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Il lavoro minorile

La capacità dei minori in materia di lavoro

Prima dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, il lavoro dei minori era stato oggetto di diversi provvedimenti legislativi volti a predisporre un corpo organico di norme finalizzato ad impedire lo sfruttamento eccessivo di una forza lavoro da sempre ritenuta debole ed indifesa.
Con la Carta Costituzionale, nel 1948, viene avvertita la necessità di imprimere una direzione netta all’emanazione ed alla definizione di organiche normative in materia.
L'articolo 37 della Costituzione, ed in particolar modo il comma 3, afferma, infatti il principio di una tutela differenziata del lavoro dei minori da assicurarsi con "speciali norme", separandone, contestualmente, in modo netto, la relativa posizione rispetto a quella del lavoro femminile.
La stessa norma sancisce, altresì, il fondamentale principio della parità retributiva, a parità di lavoro.
Pur se ambedue oggetto di una necessaria tutela, il lavoro minorile e quello delle donne richiedono soluzioni differenti sia sotto il profilo normativo sia sotto quello economico – sociale.
Mentre per la donna il fulcro del problema è individuabile nel rapporto fra la sua posizione lavorativa e la famiglia, alla base della tutela del minore vi è la necessità di raccordare l’attività lavorativa con le esigenze di sviluppo fisico, nonché di formazione scolastica e professionale, volta al pieno inserimento nel mercato del lavoro, onde garantire, in ogni caso, un futuro alla sua attività professionale.
Il punto sull’età era considerato talmente importante che ci fu addirittura una proposta di fissare, già nella Costituzione, il limite di età lavorativa a 16 anni, principio però contrastato perché si sarebbe pregiudicata l’elasticità necessaria per adeguare il precetto alle diverse situazioni produttive ed organizzative in cui si svolge il lavoro.
Ovviamente si potrebbe obiettare come, una tutela differenziata per tale tipologia di lavoratori, speciale anche rispetto alla direttiva di tutela sancita dall’art. 35 per il lavoro in generale, rappresenti una deroga espressa al principio assoluto di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge previsto dall’art. 3 I° comma della Costituzione.
La tutela differenziata, però, da un lato deve ritenersi diretta attuazione dell’art. 3 II° comma ove si chiarisce che compito della Repubblica è rimuovere gli ostacoli che impediscono ai cittadini la piena estrinsecazione del principio di uguaglianza; dall’altro si rimanda l’attuazione in concreto della tutela speciale e la stessa definizione del suo ambito di efficacia alle valutazioni di opportunità del legislatore ordinario.
Importante innovazione contenuta nell'articolo 37 della Costituzionale è altresì la riserva di legge di cui al secondo comma, secondo cui: "la legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato".
La riserva in questione costituisce un perno essenziale nella tutela dei minori, perché collega, come si vedrà, la capacità giuridica del lavoratore di essere titolare delle posizioni soggettive inerenti ad un rapporto di lavoro con la capacità al lavoro, che si acquista appunto al compimento dell'età minima normativamente prevista.
Per procedere lecitamente all’assunzione del minore occorre tenere conto dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla legge 17 ottobre 1967 n. 977, come modificata dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345, alla luce della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il lavoro minorile

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Informazioni tesi

  Autore: Giulio Bruno
  Tipo: Tesi di Dottorato
Dottorato in in Diritto del Lavoro e Relazioni Industriali
Anno: 2010
Docente/Relatore: Mario Napoli
Istituito da: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Dipartimento: Dipartimento di Diritto Pubblico
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 174

FAQ

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