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L'evoluzione dei conti pubblici in Italia (dal 2002 al 2007)

Teoria “politica” del debito pubblico

I tre modi di finanziare il disavanzo di bilancio e ridurre l’accumulazione di debito pubblico, in realtà sono forme diverse di tassazione che si distinguono solo perché gravano su gruppi economici distinti. Il ripudio, ad esempio, può essere considerato un’imposta sulla ricchezza che colpisce coloro che detengono titoli di stato, la tassa d’inflazione colpisce invece coloro che detengono attività nominali non protette dall’inflazione.
Di conseguenza il debito pubblico e le manovre di politica economica necessarie per ridurlo hanno effetti rilevanti sulla distribuzione del reddito, idea questa che è stata sviluppata all’interno di una letteratura economica la quale ha proposto una teoria “politica” del debito. In particolare, alcuni economisti sostengono che la scelta di chi debba pagare per la riduzione di un debito pubblico troppo elevato è un problema di redistribuzione del reddito tra gruppi economici. Quando i diversi gruppi economici sono rappresentati politicamente è, inoltre, possibile stabilire una relazione tra grado di stabilità politica, conflitto distributivo ed evoluzione dei disavanzi e del debito. Innanzitutto una situazione politica è stabile se una parte politica ha una solida maggioranza ed il controllo delle decisioni di politica economica, mentre una situazione politica è instabile se ogni gruppo ha sufficiente potere per bloccare una misura che lo danneggia, ma non abbastanza per imporne altre. In questo ultimo caso, una manovra di aggiustamento potrebbe non essere politicamente realizzabile, le dispute su quali voci della spesa tagliare, o quali imposte aumentare, impediscono il governo di decidere, danneggiando la sua capacità di ridurre il disavanzo. Alla fine al governo può non rimanere altra possibilità che monetizzare il debito, o ripudiarlo.
Se invece la situazione politica è stabile, una parte politica ha abbastanza potere per avviare l’azione del risanamento, perché in grado di imporre ad altri l’onere dell’aggiustamento.
Supponendo che la società possa essere divisa in tre gruppi, coloro che detengono ricchezza nella forma di titoli di stato, dove gli interessi che ricevono sui titoli del debito pubblico possono essere assimilabili ad una rendita; coloro che detengono ricchezza nella forma di capitale fisico che produce profitti (imprenditori); coloro che possiedono ricchezza umana, che produce i loro salari (lavoratori); è indubbio che ciascuno di questi gruppi d’interesse cercherà di evitare l’onere della manovra di risanamento. I primi si oppongono al ripudio esplicito del debito e alla tassa d’inflazione che, riducendo il valore reale del debito, costituisce un ripudio implicito, e guardano, invece, con favore a varie forme di aumento delle imposte, sia dirette che indirette.
Il secondo gruppo, si oppone alle imposte sul capitale, mentre favorirà il ripudio del debito, il finanziamento monetario e le imposte sui beni di consumo e sul reddito.
Gli ultimi, i lavoratori, prediligono le imposte sulla ricchezza e sul capitale, e il ripudio del debito, mentre si oppongono alle imposte indirette, soprattutto sui beni di consumo di prima necessità.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'evoluzione dei conti pubblici in Italia (dal 2002 al 2007)

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Informazioni tesi

  Autore: Marilena Labanca
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze giuridiche
  Relatore: Bruno Bises
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 104

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