
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e letterature moderne euroamericane
  Relatore: Salvatore Luongo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 98

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