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Locri Epizefiri tra ricerca e valorizzazione

Storia della ricerca della polis antica

La memoria di un grande passato e dell’esistenza di una gloriosa città antica, non è mai venuta meno fra gli abitanti della zona, pur se nel tempo tale memoria ha assunto contorni e aspetti alquanto vari, seguendo l’evolversi delle concezioni culturali e politiche della società.
Così nel Medioevo l’interesse per i monumenti antichi fu essenzialmente rivolto a trarre da essi materiali architettonici da reimpiegare in chiese o in altri edifici di rilievo: in questa luce si può interpretare anche il riuso di numerose colonne e capitelli romani nella colossale cattedrale di Gerace, voluta dai Normanni poco dopo la conquista della regione.
A partire dal XVI secolo gli eruditi calabresi si dedicarono a rintracciare la continuità tra le antiche città scomparse e i centri dell’epoca: Locri Epizefiri venne messa in rapporto con Gerace ma non sempre fu chiara la sua ubicazione; nel 1777 nell’area della città antica erano ancora in piedi almeno due colonne, forse appartenenti al tempo di Casa Marafioti, ed erano evidenti i resti della cinta muraria e ruderi in laterizio di età romana.
Un importante contributo alla scoperta della Magna Grecia,ed in particolare di Locri Epizefiri, fu dato dal francese duca de Luynes: oltre a ricercare reperti da collezionare, egli percorse l’area della città, traendone la prima planimetria con l’indicazione dei ruderi allora visibili, e scavò il basamento del tempio di Casa Marafioti pubblicando una relazione nel 1830 negli Annali dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica.
Nel 1849 l’erudito vibonese Vito Capialbi pubblicò, in aggiunta alla sua traduzione dell’opera del de Luynes, lo studio di alcuni iscrizioni latine locresi. Appena qualche anno dopo, nel 1856, il geracese Pasquale Scaglione, pubblicò la sua “Storia di Locri e Gerace”, un notevole esempio degli interessi di storia locale coltivati nel secolo scorso da vari esponenti dell’aristocrazia calabrese. Oltre ad essere condotta sulle fonti storiche antiche, l’opera di Scaglione si segnala per la dimestichezza con il territorio e per la presenza di varie notizie su passati rinvenimenti e sullo stato dei ruderi allora visibili, accuratamente riportati su una carta della zona archeologica molto più completa e precisa di quella del de Luynes.
L’interesse suscitato anche localmente dal libro di Scaglione non si tradusse però in un corrispondente interesse per la salvaguardia dei monumenti locresi, e anzi l’accelerata costruzione degli edifici del nuovo centro dell’allora Gerace Marina (attuale Locri) incrementò lo spoglio dei ruderi per trarne materiale da costruzione, a cominciare dal tempio di contrada Marasà, il cui basamento fu demolito ed asportato proprio in quegli anni tra il disinteresse di ogni autorità locale.
Nel 1879 giunse sul posto un altro studioso francese, François Lenormant, che gettò l’allarme sullo scandaloso scempio di Marasà, dandogli risonanza internazionale.
Il problema fu risollevato circa dieci anni dopo da una richiesta tedesca di autorizzazione a scavare a Marasà, che fu accolta dal Ministero della Pubblica Istruzione nella forma di una campagna congiunta italo-tedesca: all’illustre archeologo e architetto E.Petersen si decise di affiancare un giovane archeologo, inviato da circa un anno al Museo di Siracusa, Paolo Orsi.
Fin da questo primo incarico in territorio calabrese, Orsi manifestò eccezionali capacità e ampliò il proprio interesse all’intera Locri Epizefiri, effettuando saggi di scavo e rilievi di vari tratti della cinta muraria, raccogliendo dati e notizie su altri monumenti locresi e sui materiali antichi raccolti da vari collezionisti e mercanti di cose antiche.
Al ritorno di Orsi a Siracusa seguirono altri anni di disinteresse per la Calabria archeologica che formalmente dipendeva dalla direzione del Museo di Napoli; in seguito a nuovi allarmi il Ministero incaricò Orsi nel 1902 di compiere un nuovo sopralluogo a Locri. Qui constatò l’avvenuta distruzione di alcune parti delle mura da lui precedentemente indagate, nonché l’incremento per scavi clandestini dell’importante collezione del cav. Domenico Candida. Su impulso di Orsi, il Ministero avviò difficili trattative per l’acquisto della collezione Candida, che venne infine concluso nel 1907 da Quintino Quagliati, direttore del Museo di Taranto, dove furono trasportati i materiali da collezione (la collezione Candida è stata integralmente ricondotta in Calabria solo nel 1985).
Nel 1907 venne riorganizzata la tutela archeologica in Italia, istituendo le Soprintendenze: in tale occasione la Calabria venne separata da Napoli ed affidata stabilmente a Paolo Orsi che avviò proprio da Locri la sua rinnovata ed intensissima attività di scambio in molto centri calabresi che proseguirà fino al 1925.

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Locri Epizefiri tra ricerca e valorizzazione

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Ferrara
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi della Calabria
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze del turismo
  Relatore: Stefania Mancuso
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 71

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