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L'autopercezione delle comunità sudafricane nel periodo dell'apartheid

Separazione territoriale e segregazione razziale

Lungo la strada della separazione fisica territoriale, il Natives Laws Amendament Act del 1937 aveva imposto dei limiti ancor più severi ai movimenti dei lavoratori urbani di colore. In esso veniva sancito, infatti, il divieto di permanere nelle aree urbane bianche alla ricerca di lavoro per più di 14 giorni.
Fu così che Malan, nel 1950, fece emanare il Population Registration Act che classificava la popolazione sudafricana secondo quattro categorie razziali: bianchi (european), meticcia (coloured), asiatica (indian) e dei nativi neri (native o bantu o african) e quasi contemporaneamente il Group Areas Act che stabiliva in modo definitivo il principio delle aree residenziali separate in base alla razza precorso dal Urban Areas Act del ‘23, il quale però aveva lasciato situazioni di ambiguità soprattutto per i gruppi meticcio e indiano che possedevano attività e risiedevano nelle aree bianche.
Il Population Registration Act, invece, determinò che ogni area del Paese venisse assegnata a uno specifico gruppo razziale e all’interno delle città vennero istituiti dei distretti residenziali e commerciali dove potevano avere proprietà solo i membri a cui il distretto era stato assegnato.
Tutti coloro che avevano proprietà o attività su distretti assegnati ad altra razza vennero privati delle stesse e segregati nell’area razziale di appartenenza. Ciò creò non solo una segregazione e separazione tra popolazione bianca e popolazione nera, ma anche di quella meticcia da quella indiana e di queste due dalle altre. Ad accentuare questa ulteriore classificazione e frammentazione per etnia, nel 1954 con il Natives Resettlement Act, il governo lanciò un massiccio programma di “forced removals”, vere e proprie deportazioni verso township segregate e molto lontane dalle aree residenziali bianche. Questa legge estinse ogni diritto di proprietà della popolazione non bianca che ancora fosse sopravvissuto.
In molte città, gli insediamenti che erano abitati prevalentemente da neri insieme a una minoranza mista di meticci, indiani, vennero completamente demoliti e la popolazione fu obbligata a trasferirsi nelle township governative.
Le deportazioni furono brutali e anche le nuove condizioni abitative non si presentavano certo migliori rispetto a quelle degli slums e delle baraccopoli appena demolite. I nuovi insediamenti erano spesso costituiti da alloggi poco abitabili, sia per le cattive condizioni degli edifici posti uno accanto all’altro, indistinti e indistinguibili, sia pure per la distanza – di sicurezza – dai centri lavorativi.
Da molti punti di vista, tutti questi atti legislativi ed esecutivi rappresentarono una sorta di “manipolazione” da parte dei nazionalisti del concetto di etnia.
Forzando migliaia di persone a muoversi verso township segregate, la legge radicava le separazioni già esistenti, ne creava di nuove là dove esse non esistevano e acuiva la possibilità di scontri tra le diverse parti. Incoraggiava i “non–whites” a considerarsi a loro volta come “indians” o “coloured” o “africans”, a far emergere e prevalere il senso di appartenenza a una particolare etnia sul sentimento comune fondato sulla condizione di oppressione, di povertà e di sfruttamento imposta dai bianchi.
È comprensibile quindi come tra la popolazione nera che si vedeva togliere la terra per costruire township destinate ai meticci o agli indiani, si potesse diffondere un senso di rivalsa, diretta verso non solo coloro che avevano emanato una legge tanto ingiusta ma anche verso quelli che indebitamente occupavano le loro proprietà. Il passo decisivo compiuto dal governo dell’apartheid verso la risoluzione del problema della permanenza di neri nelle aree urbane venne compiuto attraverso il Promotion of Black Self– Government Act del 1958 che istituiva i “bantustan”, una sorta di riserve per la popolazione nera, nominalmente indipendenti, ma in realtà sottoposte al controllo del governo sudafricano tanto che nel 1971 il Black Homeland Citizenship Act privava della cittadinanza sudafricana e dei diritti a essa connessi gli abitanti dei bantustan. Particolarmente rilevante fu l’istituzione dei bantustan perché permetteva al governo di trovarsi di fronte una maggioranza nera frammentata, costituita da tante etnie che così era meno pericolosa per il potere bianco.
Questo progetto, noto come Separate Developement, introdusse una forma di controllo più rigido e sistematico da parte dello stato sui movimenti dei neri nelle aree urbane, sul loro lavoro, sulle loro opportunità residenziali ma soprattutto sulla separazione interazziale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'autopercezione delle comunità sudafricane nel periodo dell'apartheid

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Informazioni tesi

  Autore: Fulvio Patarini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze internazionali e diplomatiche
  Relatore: Cristiana Fiamingo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 51

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