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L'affidamento condiviso dei figli nella famiglia in crisi

L’affidamento bigenitoriale e la collocazione della prole minorenne

L’affidamento, nella duplice figura alternativa delineata dalla Riforma del 2006, anzitutto costituisce decisione giudiziale che si inserisce nella ricostruzione di una complessa vicenda conflittuale di famiglie in crisi. Costituisce, poi, motivo di forte sofferenza e di profondo disagio per i figli, bisognosi, prima ancora di tante comodità e di benessere, assai più di un ambiente di solidarietà e disponibilità interna, di un clima sereno e stabile. E qui giova ricordare che, tanto durante la vita della famiglia unita, quanto, e molto di più, nelle crisi del nucleo parentale, i minori non possono essere in alcun modo l’oggetto di pretese e di diritti in capo ai genitori; i figli, piuttosto, sono e devono ritenersi titolari del fondamentale diritto all’assistenza e all’educazione ad opera di entrambe le figure genitoriali, cui l’art. 147 c. c. impone l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole. L’affidamento, proprio in virtù del suo inserimento all’interno di difficoltose vicende parentali, costituisce un arduo e delicato problema che il giudice affronta e cerca di risolvere facendo leva sulla sua sensibilità e specifica competenza, alla luce di un ampio contesto di circostanze fattuali e di elementi spesso confusi e frammentati, se non contraddittori, prospettati dalle parti.

L’affido condiviso comporta che ciascun genitore sia tenuto ad operare direttamente per la cura del figlio, dividendo e, necessariamente, coordinando con l’altro le relative responsabilità sulla base di un progetto educativo e di un mansionario che definisce i rispettivi compiti in una condizione tendenzialmente paritaria; tale forma di affidamento è parsa ai redattori del testo di Riforma la più idonea al consolidamento di una relazione genitoriale affettiva ed educativa stabile. Tuttavia, è necessario sottolineare che, all’interno della Novella, è assente una compiuta e chiara definizione di che cosa il legislatore intenda per affidamento “ad entrambi i genitori”. A tale mancanza è data all’interprete la possibilità di ovviare procedendo alla lettura degli enunciati, in cui la normativa espone le modalità, attraverso le quali tale forma di affido dovrebbe essere disposta. Una prima indicazione del contenuto e del significato da attribuire all’espressione “affidamento ad entrambi i genitori” può essere ravvisata nello stabilire quale sarà la reale collocazione dei figli al termine della convivenza fra i genitori. Alla luce del principio di flessibilità che deve caratterizzare l’intervento del giudice, il provvedimento di affidamento della prole dovrebbe costituire una sorta di statuto, di programma riguardante i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore ed indicare, inoltre, le responsabilità assunte da questi ultimi, con riferimento ai compiti di cura del minore.

Per quanto riguarda l’interpretazione dell’espressione contenuta nel comma 2 dell’art. 155 c. c., secondo cui il Giudice determina “i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore” è utile citare alcune considerazioni emerse durante i lavori preparatorii, nel corso dei quali è stato sostenuto che: “il testo in esame non tende ad una ripartizione analitica dei tempi di convivenza del minore con i genitori: nel testo unificato, affidamento ad entrambi i genitori non significa cinquanta per cento del tempo del figlio con ciascun genitore, né cinquanta per cento delle competenze, né ping pong fra due case, ma conservazione di effettiva responsabilità genitoriale per entrambi i genitori, con modalità di esercizio della potestà da stabilire caso per caso. Si può anche avere una divisione temporale, se occorre, simile ad un affidamento esclusivo, ma senza rigidità e senza le umilianti discriminazioni che il regime attuale, purtroppo, prevede …
Si può anche avere una collocazione ripartita secondo standard sostanzialmente attuali, quindi, anche con prevalenza presso l’abitazione di uno dei due genitori, ma senza la discriminazione che oggi comporta l’affidamento esclusivo”. Il disfavore del legislatore nei confronti della previgente disciplina è evidente, analizzando il passo appena richiamato è possibile rilevare la volontà dei redattori di rimediare all’inadeguatezza del sistema precedente formulando un impianto disciplinare che consenta di allontanarsi in modo definitivo dalle differenziazioni capaci di indebolire le funzioni genitoriali. Allo stesso tempo, viene sottolineato che “ciò che conta non è la presenza concreta del figlio presso i genitori, ma la relazione fisica ed affettiva, nonché la cura da parte di entrambe le figure parentali. La permanenza del figlio presso il luogo in cui ciascun genitore risiede è senz’altro un dato importante, ma più importante è la condivisione della cura materiale e immateriale che si presta al figlio, proprio perché la maternità e la paternità costituiscono una scelta: dunque la responsabilità conta più della presenza”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'affidamento condiviso dei figli nella famiglia in crisi

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Informazioni tesi

  Autore: Martina Zonca
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Parma
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali ed europee
  Relatore: Cristina Coppola
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 185

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Parole chiave

crisi familiare
affidamento condiviso
affidamento esclusivo
bigenitorialità
affido condiviso
monogenitorialità
l. n. 54/2006
reg. ce 1347/2000
reg. ce 2201/2003
la riforma dell'affidamento
potestà dei genitori sui figli minori
nazioni unite e diritto di famiglia
cedu e diritto di famiglia
carta di nizza e diritto di famiglia
diritto europeo delle relazioni familiari
conferenza di diritto int. priv. dell'aja
unione europea e diritto di famiglia
convenzione sui diritti dei minori 1989
convenzione di strasburgo 1996
tutela della prole nella crisi familiare
dissolubilità rapporto coniugale
indissolubilità rapporto genitoriale
riforma del diritto di famiglia 1975

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